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Federico Fubini per "la Repubblica"
E non serviva un dottore in fisica come la leader tedesca per vedere che, forse fatalmente per un politico, le due serie non coincidono. Il test preliminare condotto a Berlino ha permesso dunque di concludere che la parola di Renzi non sempre è scritta sul marmo. Dalle promesse su Twitter a Letta ("Enrico stai sereno") al "mai a Palazzo Chigi senza elezioni", l'ex sindaco può prendere decisioni diverse da quelle che annuncia.
A Merkel interessa saperlo perché, prima di promettere (di recente) il "rispetto di Maastricht" sul rapporto deficit-Pil, Renzi diceva qualcos'altro. Sosteneva che quella regola è superata, che fu "scritta quando non c'era ancora Google e la Cina era un Paese arretrato". Merkel invece ha fretta di capire se può fidarsi del suo nuovo partner: metterlo alla prova è il minimo che i tedeschi possano fare, per adesso. Quello che è sfilato davanti alla Cancelliera ieri è il terzo presidente del Consiglio italiano in poco più di due anni, lì a nome di un Paese con il terzo debito al mondo e un'economia crollata in questi anni più di qualunque altra, meno la Grecia.
à per questo che nell'incontro privato le parole di Angela Merkel a Matteo Renzi sono state precise. Al premier ha detto che nella zona euro di oggi non basta riferirsi al Trattato di Maastricht, quello che fissa al 3% del Pil la soglia consentita del disavanzo: quella è solo la base. Bisogna anche rispettare il nuovo patto di stabilità (il cosiddetto "Six Pack") e il Fiscal Compact.
La differenza non è da poco, perché questa diga di norme erette per arginare i mercati nella tempesta degli ultimi anni è più alta di Maastricht: implica l'obiettivo di pareggio in Costituzione, che l'Italia ha approvato da poco; prevede un calo del disavanzo ogni anno e, tra poco, anche del debito; scoraggia dal finanziarie tagli alle tasse in deficit senza prima il sì dalla Commissione europea.
Renzi ha preso nota delle precisazioni, ma in conferenza stampa ha continuato a dire che rispetterà "Maastricht". L'impressione dei suoi interlocutori tedeschi è che il neo-premier non cogliesse in pieno la differenza fra il Trattato del â92 sull'unione monetaria e le regole più recenti. Non che ciò abbia creato scandalo, perché anche a Berlino si capisce che un primo ministro appena arrivato può anche non conoscere l'armamentario europeo a memoria.
E l'idea che il taglio delle tasse arrivi in extremis, a due mesi dalle elezioni europee, fa capire anche ai tedeschi perché certe coperture manchino all'appello.
Certo questo beneficio d'inventario la prossima volta non ci sarà . E di sicuro la Cancelleria avrà avuto da Parigi il resoconto del colloquio di sabato di Renzi con François Hollande che ha avuto anche ombre, non solo luci.
Il premier aveva detto all'Eliseo che bisogna superare "l'Europa delle tecnocrazie", ma Parigi non ha raccolto perché punta proprio a due posti vitali a Bruxelles: quello di presidente permanente dell'Eurogruppo, con il ministro dell'Economia Pierre Moscovici; e quello di direttore generale del settore Economia e Finanza della Commissione Ue con il direttore del Tesoro francese Ramon Fernandez (al posto dell'italiano Marco Buti).
Quando poi Renzi ha parlato di allentare il rigore, i francesi hanno risposto che il Fiscal Compact invece si rispetta: neanche Parigi lo ama, ma è la garanzia di tenuta di bilancio che serve alla Banca centrale europea per poter aiutare quando serve. L'Eurotower di Mario Draghi non interverrà mai, se rischia poi di essere accusata di risolvere i problemi che i governi lasciano degenerare.
Renzi torna dunque dal suo primo tour europeo con un'apertura di credito alla sua spinta innovatrice, ma entro un corridoio ben delimitato di finanza pubblica. Il debito dell'Italia continua a far più paura all'Europa che agli italiani stessi. Il premier lo ha capito ed è per questo che ieri con Angela Merkel ha evocato la minaccia del populismo anti-euro. "Dobbiamo dare ai cittadini l'idea che l'Europa non è la causa dei problemi, ma la soluzione", le ha detto. Il sottinteso è che alle elezioni europee rischiano di vincere ancora Beppe Grillo e Silvio Berlusconi, se Merkel non gli dà dei margini di manovra.
La cancelliera ha preso nota. Il suo problema è che gli anti-euro tedeschi di Alternative für Deutschland ormai sono già saliti al 7,5% nei sondaggi: tutti voti in uscita dalla Cdu-Csu di Merkel stessa. E possono solo salire ancora se i giornali tedeschi continuano a scrivere che Renzi è "contro il rigore", come ha fatto ieri la Welt. Se dunque Merkel deve scegliere tra arginare Grillo o quelli di Alternative, non avrà dubbi: curerà gli anti- euro di casa propria. Anche a costo di arginare, di passaggio, Matteo Renzi in persona.
RENZI E MERKEL A BERLINOCAMERON, MERKEL, RENZIRENZI, MERKELMerkel e MontiMARIO MONTI E WOLFGANG SCHAEUBLE
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