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Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
A Roma per 24 ore, senza vedere nessuno del Movimento 5 stelle. Beppe Grillo è sempre più distante dalla sua creatura: arreso all' idea che vada per la sua strada. Ha sentito il presidente della Camera Roberto Fico, ma gli è stato impossibile incontrarlo per problemi di agenda. È informato dal capo politico Luigi Di Maio della riorganizzazione in arrivo (a dire il vero sempre più lenta), ma si limita ad ascoltare senza dispensare consigli. L'elevato - come ama ormai farsi chiamare da tutti - non vuole mettersi di traverso, né prendere le parti di nessuno nelle disfide aperte all' interno del M5S.
GIORGIO CREMASCHI E BEPPE GRILLO NO TAV
Non sarà lui a dare man forte ad Alessandro Di Battista, se mai l' ex deputato vorrà portare avanti progetti di "reconquista" dopo la marginalizzazione seguita alla pubblicazione del suo libro Politicamente scorretto. Né spenderà mai una parola contro le espulsioni con cui Di Maio ha deciso di inaugurare il nuovo corso della sua leadership (la prossima, dopo le deputate Gloria Vizzini e Veronica Giannone, potrebbe essere la senatrice Elena Fattori, se non voterà il disegno di legge sul taglio dei parlamentari in calendario nelle prossime settimane a Palazzo Madama).
CHIARA APPENDINO LUIGI DI MAIO NO TAV
Ci sono cose, però, su cui il garante continua a farsi sentire: i temi energetici e le questioni ambientali. Sono gli argomenti su cui chiama i parlamentari M5S per informarsi, capire quel che stanno facendo. Quelli cui dà spazio quotidianamente sul suo blog, sempre meno interessato alla politica.
La linea Maginot della pazienza di Beppe Grillo esiste e ha un nome: si chiama Tav. Una battaglia che il fondatore del Movimento 5 stelle non può dimenticare, certo non in nome della prosecuzione di un governo con la Lega che tollera, ma che per molti versi non gli piace. Luigi Di Maio lo sa e ha studiato l'espediente per salvarsi dall' unica mossa che - a oggi - potrebbe dannarlo.
Una richiesta di sfiducia sul blog da parte del garante, l'unico atto che - da nuovo statuto - potrebbe in questo momento destituirlo da capo politico. Grillo non ne ha alcuna intenzione e ha fatto capire il suo disarmo a tutti i parlamentari che lo sentono, anche ai più scontenti. Ma sfidarlo sulla questione dell'alta velocità Torino-Lione, l'unica di valenza politica su cui continua a ripetere il suo no, non sarebbe saggio da parte dei nuovi vertici M5S.
Così, Di Maio ha deciso di schierare i suoi sul no. Senza però che questo significhi bloccare un' opera che a questo punto - l' ala "governista" M5S ne è convinta - non si può fermare. Così, il governo chiederà presto un voto al Parlamento per revocare il trattato Italia-Francia che regola la Tav Torino-Lione. A una condizione: che i vari schieramenti possano esprimersi liberamente. Seguendo i propri principi a costo di minare, per una volta, l' unità di intenti dell' esecutivo.
«La Lega voterà sì insieme a Pd e Forza Italia - ragionano nel quartier generale del vicepremier M5S - noi diremo no e a quel punto nessuno potrà rimproverarci di nulla. Né i no Tav della Val Susa, né i consiglieri comunali di Torino pronti a far cadere la giunta di Chiara Appendino, né Grillo».
Una soluzione che salverebbe l' anima dei 5 stelle e il governo giallo- verde. L' ennesimo atto di pragmatismo del ministro dello Sviluppo e del Lavoro, che dopo il 20 luglio (quando si chiuderà la finestra che porterebbe al voto anticipato a settembre) è pronto a mettere mano anche alla squadra. Ministri a parte, le cui sostituzioni fanno parte di un domino da decidere con la Lega, sono a rischio i sottosegretari bocciati dalle "graticole" fatte in Parlamento. Le schede di valutazione arrivate sulla scrivania del capo bocciano senza appello Mattia Fantinati, Salvatore Giuliano, Gianluca Vacca, Vincenzo Zoccano. A rischio, ma ripescati dai vertici, Simone Valente, Andrea Cioffi, Luigi Gaetti e Michele Dell' Orco.
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