"THE BEAST", L’ARMA SEGRETA DI OBAMA - “LA BESTIA” E’ UNA STRUTTURA ELETTORALE MICIDIALE ALLA QUALE LAVORANO 300 PERSONE E CON CUI SBARAGLIERÀ I REPUBBLICANI - CHI FA MUOVERE LA BESTIA È JIM MESSINA (CHE ERA IL NUMERO DUE DELL’EX CAPO DI GABINETTO DI OBAMA), CHE STA ORGANIZZANDO LA CAMPAGNA 2012: “I NOSTRI SFORZI TECNOLOGICI E QUELLI SUL CAMPO FARANNO SEMBRARE PREISTORICA LA CAMPAGNA DEL 2008”...

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1 - ROMNEY DI NUOVO IN SELLA E OBAMA?
Mario Platero per "America24 - il Sole 24 Ore"

"The Beast", la "bestia". Quando la vedi per la prima volta è nervosa, organica, spaventevole. La "Bestia" è l'arma segreta da un miliardo di dollari con cui Barack Obama cercherà di contrastare, confondere e poi sbaragliare l'avversario repubblicano che lo sfiderà per la Casa Bianca 2012.

Mentre i quattro repubblicani si stanno dilaniando, ieri in Florida, domani in Nevada, poi in Missouri - sforzi dispersi in conflitti locali - Obama è già avanti, è alla campagna nazionale. «Stiamo costruendo la bestia perfetta - dice Jim Messina, il capo della campagna Barack Obama 2012 - i nostri sforzi tecnologici e quelli sul campo faranno sembrare preistorica la campagna del 2008».

Incontriamo Messina sul ponte di comando della "War Room", la sala da guerra al sesto piano di One Prudential Plaza a Chicago. La sua "bestia" ha tre anime, una politica, una digitale e una operativa. Una struttura che diventerà oggetto di manuali elettorali. Potrà essere replicata in scala. E diventare un punto di riferimento per chi in Italia pensa già alle prossime sfide elettorali.

Il manuale con gli ordini di scuderia è chiaro: disciplina militare, controlli incrociati, peso schiacciante di internet. Nel 2008 Twitter non esisteva. Facebook non aveva le dimensioni di oggi. Michelle ha appena inaugurato un indirizzo Twitter, l'obiettivo è trasformare Obama nel primo candidato "digitale" della storia elettorale americana.

In quattro anni, racconta Messina, c'è stata una nuova rivoluzione e fra meno di un mese la campagna lancerà un nuovo sistema digitale gestibile su ogni gadget con un accesso su internet. "MyObama.com" sarà ritirato. Al suo posto ci sarà una piattaforma integrata che chiameremo il "cervello" della bestia. Qui nella War Room ci sono già 300 persone al lavoro.

Di queste quasi la metà sono assegnate alla divisione digitale, a sua volta divisa in quattro gruppi: il gruppo creativo, che identifica messaggi, studia trend, immagina poster; il gruppo video, che segue quanti più fotogrammi possibili degli avversari, del presidente, per tradurli in pillole da distribuire in campagna su youtube o su messaggini; il gruppo per la pubblicità digitale; il gruppo tecnico che traduce in programmazione software gli input degli altri gruppi.

C'è poi la parte politica, il cuore della bestia, che "sente" i movimenti dell'elettorato, studia i sondaggi, sceglie gli stati dove ci sono possibilità di vittoria, organizza i fund raising. Il punto di riferimento è Messina. Di fianco al suo ufficio c'è il gruppo Media, con 25 persone, monitor televisivi costantemente accesi. Ben Finkenbinder era sempre con noi nei viaggi della Casa Bianca, oggi è il capo della regione del Midwest.

Coordina gli uffici stampa locali di una dozzina di stati. C'è anche Kati Hogan, anche lei in arrivo dalla Casa Bianca, numero due della struttura stampa, c'è Peter Newell, al fianco di Messina. Sono i giovani che nel 2008 portavano i bagagli, aiutavano la stampa, viaggiavano sugli autobus. Oggi sono ai vertici della campagna, età media forse 30 anni, forse meno.

È qui, nel cuore della bestia, che si prepara la strategia elettorale stato per stato. Messina ha identificato cinque percorsi possibili per arrivare ai 270 voti elettorali necessari per vincere la presidenza. Il primo passa per la Florida. Con i 29 voti elettorali della Florida (vinta nel 2008), la presidenza è assicurata. I repubblicani lo sanno, per questo hanno scelto Tampa per la loro convenzione. Poi c'è il "Nuovo Sud", delicatissimo. La Virginia e la North Carolina sono andati a Obama nel 2008: la prima volta in decenni che un democratico ha vinto in quegli stati.

Ma nel 2010 il vento è cambiato. I repubblicani hanno fatto progressi enormi. Per questo Messina ha chiesto e ottenuto di tenere la convenzione democratica a Charlotte, in North Carolina: «Dobbiamo farcela» dice. A Ovest i "battleground states" sono il Colorado e il Nevada. Difficili ma possibili. Nel Midwest, il punto chiave è l'Ohio. Nei tre anni di presidenza Obama si è recato in Ohio decine di volte. Ha vinto l'Ohio nel 2008. Ma oggi lo stato è più a destra. Infine, in play, l'Arizona, dove si cercherà di mobilitare il voto.

«Abbiamo gente dappertutto, volontari, professionisti, che hanno passato quattro cinque anni con noi», dice Messina. «Non abbiamo mai smantellato la struttura di volontari. È un patrimonio enorme. Né Gingrich né Romney ce l'hanno». Messina ora parla delle braccia e le gambe della bestia, devono muoversi in sincronia perfetta. Per questo, come succede nelle grandi aziende, c'è un vero e proprio Coo, Anne Marie Habershaw, è lei che coordina la parte amministrativa, la gestione dei fondi, i trasferimenti sul campo dove secondo le stime ci sono altre 300 persone stipendiate e alcune migliaia di volontari attivi.

Per la gestione del "patrimonio" di cui parla Messina la struttura è divisa in un gruppo nazionale di supervisione generale e in cinque grandi gruppi regionali ciascuno con un certo numero di stati all'interno. In ogni stato ci sono i capi della campagna locale, a cui rispondono i "regional field directors" che possono essere alla guida di una contea.

Le tre anime della bestia - il cervello, il cuore, le braccia - operano secondo un sistema a matrice. Hanno sistemi di coordinamento paralleli: la settimana scorsa ad esempio, per il discorso sullo stato dell'Unione, la macchina da guerra di Obama ha scaldato i motori. Se concedersi il lusso di una campagna nazionale quando gli altri si sbranano fra di loro è importante, è anche importante non perdere il filo della tensione.

Così la bestia ha organizzato 2.700 "watch party" in tutta l'America. Uno sforzo che ha richiesto l'intervento simultaneo del cervello digitale, delle braccia locali e del messaggio politico in arrivo dal cuore:restituiamo l'America alla classe media. Messina coordina personalmente il rapporto con i principali fund raiser. Il primo livello di donatori impone una raccolta minima di 350mila dollari. Sono alcune centinaia in tutti gli Stati Uniti.

La bestia opera ai vertici in una sorta di triumvirato: se il capo formale è Messina, sia David Plouffe, alla Casa Bianca, sia David Axelrod, cioè gli artefici della vittoria del 2008, hanno un ruolo attivo di consiglieri. Prima o poi rispunterà anche Emanuel. Ci sono poi a disposizione sei squadre di consulenza esterna, per i sondaggi, per la pubblicità televisiva, per la prenotazione degli spazi. Il ritmo è frenetico. Al sesto piano, per allentare la tensione della War Room ci sono un tavolo da ping pong e altri giochetti di vario genere incluso un tiro a segno.

Ci sono manifesti colorati, simboli dei vari stati o delle università da dove arrivano i giovani. L'atmosfera è gaia, energica, ma seria. «Dobbiamo anche studiare», chiude Messina. «Ora ce lo possiamo permettere. Leggo molti libri sulle campagne passate, Reagan, Bush, Clinton. È un momento importante: è bello per la testa" In questo periodo, nel 2008, Messina & Co erano in trincea, nell'interminabile "attacco difesa" con Hillary Clinton.

2 - PROFILO DI JIM MESSINA, LO STRATEGA
Dal "Sole 24 Ore" - Giacca di tweed beige, camicia bianca, colletto aperto, occhiali, aria dell'accademico tipo Indiana Jones: distratto coi nervi d'acciaio. Jim Messina, 42 anni, nato in Colorado, cresciuto a Boise, Idaho, laureato all'Università del Montana in scienze politiche, e' stato per quasi tre anni a "41 passi" dall'Ufficio Ovale. Era il numero due di Rahm Emanuel ex capo di Gabinetto di Obama, oggi sindaco di Chicago. Si occupava di tutte le grane possibili. Prima di unirsi alla campagna Obama aveva lavorato con il senatore democratico Max Baucus.

La sua passione per la politica risale alla quarta elementare quando organizzò delle elezioni fittizie a scuola. Ha voluto che i quartieri generali fossero a Chicago per avere meglio il polso del paese. Ha voluto essere lontano da Washington, dalla politica attiva e dalla Casa Bianca. Di lui si diceva che era il "piu' sconosciuto fra i potentissimi a Washington". Lavora senza interruzione anche 18 ore al giorno. La "War Room" e' su un intero "floor" di questo grattacielo che negli 50 divenne uno dei simboli architettonici della citta'. Dalle finestre c'e' una vista perfetta dell'auditorium di Frank Gheary, a Grant Park, dove, qualche centinaio di metri più in là, Obama celebrò la vittoria elettorale in quella notte indimenticabile del 4 novembre 2008.

 

ROMNEY JIM MESSINALA WAR ROOM DELLA CAMPAGNA DI OBAMA FOTO DI MARIO PLATERO LA WAR ROOM DELLA CAMPAGNA DI OBAMA FOTO DI MARIO PLATERO FOTO DALLA WAR ROOM DI OBAMA FOTO DI MARIO PLATERO FOTO DALLA CAMPAGNA DI OBAMA FOTO DI MARIO PLATERO FOTO DALLA CAMPAGNA DI OBAMA FOTO DI MARIO PLATERO