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FLASH! - RUMORS ALLA FIAMMA (GIALLA): IL COMANDANTE GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA, ANDREA DE…
Goffredo De Marchis per “la Repubblica”
Altro che congresso anticipato, altro che polemica sul doppio incarico. Matteo Renzi è sicuro che la sinistra del Pd abbia scelto due partite diverse per farlo cadere: le comunali di giugno e il referendum di ottobre. «Aspettano un mio passo falso e nel frattempo logorano, stanno un po’ dentro un po’ fuori».
Si riferisce a tutti gli avversari interni, da D’Alema a Bersani, da chi costruisce candidature alternative al Pd «per provocare una mia sconfitta » a chi giura fedeltà al simbolo ma in realtà, spiega il vicesegretario Lorenzo Guerini «non fa più la minoranza, fa l’opposizione. Come i grillini». Una strategia, un disegno preciso, un network del sabotaggio che va da Milano a Roma a Napoli.
La direzione del 21 serve, nelle intenzioni del premier, a denunciare il disegno dei dissidenti direttamente «ai nostri elettori e ai nostri militanti, quelli che ci vedono in streaming. Perché la situazione, così, è insostenibile». Insomma ci sarà la richiesta di un vincolo di appartenenza, di una lealtà che «finora non si è vista», un aut aut, altrimenti ognuno per la sua strada.
Roberto Speranza ammette: «Il clima è pessimo». Il bersaniano Nico Stumpo rincara: «Quello che è successo a Napoli è uno schifo, anzi una merda. Non chiedono nemmeno scusa». Tra sospetti e veleni il dialogo è azzerato. «Hanno istituito il metodo dell’arroganza. E continuano, non si fermano», ripete Speranza. Renzi, per il momento, osserva da lontano. In prima fila c’è Matteo Orfini, presidente del Pd e coinvolto personalmente nella vicenda romana, che usa la terminologia renziana: «Stavolta li asfalto tutti».
Succede che è saltata qualsiasi ipotesi di convivenza. Raccontano che anche la minoranza del Pd, a prescindere da D’Alema, abbia promesso un aiuto a Massimo Bray, il candidato scelto per contrastare Roberto Giachetti a sinistra e nel popolo dei delusi Pd. Bray propende più per il no alla corsa perché non ci sono le condizioni. In compenso Ignazio Marino sarà della partita.
E siccome l’unico nome in campo, Stefano Fassina, non sembra finora aver scaldato i cuori della sinistra, a stabilire chi sarà il candidato sindaco che sfiderà il renziano Roberto Giachetti nella capitale saranno le primarie “rosse”. La data cerchiata sul calendario, al momento, è il 3 aprile. È quanto deciso ieri notte al termine di un incontro segretissimo al quale hanno partecipato, oltre ai vertici di Sel, i tre sfidanti ai gazebo della sinistra: Marino, Fassina e Luca Bergamo, animatore del movimento Contaci.
Intanto, D’Alema, Bersani e lo stato maggiore della minoranza sono attesi a un appuntamento comune a Perugia dove domani e sabato sono convocati gli stati generali della sinistra dem. Ci sarà anche Giuliano Pisapia. È un altro passaggio, a detta dei renziani, che segnerà lo scollamento interno.
Il problema non è solo la Capitale. A Napoli può scendere in campo Antonio Bassolino, dopo lo strappo sul ricorso respinto. A Milano si cerca, con il contributo fondamentale di Pippo Civati che tiene i contatti con D’Alema da settimane, un candidato che metta i bastoni tra le ruote a Beppe Sala. Si parla di Gherardo Colombo.
Questa fotografia di una lacerazione a sinistra Renzi vuole mostrarla a tutti. Con nomi, cognomi, dichiarazioni, sospetti. «Bersani non fa una dichiarazione a favore del governo da mesi. Le abbiamo messe in fila, sono impressionanti », osserva.
Il premier sa bene che la sinistra non ha alcuna intenzione di uscire, ma vuole scoprirne le carte. «Io voto Giachetti a Roma, scelgo solo il simbolo del Pd, non faccio altre liste. Ma dico quello che penso — avverte Stumpo — . La direzione non è una resa dei conti. Ma se vogliono lo scontro stavolta alziamo il velo su tutto».
RENZI PASSA DA FONZIE AI BAFFI MA SEMBRA POIROT NON DALEMA
(Ha collaborato Giovanna Vitale)
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