DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Roberto Rho per la Repubblica
Quattro giorni di autosospensione. Nessuna novità sul fronte dell’inchiesta, nella quale è indagato per falso ideologico e falso materiale. Eppure Giuseppe Sala riprende in mano le leve del comando e torna a governare Milano.
Qual è il senso di questo breve stop, sindaco Sala? Qualcuno dall’opposizione la definisce «una sceneggiata».
«Quello che aveva senso per me era comprendere l’iniziativa della Procura generale e verificare se ci sono altre questioni aperte oltre a quella per cui ho scoperto di essere indagato. I miei avvocati hanno fatto questa verifica, e non risulta altro».
Sul punto: secondo la Procura generale l’atto di costituzione della commissione aggiudicatrice dell’appalto Expo più importante sarebbe retrodatato.
«Quello che è successo in quelle giornate convulse onestamente non lo ricordo. L’indagine ha comunque appurato che ciò che sarebbe accaduto è stato irrilevante per la regolarità della gara».
GIUSEPPE SALA E UN VENDITORE ABUSIVO
Lei resta un sindaco indagato. Ed esiste la possibilità che la Procura generale chieda il suo rinvio a giudizio. Come si comporterà in quel caso?
«Vedremo. Al netto di ciò che prevede la legge Severino, se la materia è questa io non ho alcun problema con la mia coscienza, sono tranquillo e so di poter fare il lavoro per il quale i milanesi mi hanno eletto».
Può escludere che spuntino nuove indagini? Che anche solo in nome della necessità di fare in fretta per aprire i cancelli il 1°maggio del 2015 siano stati fatti pasticci o si siano forzate le regole?
«Io so che su questa Expo hanno indagato tutti, commissioni Antimafia, Anac, Procure, Procure generali, Guardia di Finanza, Corte dei conti…In ogni caso, lo ripeto, il mio problema era sapere se allo stato delle cose c’è altro. Non c’è».
MARIA ELENA BOSCHI GIUSEPPE SALA
Ma lei ha fiducia nella magistratura?
«Io ho fiducia. Ma credo sia giusto dire che non è normale apprendere di essere indagato dai giornali, soprattutto mentre stai facendo un lavoro di responsabilità in nome della collettività. So bene che non è la prima volta, ma non voglio arrendermi al fatto che diventi normale».
Molti le hanno chiesto di tornare sui suoi passi.
«È valsa la pena fermarsi anche per questo. Ho ricevuto centinaia di messaggi, mi hanno espresso solidarietà i sindaci di tutti gli schieramenti politici e le istituzioni milanesi. Mi ha chiamato anche il presidente del Consiglio Gentiloni, gli ho spiegato le ragioni del mio gesto. Ha capito, ha apprezzato la decisione di tornare a occuparmi della città. Gli ho chiesto di venire a Milano non appena la sua agenda glielo consente. Sono preoccupato, molto».
Di cosa è preoccupato? Milano, a parte questo guaio non da poco, viaggia come un treno ad alta velocità.
«Glielo spiego subito. Io sono un uomo pratico e cerco di essere rapido nel prendere decisioni e concretizzarle. Ma negli ultimi mesi mi sono sentito rispondere spesso: “Aspettiamo il referendum”. Ora non vorrei che partisse il ritornello “Aspettiamo le elezioni”. Non possiamo aspettare».
Lo dice perché ha incassato risposte interlocutorie o dilatorie?
«Ci sono alcune cose che mi inquietano. Per esempio rivedo dopo anni un ministero per il Mezzogiorno. E il ministro in questione che dice: “Abbiamo 115 miliardi da investire per il Sud».
Qual è il problema? Non crede che Nord e Sud viaggino a velocità diverse?
«Certo che siamo d’accordo. Io sono un teorico dell’annullamento delle due velocità. Ma per farlo non si blocca il vagone più veloce, sennò si finisce in stallo. Io non sono ostile al ministero per il Mezzogiorno, mi preoccupo che le attenzioni per il Sud non annullino quelle per il Nord».
Che fa, insegue la Lega di Salvini?
«Non bisogna essere leghisti per difendere il Nord. Io lo faccio, da sinistra, guardando le cose da Milano. Noi offriamo al Paese il meglio, il nostro modello di sviluppo, la nostra efficienza nel fare le cose. Ma chiediamo attenzione e sostegno».
Sia più esplicito, su cosa ha bisogno dell’aiuto del governo?
«Noi abbiamo firmato con Matteo Renzi un patto per Milano, nel quale sono scritti impegni precisi per l’allungamento delle metropolitane e per le nostre periferie. Il governo ci ha garantito fondi per finanziare questi interventi: vogliamo sapere presto quando questi fondi arriveranno».
E il tentativo di portare a Milano almeno una delle Authorities in fuga dalla Londra post-Brexit?
«Sono stato a Londra un paio di volte, ho il polso della situazione. Ci sono possibilità concrete di portare a Milano l’Agenzia del farmaco: siamo una città attrattiva e intorno a essa gravita un sistema farmaceutico forte. Ma bisogna fare presto».
Se il dossier è pronto e le possibilità sono concrete, qual è il problema?
«La qualità del dossier ha la sua importanza, ma almeno altrettanto importante è la volontà politica. Serve un governo che con fermezza dica: siamo tra i Paesi fondatori dell’Europa e non abbiamo neppure una Authority primaria. È il momento».
Ma perché tutte queste preoccupazioni solo adesso? Con Renzi era tranquillo, con Gentiloni no? Eppure, un governo è la fotocopia dell’altro.
«Più della politica mi preoccupa la burocrazia. Veniamo da mesi di vuoto pre-referendario, non vorrei si sprofondasse subito nel vuoto pre-elettorale».
Non sarà che si è accorto che il Patto per Milano era solo uno dei tanti firmati da Renzi prima del referendum, e che adesso è difficile accontentare tutti?
«Milano ha siglato un patto con il governo, poi sì, in effetti, in molti ci hanno imitato. Io non ho letto gli altri patti ma conosco il nostro. Noi sappiamo dove investire, abbiamo i progetti e li abbiamo spiegati. Siamo pronti, adesso non vogliamo frenare».
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