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Maria Elena Vincenzi per “la Repubblica”
I soldi di Anas come fossero i suoi. Denaro pubblico spostato da una parte all’altra e prestato agli imprenditori-amici che, poi, la ricompensavano per la sua “generosità”.
Era questo il metodo della Dama nera, Antonella Accroglianò, la dirigente Anas finita in carcere con l’accusa di essere a capo di un’associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Lei e il suo entourage: un clan della mazzetta che aveva i suoi uffici proprio dentro la società per azioni del ministero dell’Economia.
“TIRIAMOLI FUORI DAL SACCONE”
Dicembre 2014. I due imprenditori catanesi Concetto Bosco e Domenico Costanzo hanno problemi di soldi. I vertici di Anas, Dama nera in testa, temono che la situazione possa essere irrimediabile e che quindi sfumi non solo l’appalto da 145 milioni per la variante di Morbegno ma, soprattutto, la mazzetta che loro si preparavano a ricevere e che, scrivono i finanzieri del Gico del nucleo di polizia tributaria di Roma, hanno effettivamente ricevuto.
La dirigente Anas si dà parecchio da fare. Vuole trovare i soldi per aiutarli. Servono 3 milioni di euro. E serve qualcuno che li possa prestare. Il 3 luglio chiama un suo collega, Antonio Graziani: «Ma tu riesci a trovare tre milioni che poi al limite li riprendi dopo per salvarli? Sennò questi falliscono. Li facciamo fallire? Intanto tu pagali».
ANTONELLA ACCROGLIANO DAMA NERA
Scrive il gip: «Graziani rassicurava l’interlocutrice affermando che si sarebbe attivato per la risoluzione della vicenda, nonostante le perplessità: “Le cose col capo tuo vanno un attimo puntualizzate... siccome poi ste cose c’hanno sempre il loro brutto ritorno... quindi non mi voglio svegliare con gli incubi la notte... voglio fa le cose fatte bene... però, ripeto, non dipende soltanto da quello che facciamo noi qua, dipende anche da quello che fanno di là, in via Monzambano”».
Il collega della Dama nera propone una soluzione: attingerli «dal saccone di Pasqualoni ». Le telefonate continuano e alla fine, come testimoniano le indagini coordinate dai pm Sabina Calabretta e Francesca Loy, i due costruttori ottenevano la copertura finanziaria e non a caso, si legge nell’ordinanza, «veniva registrato un incontro, del tutto irrituale, tra Bosco e l’Accroglianò a casa di quest’ultima».
ANTONELLA ACCROGLIANO LA DAMA NERA
Incontro durante il quale, secondo gli inquirenti, veniva pagata parte della mazzetta. E non è l’unica occasione in cui i due si incontrano nell’appartamento di lei.
“LO SBLOCCO DEI PAGAMENTI”
Non sempre gli imprenditori potevano pagare. A volte la Dama nera chiedeva altri favori come contropartita per la sua disponibilità. È il caso dell’assunzione di Luigi Palmieri presso un’azienda del gruppo Vidoni, storico contraente dell’Anas (tra il 2006 e il 2014 l’impresa si è aggiudicata appalti per oltre 275 milioni di euro).
L’ordinanza del gip Giulia Proto, che domani inizierà gli interrogatori di garanzia partendo proprio da Antonella Accroglianò, racconta come Palmieri, a febbraio 2015, sia stato assunto, su richiesta della dirigente Anas, dalla Firmo Sibari Società Consortile del gruppo Vidoni.
Scrivono i finanzieri guidati dai colonnelli Cosimo Di Gesù e Gerardo Mastrodomenico: «È verosimile che la Accroglianò, in cambio dell’appoggio elettorale in favore di suo fratello Galdino, si sia attivata per favorire l’assunzione di Palmieri presso un’azienda facente capo agli imprenditori Vidoni, i quali in cambio, a loro volta, hanno beneficiato, in seguito all’interessamento della dirigente, dello sblocco dei pagamenti da parte dell’Anas».
“L’ELEZIONE DEL FRATELLO”
L’elezione del fratello stava molto a cuore alla donna. Per farlo eleggere ha fatto di tutto. È lei stessa a raccontare a un familiare di una cena elettorale particolarmente ben riuscita, alla quale avevano partecipato molte persone.
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