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TONY VIOLENTI - INCALZATO DALLA COMMISSIONE CHILCOT SULLA GUERRA IN IRAQ DEL 2003, BLAIR RIVENDICA L’ATTACCO A SADDAM E INCALZA LA GRAN BRETAGNA SULL’AVANZATA DELL’ISIS: “SE GLI ESTREMISTI CI COMBATTONO, DOBBIAMO CONTRASTARLI CON FORZA”

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Fabio Cavalera per ‘Il Corriere della Sera’

 

ALISTAIR ADAMS - RITRATTO DI TONY BLAIRALISTAIR ADAMS - RITRATTO DI TONY BLAIR

Alle armi. «Laddove gli estremisti islamici combattono, noi dobbiamo contrastarli con durezza e con forza». Tony Blair si rimette in marcia e chiama l’Occidente alla mobilitazione contro i terroristi che minacciano l’Iraq e proclamano di volere occupare Bagdad.

Non è un leader da capriole politiche, l’ex inquilino laburista di Downing Street, specie quando di mezzo c’è l’interesse «di tutti noi» a spegnere le velleità e i disegni di chi pianificò e realizzò l’11 Settembre alle Torri Gemelli. I suoi compagni di partito, gli stessi laburisti, sono spiazzati e fra loro c’è chi (Clare Short, ex deputata e ministro proprio del governo Blair) l’accusa di usare un linguaggio da «neoconservatore americano». Ma Tony Blair incalza. 

 

«L’ideologia che stava dietro a quell’attacco non è scomparsa». I gruppi della jihad non si sono arresi. Dunque, spiega Blair, «la nostra battaglia non è finita». Vanno fermati. E qualsiasi opzione «dagli attacchi aerei all’utilizzo dei droni» (comunque senza un intervento diretto di truppe) è preferibile all’immobilismo.

Pende sulla testa dell’ex premier britannico la relazione finale, con pubblicazione dei documenti, della commissione Chilcot che ha indagato per lungo tempo sulle ragioni che determinarono Londra ad affiancare l’America di George Bush nella guerra contro Saddam nel 2003 e sulle bugie allora utilizzate per giustificarla. 

DAVID LETTERMAN E TONY BLAIR DAVID LETTERMAN E TONY BLAIR

 

Il via libera al rapporto è stato dato e conterrà, probabilmente dopo l’estate, una censura forte nei confronti di chi sposò la linea della Casa Bianca. Ma Tony Blair, allora come oggi, ha sempre difeso e con passione la sua condotta. Fu giusto nel 2003 andare in Iraq e cacciare Saddam. Ed è altrettanto giusto adesso bloccare i jihadisti dell’Isis.

Prima dal suo sito Internet (tonyblairoffice.org ) poi chiamando le telecamere della Bbc e di altre emittenti, Tony Blair allontana le suggestioni di un ripensamento e di un’autocritica sull’alleanza del 2003 con gli Stati Uniti. E se a quei tempi, pur a malincuore come ha sempre sostenuto, fu convinto da George Bush alla mobilitazione militare anche ora, e con maggiore e piena convinzione, ritiene che le parole di condanna non bastino. «L’Iraq è in pericolo mortale. 

 

Il fisico di Blair che attrae Miss Deng Il fisico di Blair che attrae Miss Deng

L’intero Medio Oriente è sotto minaccia». Liberiamoci dall’idea, scrive Blair, che questa precarietà e questa minaccia siano state create «da noi», dall’Occidente. «Non è vero. Possiamo discutere se l’azione o l’inazione siano state o siano la migliore politica. Ma la causa fondamentale della crisi è nella regione, non fuori».

C’è chi sostiene che rimuovere Saddam sia stato un errore e che la sua destituzione abbia contribuito a destabilizzare l’area. «Una posizione bizzarra». Saddam aveva in passato fatto uso di armi chimiche contro il suo popolo, «se ne era poi sbarazzato ma manteneva intatta la capacità di produrle»: siamo sicuri che lasciandolo al potere non le avrebbe di nuovo riportate in produzione? Nessun passo indietro: intervenire in Iraq fu la corretta soluzione.

SADDAM HUSSEINSADDAM HUSSEIN

La situazione è oggi a un punto di svolta. Il Medio Oriente è «in un’ampia, lunga e ora agonizzante transizione». L’instabilità è dovuta a un mix di fattori endogeni: «istituzioni deboli, governi oppressivi, abuso della religione». 

 

Le «cosiddette primavere arabe» sono state una rivoluzione ma una rivoluzione, dice Blair, che ha tolto il tappo alle tensioni etniche, tribali, religiose e che non ha dato risposta alla domanda di lavoro delle nuove generazioni. Per cui la ricostruzione dei Paesi interessati ai cambiamenti sta diventando un sfida difficile, anche perché, in un quadro di grande confusione riemergono gli estremismi con le stesse ideologie dell’11 settembre 2001.

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Il «che fare» è un tema sensibile. Gli avvenimenti dell’Iraq di questi giorni sono la spia della pericolosa degenerazione. «Piaccia o no», l’Occidente non può stare a guardare: l’attacco militare ai jihadisti è nell’interesse di tutti, «mettiamo da parte le differenze del passato e operiamo per salvare il futuro», nell’indifferenza vince il terrorismo. È l’ultima lezione del laburista scomodo Tony Blair, non più amato in patria, specie dai suoi ex amici di partito. È ancora in trincea. 

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