BASTA SHOPPING SELVAGGIO, ORA ASMA ASSAD È BRACCATA E PUBBLICA SOLO FOTO CARITATEVOLI

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Viviana Mazza per "Il Corriere della Sera"

Se oltre due anni di guerra civile hanno stravolto la Siria, c'è una cosa che non è cambiata: le immagini di Asma Assad, col sorriso sul volto, impegnata in opere di carità con gli orfani, con le donne, con i poveri.

Diffuse sul suo sito, su Facebook e (le più recenti) sul nuovo account Instagram, quelle foto - intese un tempo a comunicare all'Occidente la promessa di riforma in Siria, e diventate oggi invece il simbolo della resistenza del regime - portano ancora una volta il Times di Londra a interrogarsi su come conduca davvero la sua vita quotidiana la first lady di Damasco, mentre i raid americani incombono sul Paese.

È l'ultimo capitolo di una lunga fascinazione della stampa occidentale per la ragazza cresciuta e istruita a Londra che 13 anni fa strappò la lettera di ammissione a Harvard per sposare Bashar Assad, e della metamorfosi della «rosa del deserto» in quella che ora viene chiamata la «first lady dell'inferno».

Qualche giorno fa il Daily Mail scriveva con sdegno che da un bunker superprotetto Asma si dedicherebbe tuttora allo shopping online, assicurandosi in particolare che i tre figli siano nutriti con costoso cibo occidentale. Il quotidiano notava che, in una delle foto più recenti, indosserebbe un braccialetto americano «salutista» che tiene il conto delle calorie che brucia.

Ieri, il Times negava che la first lady abbia il tempo di stare in Rete a comprare le amate scarpe Louboutin, impegnata com'è ad evitare di diventare, insieme ai figli, un bersaglio dei missili americani. Colpiranno obiettivi militari, certo, ma potrebbero prendere di mira anche i simboli del potere: e Asma è diventata proprio questo. «Niente panico, ma c'è preoccupazione», ha detto al quotidiano un anonimo «imprenditore siriano con buoni contatti».

«Gli Assad, e Asma in particolare, saranno preoccupati per la sicurezza e l'istruzione dei figli». L'undicenne Hafez avrebbe scritto su Facebook un messaggio pieno di rabbia nei giorni scorsi (l'autenticità è incerta, ma è stato commentato da altri figli dell'élite): «Voglio che gli americani attacchino, così gliela faremo vedere noi».

Asma, in fondo, «viene» da tre città, ma Homs, patria dei suoi genitori sunniti, è ormai «off-limits» quanto Londra. Il suo spazio si è ridotto alla capitale, anche se fino agli ultimi tempi pare abbia potuto incontrare in Libano il papà, eminente cardiologo di Harley Street, e la mamma, ex impiegata all'ambasciata siriana di Londra. C'è chi sostiene che un momento chiave sia stato l'attacco al convoglio della coppia presidenziale ai primi di agosto, alla fine del Ramadan e tre giorni prima del trentottesimo compleanno di Asma (il regime nega che sia accaduto).

Una cosa è certa: «Asma è a Damasco, al fianco del suo uomo», ha commentato Andrew Tabler, del Washington Institute for Near East Policy, che in passato ha lavorato per la first lady. Che sarebbe rimasta con lui lo chiarì nel 2012 un messaggio inviato al Times in risposta ad un articolo che chiedeva «cosa pensasse delle stragi, delle torture e degli arresti di migliaia di oppositori da parte delle forze di sicurezza del marito» quella donna «intelligente, colta, con tante buone azioni alle spalle». Promise anche di impegnarsi «a consolare le famiglie delle vittime della violenza». È chiaro che Asma condivide il destino del clan.

 

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