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Francesco Bonazzi per Dagospia
"E adesso anche Matteo, fin qui bravissimo a parole, dovra' tirare fuori il quid". La battutaccia del dalemiano (non troppo) pentito si riferisce al pomeriggio di fuoco che aspetta Renzie. Sabato, intorno alle cinque, il segretario del Pd incontrera' finalmente Silvio Berlusconi per discutere della legge elettorale. E oltre a non farsi fregare dal Cav, com'e' invece avvenuto puntualmente ai suoi predecessori, dovra' portare a casa un risultato.
Quale? La risposta e' contenuta in uno degli annunci meno roboanti che il Rottam'attore ha fatto alla direzione del partito: un sistema elettorale che abbia una chiara ed efficace clausola maggioritaria. Come si vede e' un obiettivo minimo e che gli lascia buoni margini di trattativa con il capo di Farsa Italia. Tuttavia, sabato sera le chiacchiere staranno a zero, come si dice a Roma: nessuna acrobazia di marketing o linguistica salvera' il sindachino da un eventuale sconfitta al tavolo da gioco con Papi Silvio.
L'agenda di Renzie e' comunque incalzante: sabato il Banana in un incontro stra-pubblico sul quale ha fatto bene a tener duro; domenica nessun meeting perche' Grillomao e Sega Nord hanno rifiutato il confronto; lunedì' ancora direzione del Pd con voto. A quel punto giro finale con Mister 5% Alfano (cosi' dicono i sondaggi) e poi si comincia alla Camera.
Rischio di proporzionalisti piddini che colpiscano con l'arma del voto segreto? Renzi e' convinto che non succedera', ma se accadesse e' pronto a cavalcare lo scandalo come se fosse un remake della mancata autorizzazione a procedere per Craxi. Il Rottam'attore e' infatti convinto che il clima di "anti-politica" sia lo stesso del ' 93 e che chi votera' contro alla "sua" riforma fara' la figura dello strenuo difensore della propria meschina poltrona.
E a proposito di poltrone, eccoci al tormento del rimpastino-rimpastone. Il capo dello Stato lo vuole, ma teme i rischi di imboscate parlamentari su un "Mezze Intese-bis". Il suo fedele sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Lettanipote, e' tornato dal Messico parecchio scocciato e fosse per lui cambierebbe almeno 5 ministri, ma vuole coinvolgere Renzie (cosi' magari la smette di stargli cosi' addosso). Il segretario del Pd pero' non intende cascare nella trappola dell'inclusione, ma ora almeno concede che non si deve trattare di un semplice rimpastino.
Al reparto slogan, infine, come sempre in vantaggio il solito Renzie: "Veniamo da 10 mesi di fallimenti" e "Capire l'urgenza del cambiamento o verremo spazzati via". Se al posto di un partito avesse in mano un blog, sarebbe una scheggia.
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