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Marco Palombi per Il Fatto quotidiano.it
matteo renzi pier carlo padoan
Gentili signori del governo, permettete una domanda? Esattamente cosa ha votato il Consiglio dei ministri che mercoledì ha approvato la manovra? Al Fatto Quotidiano, infatti, risulta che il testo sia ancora in fase di scrittura, o meglio di riscrittura, all’ufficio legislativo del ministero del Tesoro sotto il coordinamento del capo di gabinetto di Pier Carlo Padoan, Roberto Garofoli (già a Palazzo Chigi con Enrico Letta), l’uomo che deve confrontarsi con la Presidenza del Consiglio e sopportare le pressioni dei ministri che hanno strappato eventuali promesse dal premier.
RENZI EUROACCATTONE PRIMA PAGINA DE LA PADANIA
Ancora ieri, ad esempio, circolavano bozze del provvedimento, una visionata dal nostro giornale risaliva a giovedì, il giorno successivo cioè a quello in cui i ministri hanno formalmente approvato la manovra da 36 miliardi a Palazzo Chigi, poi annunciata da Matteo Renzi in conferenza stampa (“entro stasera avrete i testi”, s’era sbilanciato il nostro). Maria Elena Boschi, peraltro, ha spiegato a Montecitorio che il testo sarà in Parlamento solo martedì.
Si potrebbe obiettare che sempre c’è un coordinamento formale dei testi, che bisogna controllare i riferimenti normativi e i numeri per evitare errori che falsifichino le intenzioni del governo. A parte che sarebbe buona norma arrivare in Consiglio dei ministri con le leggi già scritte, a parte che la legge impone all’esecutivo di presentare il ddl Stabilità entro il 15 ottobre (e s’intende alle Camere), ma in questo caso non si tratta nemmeno di mere questioni formali: in questi giorni è in corso una vera e propria riscrittura di punti qualificanti della manovra e delle relative tabelle, cioè il Bilancio dello Stato, ancora largamente incomplete.
matteo renzi pier carlo padoan
Tradotto: il valore della manovra non è affatto chiaro, né conoscibile ad oggi. Potrebbe non essere affatto 36 miliardi, anzi sicuramente non lo sarà: visto che gli 11 miliardi di deficit guadagnati dal tendenziale (2,9 anziché 2,2%) esistono appunto solo nel tendenziale. Il governo avrebbe dovuto risparmiarli e non lo farà: mai esistiti, mai esisteranno. L’unica cosa certa, invece, è che il deficit reale passa dal 3% di quest’anno al 2,9% dell’anno prossimo.
Un esempio: il taglio dell’Irap da 6,5 miliardi, che poi in termini di cassa è 5, ingloba pure i 2 miliardi tagliati col decreto degli 80 euro. Il centro studi di Unimpresa non l’ha presa bene: “Al netto della partita di giro messa sul tavolo dal governo, i 5 miliardi di sconto Irap annunciato dal governo si riducono a soli 2,9 miliardi”. Non di sole tabelle vive però la riscrittura del ddl Stabilità, anche interi pezzi dell’articolato sono in via di definizione.
FRANCESCO BOCCIA E NUNZIA DE GIROLAMO
A quanto raccontano al Fatto fonti governative qualificate, anche tutta la parte che riguarda il Tfr in busta paga è in corso di ridefinizione. Per dirla col parlamentare del Pd - peraltro presidente della fondamentale commissione Bilancio della Camera - Francesco Boccia “è stata scritta coi piedi” (così, ieri mattina, a Omnibus su La7) da “consulenti frettolosi” ha detto riferendosi a Yoram Gutgeld, deputato Pd ex McKinsey che fa parte dello staff di Renzi (pesante la battuta: “Mi ricordo che Demattè all’università ci diceva chi sa fa, chi non sa insegna, chi non sa nemmeno insegnare fa il consulente”).
Al Tesoro hanno intuito, bontà loro, che così com’è scritta la norma sul Tfr in busta paga non ha senso: sottoporre la liquidazione liberata alla tassazione ordinaria non rende conveniente l’operazione per il lavoratore; è mal scritta la parte che riguarda le imprese sotto e sopra i 50 dipendenti (queste ultime parcheggiano il Tfr in un fondo dell’Inps); forse incostituzionale la parte che esclude i dipendenti statali dal beneficio; manca un limite massimo alla platea interessata che potrebbe, ad esempio, svuotare i fondi pensioni con effetti spiacevoli per i nostri piccoli e malmessi mercati finanziari. Tutte crepe a cui si tenta di porre riparo.
nunzia de girolamo francesco boccia
Non finisce comunque col Tfr il lavoro del Mef. Renzi, per dire, è rimasto sorpreso - e un po’ irritato - dal significato preso nella pratica dall’aver imposto il pareggio di bilancio agli enti locali nel 2015: delle Regioni al premier non interessa granché, ma non si aspettava che ai Comuni toccasse sborsare un miliardo e mezzo. Il sindaco d’Italia non voleva mettere i colleghi in condizione di chiudere bottega: “Molti comuni così rischiano il dissesto”, ha detto lo stesso deputato renziano Matteo Richetti. Il Tesoro sta cercando di attenuare l’impatto, ma il fondo del barile è stato già raschiato.
PADOAN FIDUCIA AL GOVERNO RENZI IN SENATO FOTO LAPRESSE
FInito? Macché. Sugli 80 euro, ieri sera in tv, Pier Carlo Padoan diceva “stiamo studiando la soluzione migliore”. Anche le clausole di salvaguardia ereditate da Enrico Letta e inserite nella manovra - sono due: una generale che aumenta Iva e benzina, una per le Regioni - sono in corso di ridefinizione per essere adeguate ai saldi (un paio di miliardi almeno della “grande lotta all’evasione” sono pura fuffa).
Si tratta di punti - tabelle, Tfr, 80 euro, tagli ai Comuni, clausole di salvaguardia - di enorme importanza per la manovra. Torniamo dunque alla domanda iniziale: il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl Stabilità o il suo trailer? È accettabile che in uno stato di diritto i passaggi formali previsti dalla legge siano trattati alla stregua di quelle chiacchiere che, com’è noto, disturbano il conducente?
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