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Francesco Bonazzi per Dagospia
Sul Senato non indietreggia di un passo, Matteo Renzi, e usa ancora parole roboanti, ma intanto apre ancora a modifiche sulla legge elettorale, che è il vero boccone grosso nascosto dietro il paravento della riforma del Senato.
Pittibimbo tira fuori dalla naftalina lo strumento della newsletter di Palazzo Chigi per dire a voce alta che lui “non lascia il futuro ai rassegnati”, perché “questa è la volta buona, costi quel che costi”. Insomma, tra un ostruzionismo e una contestazione, Renzie vuole comunque portare a casa la riforma del Senato in chiave non più elettiva, “nonostante le urla e gli insulti di queste ore”. Come si vede, gli slogan buoni per i titoli non mancano anche questa volta.
matteo renzi maria elena boschi
Ma fa ancora una volta il gradasso, come dicono i suoi detrattori, oppure ce la farà a centrare il risultato di Palazzo Madama entro agosto? Un modo per capire quanto ci creda davvero il diretto interessato è la sua improvvisa faccia dialogante sull’Italicum, con tutti i rischi che questo comporta in termini di tenuta del patto con Berlusconi Silvio.
Sulla legge elettorale, Renzie ricorda che il modello prescelto è quello della legge dei sindaci, con un vincitore “chiaro e certo” e con lo strumento del ballottaggio. Ma anticipa che “la legge, al Senato, sarà cambiata”.
Il nodo è sempre quello delle preferenze, chieste a gran voce dalle opposizioni – Cinque Stelle su tutti – e dai partiti minori (Ncd compreso), ma anche possibile clausola di sicurezza in chiave di costituzionalità, specie dopo la sentenza della Consulta che ha fatto a pezzi il “Porcellum”. Le diplomazie di Pd e Forza Italia stanno probabilmente studiando un modo di reintrodurle almeno in parte, senza intaccare troppo il potere delle segreterie di scegliere la maggioranza dei prossimi deputati.
Al Senato, intanto, va in scena un’altra giornata di scontri campali. Per discutere del “canguro”, il sistema per eliminare in un colpo solo tutti gli emendamenti in simil-fotocopia, oggi sono andate via tre ore. Alla fine, la giunta per il regolamento di Palazzo Madama ha deciso che ieri Piero Grasso aveva ragione ad adoperarlo anche per una legge costituzionale.
Sul fronte dei partiti non si raffredda lo scontro tra Pd e quel che resta di Sel. Dopo le parole di ieri di Luca Lotti, sottosegretario e renziano del “giglio magico”, il partito di Nichi Vendola raccoglie la sfida sulle alleanze locali e annuncia che ci saranno “conseguenze inevitabili”. Mentre il Movimento Cinque Stelle prepara una nuova forma di “Aventino” e, in attesa di dare spettacolo, ricorre all’ostruzionismo.
Altro segno di massima tensione – e di debolezza del governo – il fatto che l’esecutivo abbia dovuto annunciare la necessità di ricorrere al voto di fiducia alla Camera per trasformare in legge la riforma Madia della Pubblica Amministrazione. Una delle poche cose concrete fatte finora.
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