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Ugo Magri per "la Stampa"
Ormai bazzica la politica da vent'anni, eppure replica errori da principiante. Per esempio Berlusconi non ha ancora appreso l'arte, celebrata dall'Abate Dinouart, di cucirsi la bocca. Al punto che perfino nel suo entourage si domandano: che bisogno c'era, proprio mentre il governo Letta chiede la fiducia e di carne al fuoco ce n'è già troppa, di proporsi per la guida della Convenzione sulle riforme?
Probabilmente nessuna urgenza. Eppure il Cavaliere è andato di buon mattino al programma di Belpietro (Canale 5) per spiegare come lui ambisca alla guida dell'organismo che ci traghetterà nella Terza Repubblica, e forse avrà tra le sue fila personaggi del calibro di Rodotà , di Amato, di D'Alema...
Ha detto parecchio altro, Berlusconi («Al governo auguro vita duratura, spero aiuti la pacificazione nazionale, contro il ministro Cancellieri noi non abbiamo nulla»); ma quella sua candida ammissione non poteva certo passare inosservata.
E sebbene Brunetta abbia subito tentato di metterci una pezza, rivelando come la proposta a Silvio fosse stata rivolta privatamente da Letta e da Bersani durante le consultazioni, dunque guai a scambiarla per un'autocandidatura, il fronte anti-berlusconiano ne ha profittato al volo per sollevare il caso con la Bindi in tivù («Sarebbe un elemento di divisione») e con una intemerata di Migliore (Sel) nell'Aula di Montecitorio.
Lui stesso, Berlusconi, se n'è un po' pentito. «Forse non dovevamo lasciarcelo sfuggire...», ha ammesso davanti ai deputati Pdl. Salvo soggiungere un «...ma sarebbe bello e importante» che rivela il suo vero animo. Bisogna risalire ai tempi della prima Bicamerale, quella che nel '97 fece nascere la leggenda del «Dalemoni», per ritrovare un Cavaliere così scatenato a favore delle larghe intese.
Giorno dopo giorno cresce il suo entusiasmo per Letta junior, è sempre più orgoglioso di avergli dato via libera, ieri ne ha condiviso tutti i passaggi del discorso programmatico, incominciando ovviamente dall'impegno sull'Imu.
Cicchitto e Gasparri, non più capigruppo ma tuttora influenti, considerano l'annuncio del premier sulla prima casa un successo importante, trattandosi di impegno solenne assunto dal centrodestra. Brunetta aveva minacciato addirittura le dimissioni, se l'obiettivo fosse stato mancato.
Fonti prossime a Berlusconi sostengono invece che a lui, dell'Imu, in fondo interessava fino a un certo punto. La promessa gli era valsa un punto percentuale in più (meno però di quanto lui aveva preventivato di guadagnare), ma in ogni caso non dovrà rappresentare un impaccio al Grande Disegno. Che non mira soltanto a creare una rete di protezione contro le probabili condanne giudiziarie, ma a terremotare l'intero equilibrio politico italiano per rifondarlo nel segno di Arcore.
Si è accorto, Berlusconi, che più lui si appoggia al nuovo governo, e più il Pd mette a nudo le diverse anime interne. «Ci sono serie divisioni tra mondo cattolico di sinistra e sinistra estrema», ha segnalato ieri ammiccante ai deputati Pdl.
Tra quei due mondi non gli dispiacerebbe certo ficcare un cuneo, magari fino al punto da causare una scissione. Solenne tirata di orecchi ai «falchi» Pdl, che non hanno ben capito il suo piano: «Il pericolo Pd-grillini incombe ancora, sta a noi comportarci in modo da allontanare la voglia, che il Pd potrebbe avere, di tornare alla vecchia prospettiva».
Grande sintonia con l'uomo più odiato dal centrodestra, quel Monti che fino a pochi giorni fa il Pdl demonizzava. Al punto che il Professore confermava ieri ai parlamentari di Scelta Civica: «Gli impedimenti a un accordo più organico col Pdl sono venuti meno», la prospettiva è di un'intesa strategica, anche elettorale, sotto le bandiere del Ppe: il trionfo politico di Casini...
Tutti progetti di lunga gittata. Nel frattempo, Letta e Alfano sono in simbiosi perfetta, ormai quasi Bibì & Bibò: strette di mano, sorrisi, pacche sulle spalle. Berlusconi ha tentato di trascinare a pranzo Bersani, il quale con una certa fatica è riuscito a sottrarsi («Non bisogna mai essere maleducati»).
E questo Cavaliere conciliante trova estimatori inattesi in Europa. Swoboda, capogruppo socialista al Parlamento di Strasburgo, mai tenero col leader del centrodestra, sostiene che il governo Letta offre «l'opportunità a Berlusconi di mettere gli interessi dell'Italia davanti ai suoi personali e di mostrare una seria volontà di cooperazione».
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