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Piero Colaprico per “la Repubblica”
Lo «scandalo-Ruby» torna ad incombere su Silvio Berlusconi. Ieri la Corte d’appello di Milano ha depositato in 127 pagine le motivazioni delle condanne, con uno sconto di pena, per Emilio Fede (4 anni e 10 mesi), Lele Mora (poco più di 6 anni) e l’ex consigliere regionale di Forza Italia Nicole Minetti (3 anni).
Per la quarta volta una sentenza — compresa quella che a sorpresa aveva assolto in appello lo stesso Berlusconi, con le successive clamorose dimissioni del giudice Enrico Tranfa — dice chiaro e tondo che molte invitate alle pornonotti di Arcore hanno giurato e raccontato il falso in tribunale. Una terza inchiesta, il Ruby-ter, è in corso. Per i giudici è «inequivoco e incontestato» anche il pagamento di Ruby: e cioè che la ragazza «ricevesse soldi da Berlusconi, prima in corrispettivo delle prestazioni ottenute, poi per comperare il suo silenzio».
PRESTAZIONI RETRIBUITE
È ormai passato molto tempo dallo scandalo, diventato pubblico nell’ottobre del 2010, sui rapporti tra Berlusconi e Karima El Mahoroug, detta Ruby, allora diciassettenne, definita anche da questa corte «una che a Milano si prostituiva». Bisogna ricordare che il fronte degli imputati nel processo d’appello s’è rotto. Lele Mora, ex agente dei vip, ha infatti ammesso «in più occasioni» di aver violato la «normativa in tema di prostituzione (...) precisando che la sua disponibilità a contattare e a condurre ad Arcore giovani prostitute derivava dall’esigenza di dover restare persona gradita al premier».
Gli altri continuano a proclamarsi innocenti? «L’intento di Fede — scrive la corte presieduta da Arturo Soprano — era quello di condurre presso il Presidente ragazze sempre nuove e belle, nella volontà di creare le condizioni favorevoli perché le stesse si concedessero, chi più chi meno». Una volta che le ragazze entravano in un «ambiente ammiccante », si sentivano proporre «aiuti o lavori». E «non sussisterebbe nessun problema di rilevanza penale, se Berlusconi fosse stato solo un generoso e disinteressato magnate pronto ad aiutare le giovani in difficoltà». Invece l’aiuto del miliardario e politico «era finalizzato ad ottenere in cambio prestazioni sessuali».
MINETTI FEDE MORA BERLUSCONI RUBY BUNGA
TARIFFARIO
Esiste un tariffario del bunga bunga: Berlusconi «mi ha abbassato di mille euro, cavolo»; «dai, che tirchieria»; «deve solo sganciare », si sente dire tra le ragazze, in numerose telefonate intercettate. I giudici scrivono che «elementi di prova assolutamente compatti e univoci» confermano il «carattere remunerativo delle prestazioni offerte dalle ospiti a Berlusconi».
E che è provato e stra-provato l’affannarsi di Fede, Mora e Minetti per favorire quello che il pm Antonio Sangermano definì «il sistema prostitutivo di Arcore». Molte invitate alle notti di sesso — attenzione a questo passaggio — «lavoravano a Mediaset, direttamente con Fede»: «Con questo non si vuol dire — precisa la Corte — che chi lavorasse a Mediaset automaticamente si prostituiva per Berlusconi; ma che chi, lavorando a Mediaset, partecipava anche alle serate, era favorito nei contatti» grazie al direttore del Tg4.
BERLUSCONI BUNGA BUNGA SULLA BILD
SOLDI A UNA GIORNALISTA
A scandalo scoppiato, avvennero alcuni episodi che — lo si saprà alla fine di questo mese — possono trascinare Berlusconi sul banco degli imputati. I giudici li segnalano. Uno riguarda la riunione che si tenne ad Arcore il 15 gennaio 2011, alla presenza del tandem legale Ghedini-Longo. Erano presenti numerose invitate ai «party selvaggi» (definizione dell’ambasciata americana) dell’allora premier.
E quell’ «incontro non può essere qualificato come atto d’investigazione privata », afferma la corte. Poco dopo, una quarantina di ragazze cominciarono a ricevere dall’entourage di Berlusconi uno stipendio mensile, di almeno 2mila e 500 euro. «Sono state danneggiate, non lavorano più», è stata la spiegazione. Eppure c’è «una ragazza, Silvia Trevaini, che ha ricevuto — sottolinea la corte — la somma mensile, pur non essendo mai stata indicata come partecipe alle serate, né avendo mai perso il lavoro a Mediaset», dove è assunta come giornalista. Qual è la logica per pagare le testimoni?
INTERROGATORIO SEGRETO
bunga bunga tutti da lele mora
Su un solo avvocato i giudici puntano con severità il dito, addebitandogli «la configurabilità del reato di rivelazione di segreti inerenti un procedimento penale ». Si chiama Luca Giuliante, è lui che tra il 6 e il 7 ottobre 2010 interroga Ruby. L’interrogatorio — scrivono in sentenza —serve «ad assumere informazioni su quanto la ragazza aveva detto in sede d’interrogatorio ai pm, e cioè in aperta violazione ai divieti imposti». Lo fa, stando ai giudici, per «consentire al reale interessato all’attività investigativa, Silvio Berlusconi, di valutare come impostare la propria attività difensiva». In quei giorni, gli habitué di Arcore sanno di essere (parola loro) «sputtanati» e Ruby, a suo dire, viene rassicurata da Berlusconi, che può «proteggerla », e pagarla.
Una ricostruzione chiara, quella offerta dai giudici, che «risulta del tutto opinabile» all’avvocato Federico Cecconi, attuale difensore di Berlusconi: «In particolar modo laddove ricostruisce in termini di illiceità gli aiuti economici offerti dal dottor Berlusconi, non c’è nulla di illecito». Lo ribadisce in previsione del Ruby Ter, e non solo: l’assoluzione di Berlusconi in appello è stata raggiunta dal durissimo ricorso della procura generale, che riteneva provata tanto la prostituzione minorile sia la concussione (la telefonata in questura per allontanare velocemente Ruby dagli investigatori). La Cassazione, in estate, dovrebbe dire se sarà celebrato un nuovo processo Ruby-Silvio.
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