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Marco Conti per "Il Messaggero"
«Lo sapevo che così perdevi». Silvio Berlusconi trattiene la sua furia quando, poco prima della conferenza stampa, Angelino Alfano lo chiama per concordare la linea del partito. L'analisi della sconfitta in Sicilia il Cavaliere non solo «la condivide», come sostiene Alfano davanti alle telecamere, ma l'aveva già data per scontata ed era uno dei motivi che lo hanno spinto a rifiutare, malgrado gli inviti, tutti gli appuntamenti elettorali a sostegno di Musumeci. «Divisi si perde, sempre» è il refrain che il Cavaliere non si stanca di ripetere anche a coloro che nel Pdl lombardo pensano di fare a meno della Lega alle prossime regionali.
Se però in via dell'Umiltà c'era ieri un'aria da funerale, con tutta la nomenklatura del partito schierata in prima fila a sostegno di Alfano, ad Arcore si respirava tutt'altra aria, con Berlusconi ringalluzzito e pronto a rinunciare al viaggio a Malindi, malgrado le valigie fossero già pronte e l'aereo in pista. Non è un mistero che l'odore del sangue e della battaglia hanno sempre rinvigorito il Cavaliere.
Tanto più se il risultato siciliano è anche, per dirla con Guido Crosetto, «la sconfitta di una linea politica» che Berlusconi, con la sua sortita di sabato scorso da villa Gernetto, ha però già ribaltato perché «ora il nostro concorrente non è il Pd ma Grillo». Malgrado i toni scettici dei suoi interlocutori, sono infatti settimane che Berlusconi invita i suoi a «seguire i temi della campagna elettorale di Grillo» che in Sicilia non ha fatto campagna elettorale via web, ma ha fatto comizi in tutti i comuni riempiendo le piazze come, negli anni 2000-2001, faceva il Cavaliere.
Malgrado gli assalti della Biancofiore, che anche ieri sollecitava le dimissioni di Alfano, Berlusconi non imputa al segretario tutte le responsabilità della sconfitta, quanto l'insistenza a respingere l'idea di considerare ormai persa la possibilità di redimere e tenere insieme un partito ormai ridotto «ad un mucchio di rancori e lotte intestine». «Meglio la federazione - continua a ripetere il Cavaliere che ieri ha incontrato ad Arcore Giulio Tremonti - così ognuno si fa la sua lista e poi andiamo insieme nella stessa coalizione».
Il veto posto da un'ala del partito siciliano all'intesa con uno dei suoi pupilli storici come quel Gianfranco Miccichè che nel 2001 gli portò una vittoria per sessantuno a zero, Berlusconi lo ha trovato «inconcepibile» e «masochista». Frutto di una «guerra per bande» dove «Gianfranco ha le sue responsabilità », ma «non si capisce perché qualcun altro, che ricopre alti incarichi, abbia lavorato per dividere».
Oggi il Cavaliere sarà a Roma per incontrare il capo dello Stato Giorgio Napolitano e verificare di persona fino a che punto la lezione siciliana ha prodotto effetti. Qualche timido segnale è arrivato ieri pomeriggio da Alfano che ha ripreso, dopo tanto tempo, il tema dei rapporti con la Lega, partito che Berlusconi continua a considerare nel centrodestra, visto che difficilmente cambierà la legge elettorale.
Il punto di frizione che resta inalterato è il rapporto del Pdl con la politica economica del governo Monti. Berlusconi è pronto a mettere anche in crisi il governo qualora la legge di stabilità dovesse conservare l'aumento dell'Iva, ma è probabile che non solo il rapporto con il governo ma anche l'annosa questione «della persecuzione giudiziaria», diventino il tema dell'incontro con il capo dello Stato che nei giorni scorsi, parlando con Monti, non ha mancato di far trapelare la sua preoccupazione non solo per i toni usati da Berlusconi, ma per una possibile deriva populista del centrodestra.
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