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1 - STRAGE DI CRISTIANI IN PAKISTAN - IL PAPA: “ADESSO BASTA STERMINI”
Giacomo Galeazzi per “la Stampa”
Due attentatori suicidi taleban hanno causato la morte di almeno 15 fedeli e il ferimento di altri 78 che pregavano in due chiese di Lahore. Con la strage di cristiani in Pakistan, si è nuovamente materializzato l’incubo-bomba che unisce nella tragedia le diverse confessioni cristiane.
I kamikaze appartengono al gruppo terroristico Ttp (movimento legato ad Al Qaeda) che ha rivendicato l’attacco a sostegno dell’introduzione nel Paese della Sharia, la legge islamica. Gli attacchi hanno devastato una chiesa cattolica e una protestante, entrambe nel quartiere di Youhanabad, dove vive la maggiore comunità cristiana di un Paese a stragrande maggioranza musulmana.
attentati alle chiese di lahore in pakistan
REAZIONE DEI PERSEGUITATI
Gli attentatori si sono fatti esplodere all’ingresso delle due chiese del quartiere di Youhanabad: la cattolica St John’s Church e la cristiana Christ Church. Dopo la strage la folla inferocita ha bruciato vivi due sospetti terroristi e in un gesto insolito per la pacifica comunità cristiana locale, alcune migliaia di persone esasperate hanno danneggiato vetrine di negozi e stazioni degli autobus. Intanto i vescovi del Pakistan accusano.
attentati alle chiese di lahore in pakistan
«A morire sono stati i giovani volontari cattolici che hanno cercato di fermare i terroristi, mentre i poliziotti che avrebbero dovuto essere davanti alla chiese secondo le disposizione del ministero degli Interni sono sani e salvi perché erano impegnati a vedere in tv la partita di cricket, lo sport nazionale». L’episcopato denuncia gravi negligenze: «In molti casi gli agenti diventano complici degli omicidi o braccio armato dei radicali».
LA PROFEZIA DI BERGOGLIO
attentati alle chiese di lahore in pakistan
Da due anni Papa Francesco parla di «ecumenismo del sangue» riferendosi alla capacità dei cristiani di dare testimonianza fino a donare la vita. La sua profezia si è avverata. «In alcuni Paesi ammazzano i cristiani perché portano una croce o hanno una Bibbia, e prima di ammazzarli non gli domandano se sono anglicani, luterani, cattolici o ortodossi - aveva detto il Pontefice nel dicembre 2013 -. Il sangue è mischiato. Per coloro che uccidono, siamo cristiani. Uniti nel sangue, anche se tra noi non riusciamo ancora a fare i passi necessari verso l’unità».
attentati alle chiese di lahore in pakistan
Quando ieri Bergoglio si è affacciato alla finestra su piazza San Pietro, solo da poco era giunta la notizia dell’attentato in Pakistan. «Con molto dolore - ha scandito il Papa all’Angelus - ho appreso degli attentati terroristici contro due chiese cristiane a Lahore in Pakistan, che hanno provocato morti e feriti, sono chiese cristiane, i cristiani sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue solo perché sono cristiani». Francesco prega per le vittime e implora «concordia per quel Paese». Invoca Dio: «Finisca questa persecuzione contro i cristiani che il mondo cerca di nasconderla».
2. IL VATICANO RILANCIA LA GUERRA GIUSTA - “L’ISIS FA UN GENOCIDIO, VA FERMATO”
Paolo Mastrolilli per “la Stampa”
attentati alle chiese di lahore in pakistan
«Dobbiamo fermare questo genocidio. Altrimenti in futuro ci lamenteremo, chiedendoci perché non abbiamo fatto nulla e abbiamo consentito che questa terribile tragedia avvenisse». Per riuscirci, «è necessaria una coalizione coordinata e ben pensata, che faccia tutto il possibile per raggiungere una soluzione politica senza violenza. Se ciò non sarà possibile, però, l’uso della forza diventerà necessario».
Come suonano diverse queste parole dell’arcivescovo Silvano Tomasi, rappresentante della Santa Sede all’Onu di Ginevra, da quelle che i suoi colleghi avevano pronunciato alla vigilia dell’invasione dell’Iraq nel 2003. La differenza però si spiega con la dottrina cattolica, perché l’uso della forza contro l’Isis rientrerebbe nei parametri della «guerra giusta», mentre quello contro Saddam li violava.
attentati alle chiese di lahore in pakistan
LA LINEA DELLA SANTA SEDE
La posizione presa da Tomasi in un’intervista con il sito americano «Crux» non è nuova, e segue con coerenza la linea scelta dai vertici della Santa Sede dal principio dell’aggressione dello Stato Islamico. Nel settembre scorso avevamo incontrato proprio al Palazzo di Vetro il segretario di Stato Parolin, che ci aveva detto: «In questi casi il pericolo è sempre quello dell’escalation, ma il Papa è stato molto chiaro: l’aggressore deve essere fermato». Con queste dichiarazioni, infatti, Parolin aveva confermato quello che lo stesso Francesco aveva affermato in precedenza.
BERGOGLIO IN PREGHIERA AD ARICCIA
IL CAMBIO DI ROTTA
Cosa è cambiato, dunque, rispetto al 2003, quando Giovanni Paolo II inviò a Washington il cardinale Pio Laghi per convincere Bush a desistere dall’intervento in Iraq? La risposta sta nelle circostanze e nella dottrina della «guerra giusta». I cattolici e i cristiani in generale dovrebbero evitare di usare la forza, perché perseguono un’armonia fondata sulla giustizia che deriva da Dio. Tuttavia il cardinale Raffaele Martino, nunzio all’Onu nel 2003, aveva chiarito che i fedeli «sono pacifici, non pacifisti».
Non hanno, in altre parole, un atteggiamento ideologico nei confronti della guerra: cercano di evitarla sempre, ma si rassegnano all’idea che in alcune situazioni possa diventare inevitabile. Questi casi sono sanciti dalla dottrina della «guerra giusta», che risale ai padri fondatori della Chiesa, e pone alcune condizioni precise. Ad esempio il carattere difensivo dell’intervento, l’esistenza di una causa per cui condurlo e un’autorità legittima per lanciarlo, la proporzionalità della risposta e l’esclusione di mezzi intrinsecamente cattivi.
LA SFIDA A BUSH JUNIOR
L’Iraq non rientrava in questi parametri prima di tutto perché era un’azione preventiva, e quindi per natura non poteva essere difensiva. Inoltre la causa era dubbia, come ha confermato poi l’assenza delle armi di distruzione di massa, e mancava il via libera dell’Onu. A tutto questo poi si aggiungevano considerazioni politiche sui rischi e le ripercussioni dell’intervento, che non avevano direttamente a che fare con la dottrina della «guerra giusta», ma col tempo si sono dimostrare corrette.
IL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE
Nel caso dell’Isis, invece, è ovvio che lo Stato Islamico ha lanciato l’aggressione, a cui diventa necessario rispondere con la forza, se non c’è alcuna soluzione politica possibile. La giusta causa è la difesa dei cristiani, che vengono brutalmente ammazzati per il solo fatto di esserlo. Il ricorso all’Onu serve per avere la legittimità richiesta dalla dottrina, e finora si è realizzato in maniera solo parziale, perché il Palazzo di Vetro ha approvato risoluzioni contro il terrorismo, ma non ha ancora autorizzato esplicitamente un’azione in Siria o in Libia.
In Iraq però l’intervento della coalizione guidata dagli americani è stato richiesto dal governo legalmente in carica, e quindi le operazioni sono avallate dalle autorità nazionali che hanno il diritto all’autodifesa. La speranza della Santa Sede resta sempre quella di una soluzione pacifica, ma se non sarà possibile ottenerla, la forza dovrà intervenire per impedire altre ingiustizie.
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