IL BANANA DEI DUE FORNI: DA UNA PARTE RASSICURA RENZI SUL “PATTO” DEL NAZARENO, DALL’ALTRA LASCIA A BRIGLIA SCIOLTA I BRUNETTA E I MINZOLINI NELLA SPERANZA CHE LA RIFORMA DEL SENATO VENGA RITOCCATA E IL VOTO RINVIATO

Paola Di Caro per “Il Corriere della Sera

 

SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE SILVIO BERLUSCONI A PORTA A PORTA DA VESPA FOTO LAPRESSE

Nessuna accelerazione e nessun freno. La linea di Silvio Berlusconi sulle riforme è quella di stare a vedere cosa accade, soprattutto in casa Pd. Non sarà lui, né tantomeno il suo partito, a forzare i tempi per l’approvazione della riforma del Senato. E non impedirà per ora ai suoi inquieti parlamentari di continuare ad esprimere dubbi su un impianto che non piace, a loro ma sostanzialmente neanche a lui.
 

A ieri, la riunione dei gruppi iniziata giovedì, che era stata aggiornata a domani e che poi sembrava sconvocata dopo l’appello scritto ai suoi a «sostenere le riforme», è tornata in agenda. Nessuno è certo che alla fine ci sarà, ma nelle ultime ore sembra che il Cavaliere sia orientato a concederla e a verificare se, davvero, possa aprirsi qualche spazio per cambiare l’accordo sulle riforme.

 

MINZOLINI MANGIA MINZOLINI MANGIA

Il nodo che tanto angoscia gli azzurri è quello dell’elettività del Senato, e le autorevoli voci di opinionisti ed esperti che sul punto dell’elezione di secondo grado esprimono grosse perplessità lascia qualche speranza. Non a caso Renato Brunetta, sul Mattinale , invita ancora una volta il premier a usare «buon senso», per fare una riforma utile e funzionale e non purchessia, senza spaccare il suo partito e anche lo stesso Pd.
 

RAFFAELE FITTORAFFAELE FITTO

Chiaro che, se si riaprisse la porta — magari complici i tempi che potrebbero dilatarsi — Berlusconi otterrebbe una pax insperata nel partito che non potrebbe che giovargli in un momento di grande difficoltà personale. Ma non è lui che vuole esporsi. Anzi, in pubblico e in privato il Cavaliere continua a dire che le riforme andranno comunque fatte perché, per dirla con Giovanni Toti «i senatori dovrebbero tener presente la qualità della riforma, come ci si è arrivati, i rapporti di forza, e che la politica è l’arte del possibile, non il libro dei sogni...».


Ma, al momento, non sembra che da Renzi possano arrivare aperture sostanziali.

Paolo Romani conferma che nulla si sta muovendo: «Noi siamo fermi agli ultimi accordi presi». E piuttosto sono altri i punti sui quali il governo potrebbe fare concessioni rispetto alle varie richieste di modifica: il primo è quello di non tenere conto dei premi di maggioranza regionali nella elezione dei consiglieri che andranno a comporre il Senato (ipotesi che potrebbe interessare FI). Il secondo invece non sembra gradito agli azzurri.

 

Renato Brunetta Renato Brunetta

L’ipotesi infatti è quella di allargare la platea degli elettori del capo dello Stato aumentando un po’ il numero dei delegati regionali e aggiungendo i parlamentari europei, per evitare che chi vince le elezioni abbia un peso troppo forte nella scelta, grazie al premio di maggioranza e a un Senato ridimensionato: «I parlamentari europei — avverte Romani — non rappresentano la Nazione».

 

Se insomma le posizioni resteranno queste, è probabile che il dissenso che già si è manifestato in Forza Italia resti, e si manifesti con un numero non indifferente di voti contro, quando il provvedimento approderà in aula. Oltre al capofila dei «ribelli» Minzolini, a Palazzo Madama si contano a dir poco una decina di «irriducibili», alcuni dei quali riconducibili alla pattuglia pugliese di Fitto, che dunque rappresenta un’altra delle componenti del partito che in questa fase non ha alcuna intenzione di fare sconti né nella lotta interna né al governo.

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Per questo la situazione in Forza Italia resta aperta, e la riunione di domani, se confermata, potrebbe portare altra tensione in un partito in cui Gasparri continua a chiedere il varo di un organismo dirigente «ormai indispensabile».

 

Chiaro che Berlusconi dovrà giocare un ruolo diretto, non limitandosi a lasciar sfogare i suoi, ma indicando a tutti la linea ufficiale da seguire, senza ambiguità. Quella che ancora in queste ore in qualche modo si percepisce, nonostante dal suo entourage ribadiscano i punti fermi: «Oggi non abbiamo né la forza né tantomeno la convenienza nel far saltare il tavolo. Siamo troppo deboli. Più avanti, si vedrà».
 

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