
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Federico Geremicca per “la Stampa”
Braccato quasi piazza per piazza. Contestato ovunque vada da operai che rischiano il posto, da precari e disoccupati, e ieri anche dai centri sociali. Ecco le ultime foto del più giovane presidente del Consiglio della storia repubblicana in visita a città e fabbriche. Dopo tanto tirare la corda, era forse inevitabile che accadesse: Cgil e Fiom, irrise e sfidate ad ogni occasione, cominciano a «muovere la piazza», e per Matteo Renzi un autunno che già s’annunciava caldo, va facendosi rapidamente rovente.
Si può ormai dire, insomma - e le prossime settimane lo dimostreranno - che è ufficialmente partita la «caccia al premier». Ma, ancor più del nuovo capitolo della Grande Guerra in corso nel triangolo Renzi-Camusso-Landini, a colpire - dopo la giornata di ieri - sono il tono ed il profilo che va assumendo la strategia del premier nello scontro coi sindacati.
«Non mi spavento delle contestazioni - dice, una volta a Roma, a qualcuno tra i più preoccupati dei suoi collaboratori -. Sono manifestazioni organizzate e fanno parte dei rischi e del lavoro di chi governa. Forse dà fastidio il fatto che io vada nelle fabbriche a parlare con imprenditori e operai senza chiedere il permesso e la mediazione di nessuno. Ma devono abituarsi, perché continuerò a fare così». E ha già in calendario nuove visite a importanti realtà produttive come la Piaggio e l’Alcatel...
Eppure la teoria del disegno, del complotto - alla quale, in verità, quasi nessun governante è riuscito a sfuggire nei momenti di più acuta difficoltà - va lentamente oscurando la filosofia dell’ottimismo che aveva distinto i primi sei mesi almeno dell’azione del premier.
Può darsi si tratti perfino di una sorta di autodifesa psicologica da parte di un leader che presume molto di sè, che ama esser amato e che ha forse difficoltà ad accettare che qualcuno possa non restare ammaliato dalle sue sirene politiche: ma se anche fosse così, il dato non cambia.
E il dato è appunto questo: la teoria del complotto che lentamente sostituisce la filosofia del sorriso, gufi e rosiconi che volteggiano ovunque a dispetto del cambiamento di verso, la «bella politica» - l’evocata e tanto esaltata «bella politica» - che cede il passo ad una cupezza inattesa: una lamentazione che comincia a preoccupare anche i renziani della prima e addirittura primissima ora, che non capiscono ancora se Matteo si trovi di fronte a difficoltà che giudica serissime o se stia, più semplicemente, cambiando lo schema di gioco.
operai delle acciaierie terni in corteo a roma, feriti in scontri con polizia 9
La sola mattinata di ieri è sufficiente a confermare il mutamento di argomenti e tono. Prima denuncia: c’è un disegno, studiato e progettato, per dividere il mondo del lavoro e spaccare l’Italia. Seconda denuncia: si sfrutta il dolore dei disoccupati per cercare di far saltare il governo.
Terza denuncia: prima dicevano che eravamo ragazzini, oggi che siamo poteri forti... Oggetto nient’affatto misterioso degli allarmi del presidente del Consiglio è naturalmente il sindacato che - in maniera per molti sorprendente - sta diventando per Renzi quel che la magistratura era per Berlusconi. Con una differenza non di poco conto: che Cgil e Fiom hanno deciso, ufficialmente e apertamente, di accettare la sfida e di rispondere colpo su colpo.
operai delle acciaierie terni in corteo a roma, feriti in scontri con polizia 7 MAURIZIO LANDINI
«C’è molto nervosismo nelle parole del presidente del Consiglio che ancora una volta evoca fantasmi e complotti, lancia invettive e ammonimenti ma evita accuratamente di dire come si crea lavoro e come si rilancia il Paese», replica così ieri sera la Cgil: «Quella imboccata non è la strada giusta. Al contrario, è proprio quella che divide il Paese».
Lo sforzo organizzativo messo in campo, del resto, è enorme. La manifestazione di piazza San Giovanni due sabati fa; lo sciopero dei metalmeccanici, che Maurizio Landini ha addirittura deciso di sdoppiare (il 14 a Milano e il 21 a Napoli); lo sciopero generale della Cgil, per il quale si stanno solo definendo modalità e giorno; e proteste e contestazioni ovunque il premier dovesse recarsi in visita.
renzi all assemblea degli industriali a brescia
Un autunno che rischia, dunque, di farsi incandescente: e addirittura difficilmente controllabile se alle tensioni sociali si sommerà l’opposizione che la minoranza Pd (in aperto accordo con la Cgil) preannuncia nelle aule del Parlamento. La scintilla che potrà dare fuoco alle polveri dovrebbe essere la decisione di porre la fiducia sul Jobs Act anche alla Camera dei deputati. «Il Parlamento non può esser ridotto a passacarte», ha minacciosamente avvertito Roberto Speranza, presidente dei deputati pd.
Dunque non resta che attendere. Un mese, non di più, potrebbe esser sufficiente per ipotizzare con maggior precisione la traiettoria della parabola di Renzi. Il bivio non è cambiato, rimane lo stesso: puntare al 2018, se ce ne sarà la possibilità; cercare la resa dei conti con elezioni in primavera, se i «nemici» non dovessero arrendersi. Cercare, appunto. Napolitano permettendo...
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