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“ALTRO CHE PACE, A PUTIN SERVE LA GUERRA PERMANENTE. E DOPO L’UCRAINA, ATTACCHERÀ L’EUROPA” – L’EX OLIGARCA RUSSO MIKHAIL KHODORKOVSKY: “PUTIN È COME UN GIOCATORE D’AZZARDO, SPERA SEMPRE CHE LA PROSSIMA CARTA SIA QUELLA VINCENTE. LO STA FACENDO ANCHE ADESSO CON TRUMP. PER LUI ADESSO IL DONBASS È UNA QUESTIONE IDEOLOGICA, DI PRINCIPIO E ANCHE DI SOPRAVVIVENZA AL POTERE" – LA PREVISIONE SU QUANDO E COME FINIRA’ IL CONFLITTO CON L’UCRAINA E IL MONITO ALL'EUROPA
Marco Varvello per la Stampa - Estratti
Sorride spesso Mikhail Khodorkovsky, mentre risponde dal suo ufficio in centro a Londra. Sorridono ironici i suoi occhi dietro le lenti dalla montatura leggera in acciaio. Sornione nel rispondere alla domanda centrale in queste ore di cauto ottimismo sui negoziati.
Trump dice che non si è mai stati così vicini alla pace. Lei ci crede? La risposta è un no, articolato e motivato. Non è ancora il tempo della pace. Putin tirerà ancora in lungo, cercherà ancora di sfondare militarmente come non gli è riuscito in questi quattro anni di attacchi.
«Vladimir Putin ha abbandonato da tempo il pragmatismo dei suoi esordi al potere», risponde il suo più famoso oppositore ancora attivo sulla scena internazionale. «Adesso per lui il Donbass è una questione ideologica, di principio e anche di sopravvivenza al potere.
La sua propaganda si è spinta troppo in avanti per fare concessioni. Tutti in teoria avrebbero interesse a far finire questa guerra. Se fossero realisti adesso sarebbe il momento adatto, con l’amministrazione americana sbilanciata verso Mosca e gli Europei più coinvolti. Ma ormai il conflitto si gioca su un altro piano, anche Zelensky non può cedere territori salvo causare una crisi drammatica in Ucraina, istituzionale e di coesione sociale».
Non ha dubbi Mikhail Khodorkovsky, ex uomo più ricco di Russia, negli anni Novanta oligarca a capo dell’impero petrolifero Yukos, poi entrato in rotta di collisione con il Presidente che lo spedì al gulag, un decennio di prigioni siberiane prima dell’esilio britannico: «Putin è come un giocatore d’azzardo, spera sempre che la prossima carta sia quella vincente. Lo sta facendo anche adesso con Trump».
Eppure l’uomo che parla in russo assistito da una interprete nonostante l’inglese lo sappia, perché vuole esprimere bene la sua opinione, è in fondo ottimista: «Anche questa guerra prima o poi finirà.
Non sogniamoci una pace natalizia ma anche Putin deve fare i conti con una economia sull’orlo della recessione. Mancano soldati ma anche forza lavoro civile. Con la guerra l’apparato militare si è rafforzato nel sistema di potere russo. Lui non è amato dai generali, come non lo è dalla classe media o medio-alta che paga le conseguenze della guerra sulle proprie condizioni di vita. Putin gode ancora di grande consenso popolare e mantiene con pugno di ferro la coesione del suo cerchio ristretto di uomini chiave. Ma nemmeno lui può tirare troppo la corda».
Così si torna ai negoziati, ai vertici internazionali, ai frenetici viaggi di Zelensky, al ruolo degli Stati Uniti e ai passi avanti fatti in questi mesi.
Secondo Khodorkovsky prima o poi anche Putin dovrà accettare un compromesso, probabilmente prima che le elezioni americane di Midterm (il prossimo novembre) possano erodere il potere di Trump, chiaramente un elemento chiave per il Cremlino. Se la sovranità del Donbass non è negoziabile né per Mosca né per Kiev, l’unica via d’uscita sarà dichiarare l’area contesa “zona smilitarizzata” sotto controllo internazionale. Uno dei punti in discussione.
mikhail khodorkovsky alla cnn 2
«Altrimenti non se ne esce – concorda Khodorkovsky –. Di fatto sarebbe una terra di nessuno, da ricostruire e da difendere. Ci vuole però una presenza militare forte per garantirne la sicurezza ed evitare che i russi in futuro avanzino di nuovo.
Europei e americani non possono scendere in campo militarmente. Le garanzie Nato sono solo sulla carta. Potete però offrire soluzioni alternative. Una no-fly zone sui territori smilitarizzati sarebbe un deterrente credibile anche per Mosca».
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Dall’arcinemico del Cremlino arriva però anche un altro monito, direttamente a noi Europei: «Ricordatevi che Vladimir Putin negli ultimi vent’anni ha risolto quattro crisi interne lanciando attacchi militari. Ricordatevi della Cecenia, della Georgia, della Crimea e dell’aggressione finale all’Ucraina.
Quando questa guerra finirà, anche il sistema di potere del Cremlino dovrà fare i conti con il riassetto economico e sociale. Putin sarà tentato ancora una volta di gridare all’emergenza del nemico alle porte. E ai confini della Russia ci siete voi Europei».
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DONALD TRUMP ALLA CASA BIANCA MOSTRA LA SUA FOTO CON VLADIMIR PUTIN - FOTO LAPRESSE
Khodorkovsky allarga le braccia, con l’aria rassegnata di chi ha provato sulla sua pelle l’inevitabile meccanismo perverso della violenza istituzionale che alimenta se stessa. «Voi Europei non avete più la mentalità di chi è pronto a difendere la propria nazione – aggiunge sconsolato –.
Sarebbe bello vivere in pace come siete riusciti per 80 anni ma chi si nutre di guerra non capisce questo atteggiamento. Lo interpreta solo come debolezza. Eppure davanti a una Europa forte e unita, anche militarmente, la Russia di Putin si fermerebbe.
Dovete insegnare ai giovani che il proprio Paese va difeso anche con le armi se necessario. Non è nazionalismo, che anzi nella storia ha causato tanti conflitti, ma legittima difesa». Un esercizio di grande equilibrio, ammette l’arcinemico di Putin, ma ormai necessario. La fine della conversazione è vicina, dopo quasi un’ora ci salutiamo.
Non possiamo però evitare di chiedergli cosa pensa dei tanti filo-putiniani nella politica europea, soprattutto tra i partiti di estrema destra. Torna a sorridere ironico come all’inizio: «Si vede che dopo Mussolini, Hitler o Francisco Franco molti da voi hanno ancora nostalgia dell’uomo forte».
putin trump
mikhail khodorkovsky 2
khodorkovsky e platon lebedev
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