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C.L. per “la Repubblica”
Le telefonate ai dirigenti di Forza Italia stanno arrivando in queste ore. Direttamente da Villa Certosa, in Sardegna, dove Silvio Berlusconi sta portando avanti una riabilitazione post operatoria più lunga e faticosa del previsto. A fare da ambasciatore, Sestino Giacomoni, il deputato tornato alla corte più ristretta e ormai ombra del capo, nella nuova fase libera da cerchi magici.
«Il presidente preferirebbe che tu come altri dirigenti del partito non andassi la settimana prossima alla convention di Stefano Parisi a Milano» è il messaggio con toni cortesi che pochi ma selezionati tra parlamentari e coordinatori hanno ricevuto da un paio di giorni a questa parte. Non senza sorpresa. Con la rassicurazione da parte di Giacomoni che «nemmeno il presidente sarà presente alla manifestazione».
L’ordine di scuderia in un primo momento ha rincuorato gli ormai acerrimi nemici interni di Mr Chili, incaricato di rifondare il partito, meglio, di trasformarlo in qualcosa di nuovo e di diverso. Come se il capo volesse in qualche modo depotenziare la conferenza programmatica “Megawatt-Energie per l’Italia” in programma a Milano il 16 e 17 settembre. Parisi appena designato e già screditato? Ma allora perché il Cavaliere lo ha ricevuto lunedì pomeriggio nella residenza sarda, rilanciando il suo ruolo e la kermesse con tanto di comunicato ufficiale?
Giri frenetici di telefonate e all’interno della stessa vecchia guardia forzista è maturata una seconda e più sottile lettura del diktat berlusconiano: evitare che in prima fila tra dieci giorni compaiano volti logori e ormai “cotti” del partito che fu. Insomma, dietro quell’invito potrebbe esserci la voglia di fare davvero “piazza pulita” dei “reduci” forzisti dei quale in più occasioni, in privato, Berlusconi non ha fatto mistero di volersi liberare.
Ancora ieri Parisi, nel suo intervento alla Summer School di Confartigianato, è stato schietto: «Oggi nessuno si iscrive più a un partito. Per fortuna, le ideologie sono finite, non siamo negli anni ‘70 dove si era comunisti, socialisti ecc. E la politica non si fa solo nei partiti. La si fa anche nella propria dimensione professionale, nel rapporto con la comunità. Io faccio politica ma oggi non sto in nessun partito».
Incassando un nuovo affondo dal capogruppo Renato Brunetta, con Toti, Romani, Gasparri, Matteoli sempre più in rotta: «Non ci sono papi stranieri che con la bacchetta magica vengono e pensano di risolvere tutti i nostri problemi. Noi siamo un grande partito con una storia, con un presente e con un futuro ». I pochi che continuano a sentire pur saltuariamente il leader raccontano del sogno di un ritorno in grande stile. Magari con una mega kermesse tutta sua, ancora sotto le insegne di Fi, da tenere entro ottobre.
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