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Francesco Olivo per “la Stampa”
A Siviglia esultano in tanti, a Madrid si preoccupano tutti: i socialisti, Podemos, ma anche il «partito dei cittadini». Neanche il tempo di prendere le misure con la grande novità degli Indignados di Pablo Iglesias, che la politica spagnola scopre il quarto incomodo.
L’ago della bilancia delle elezioni andaluse, e, chissà, anche di quelle politiche, si chiama Ciudadanos (cittadini), partito di difficile collocazione, centrista, per semplificare, che nelle regionali di domenica ha ottenuto 370 mila voti, superando il 9 per cento e conquistando nove seggi che hanno molto peso. «Ci collochiamo tra la socialdemocrazia e il liberalismo sociale», spiega il segretario Matias Alonso, reduce da una notte di analisi, ma anche di festa. Nell’aereo che riporta i dirigenti da Siviglia a Barcellona si respira molta euforia: «È il nostro miglior risultato – continua Alonso – ma a maggio lo supereremo».
L’alternativa
Ciudadanos è un inedito esempio di mutamento identitario e persino geografico. Il partito, infatti, nasce nel 2005 a Barcellona, come risposta unionista alle spinte indipendentiste sempre più forti. Un anno fa la svolta, nata con un’intuizione del leader Albert Rivera, 36 anni: trasformare una forte compagine locale, in un protagonista della politica spagnola.
Nella mutazione territoriale cambia anche il nome, da Ciutadans, in catalano, si passa a Ciudadanos, in castigliano, visti i tempi, non una mera traduzione. Oltre alla lingua, il partito cambia anche il linguaggio: dalla polemica anti nazionalista, si passa ai toni duri contro la corruzione, che dilaga nel paese come mai (ieri altra bufera sul Partito popolare) e contro i partiti.
Così, in molti lo definiscono un Podemos (ante litteram) di destra moderata, «quello che cercavano le élite del Paese», scrive il politologo di Oxford Lluis Orriols. Il paragone con gli indignados, indigna, a sua volta, il segretario di Ciudadanos, Alonso: «Non abbiamo niente a che vedere con loro, non siamo nati ieri, abbiamo fatto tre legislature nel parlamento catalano».
Il doppio binario
Il partito racchiude in sé una doppia matrice, quella più di sinistra rappresentata da Jordi Cañas e quella conservatrice di Albert Rivera, ex militante del Pp. Il primo a soffrire la scalata dei «cittadini» sono stati i socialisti catalani, mentre oggi, anche a guardare i risultati di domenica, i voti arrivano dal partito dalla destra di Mariano Rajoy. E infatti, la polemica con i popolari è stata e si preannuncia durissima, un esempio per tutti: per ordine di scuderia i popolari in tv e sui giornali chiamano i rivali «Ciutadans», alla catalana, per sottolinearne il carattere locale. Ed è proprio Rajoy a cercare di ridimensionare la sconfitta nel meridione: «Non ha un significato nazionale».
La sfida
Ora per Ciudadanos viene il bello, ma anche il difficile: allearsi con i socialisti in Andalusia, regione colpita da scandali senza fine, vorrebbe dire compromettere la campagna elettorale vera, quella d’autunno per il governo del Paese. E così il leader Rivera continua a picchiare duro all’indomani del successo elettorale: «Staremo all’opposizione finché la Diaz non manderà via Griñan e Chaves», ovvero i due ex presidenti indagati per corruzione. «Non ci si può sedere allo stesso tavolo con chi protegge i suoi sodali e non i cittadini», spiega, prima di ripartire per Barcellona. La socialista Susana Diaz non mendica appoggi: «Governerò da sola». Ma questa è la battaglia locale, la guerra si combatte a Madrid.
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