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«POLONIO SULLO SPAZZOLINO DI ARAFAT». SI RIAPRE IL CASO RINVENUTE TRACCE DI VELENO SU VESTITI E OGGETTI PERSONALI CONSEGNATI ALLA VEDOVA SUHA
Davide Frattini per il "Corriere della Sera"
Lo spazzolino da denti e la keffiah. Il mistero della morte di Yasser Arafat starebbe incastonato negli oggetti intimi usati durante i due mesi di malattia e nel simbolo che ha rappresentato la sua battaglia, quel foulard portato sulla fronte in modo da riprodurre la forma della Palestina storica, dal fiume Giordano al Mediterraneo.
L'emittente araba Al Jazeera riapre il caso e i sospetti, un'inchiesta durata nove mesi a quasi otto anni dal decesso, l'11 novembre del 2004 nell'ospedale militare Percy, periferia di Parigi. à da quelle corsie che è ripartita l'indagine, dai beni personali del leader palestinese consegnati alla vedova Suha e da lei passati ad Al Jazeera.
Le tracce biologiche (sangue, saliva, sudore) rimaste sui tessuti o tra le setole sono state analizzate nei laboratori dell'Istituto di radiofisica alla clinica universitaria di Losanna. «La conclusione è che abbiamo trovato un livello significativo di polonio-210», spiega il direttore François Bochud.
à lo stesso isotopo radioattivo rilevato nel corpo di Alexander Litvinenko, l'ex colonnello dei servizi segreti russi che aveva denunciato le trame cecene ed era morto avvelenato a Londra nel 2006. à un elemento molto raro, che gli scienziati definiscono «esotico»: «Non si può certo preparare in casa». Fino ad adesso gli oltre cinquanta medici che avevano visitato Arafat non sono stati in grado di precisare le cause della malattia fatale i cui sintomi compaiono il 12 ottobre del 2004.
La cartella clinica del raìs - 558 pagine più le radiografie - riporta i risultati dei test tossicologici, che non hanno indicato veleni nel sangue. «O almeno non hanno scovato sostanze note e comuni - ha commentato da subito il nipote Nasser Al Kidwa, diplomatico per le Nazioni Unite, tra i primi a ipotizzare la macchinazione -. Non possiamo escludere che mio zio sia stato ammazzato».
Così la pensa anche Ashraf al-Kurdi, per diciotto anni medico personale di Arafat, che due anni fa ha ricostruito la sua teoria al sito Internet giordano Amman: «Nel suo sangue è stato rilevato l'Hiv, ma non è morto di Aids. Il virus è stato iniettato per coprire l'avvelenamento».
I complottisti accusano il Mossad, anche se non escludono una congiura al palazzo della Muqata, lotte interne di potere tra i palestinesi. Qualcuno ricorda un caso di quasi quarant'anni fa: Wadi Haddad, tra i leader del Fronte popolare di liberazione della Palestina, morto nel marzo del 1978 con i sintomi della leucemia. Per sei mesi i servizi segreti israeliani - racconta Aaron Klein nel libro Stricking Back - avrebbero fatto arrivare al golosissimo Haddad cioccolato belga, un lusso introvabile nell'Iraq di quel tempo. Cioccolato con un ingrediente in più, un veleno così sofisticato e così lento nell'azione da non poter essere individuato.
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