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MARIA ELENA BOSCHI E IL REFERENDUM
Maurizio Giannattasio e Andrea Senesi per il “Corriere della Sera”
Feste contrapposte sul referendum. Il sì appassionato e convinto di Maria Elena Boschi alla Festa dell' Unità di Milano, culla del renzismo nazionale: «Siamo tutti madri e padri costituenti perché non stiamo decidendo il futuro del governo o del Pd ma il futuro dell' Italia». Alla quindicina di persone che l' hanno contestata ha risposto a brutto muso: «Non abbiamo paura della piazza perché siamo in tanti.
Non è un voto su di me ma su un Paese che ha voglia di dire sì al cambiamento. E non abbiamo paura a entrare nel merito. Sfido chiunque a trovare una virgola della legge dove si toccano i poteri del presidente de Consiglio». In cauda venenum : «Altre riforme del passato lo prevedevano».
Cambio di scena. Festa del Fatto Quotidiano a Pietrasanta. Il no provocatorio e deciso del professore di diritto costituzionale, Gustavo Zagrebelsky a confronto con il ministro Orlando: «Se passerà il sì smetterò di insegnare perché non ho capito quasi nulla di come possa funzionare questa riforma e non potrei spiegarlo ai miei studenti». Al ministro che ha obiettato che anche Ingrao e Berlinguer volevano una sola Camera e nessuno li ha mai accusati di voler profanare la democrazia, il professore ha ribattuto: «Per loro il centro era il Parlamento, voi creerete un piccolo aborto».
Ma il referendum serve anche per fare i conti nel centrodestra. «Credo - dice il governatore della Liguria, Giovanni Toti a margine del campus dei giovani forzisti - che il centrodestra debba cogliere la campagna referendaria per candidarsi alla guida del Paese. Per farlo, si deve partire dalla piattaforma politica che il centrodestra già ha». E dagli uomini e donne «che si sono spaccati la schiena sotto i gazebo». Ogni riferimento a Stefano Parisi è puramente voluto.
Questo per quanto riguarda Forza Italia. Per la Lega ci pensa Umberto Bossi a mettere il carico da novanta. «Se vince il referendum ci sarà da ciapà el fusil », prendere il fucile come vent' anni fa contro il centralismo romano quando le pallottole costavano 300 lire. Solo che nel mirino questa volta finiscono anche i suoi due compagni dei tempi passati: Matteo Salvini e Roberto Maroni.
«Hanno sbagliato la rotta tutti e due. Soprattutto Salvini che ha portato la Lega al Sud ma ha già dimostrato che il Sud non ti porta voti e perdi i voti del Nord».
Chi pensava di poter abbassare i toni sulla sfida del referendum dovrà riflettere. Perché il tema è al centro delle lotte e dei riposizionamenti all' interno di ogni formazione politica.
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