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Mara Chiarelli per "la Repubblica"
Il silenzio di Gianpaolo Tarantini sul giro di escort "animatrici" delle feste in casa Berlusconi sarebbe stato comprato dal Cavaliere, in concorso con l´ex direttore de L´Avanti, il latitante Valter Lavitola. La circostanza già emersa nei mesi scorsi diventa ora atto giudiziario, contenuto nell´ordinanza di 43 pagine, con cui i giudici del riesame di Bari dicono "no" alla revoca della misura cautelare per Lavitola. E si va verso l´iscrizione dell´ex premier nel registro degli indagati della Procura di Bari, con la stessa accusa contestata a Lavitola, e cioè il 377 bis del codice penale: «Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all´autorità giudiziaria».
Per i magistrati baresi, che concordano con i colleghi della Procura partenopea, l´ex premier non sarebbe affatto vittima di un´estorsione, ma complice di Valter Lavitola nel tentativo di impedire, con un "regalo" di 500 mila euro, che l´imprenditore raccontasse agli inquirenti di quelle 30 giovani ragazze, portate tra settembre 2008 e maggio 2009 nelle sue residenze private. Lo stesso Berlusconi, in una dichiarazione finita agli atti, avrebbe ammesso di aver dato quel denaro a Lavitola perché lo consegnasse a Tarantini e di aver poi convocato entrambi, quando si accorse che la valigetta consegnata al faccendiere non era arrivata a destinazione.
A Palazzo di giustizia di Bari sull´iscrizione del Cavaliere c´è il più stretto riserbo, ma c´è anche chi tra gli inquirenti, in via informale, commenta: «Mi stupirei se non fosse indagato». Nell´ordinanza zeppa di motivazioni tecniche al rigetto della revoca dell´ordine di arresto, i giudici del riesame di Bari non tralasciano un richiamo alla procura, che nella gestione del fascicolo Lavitola avrebbe mantenuto un «atteggiamento ondivago».
La bacchettata sarebbe destinata al titolare del fascicolo, il procuratore aggiunto Pasquale Drago che inizialmente non aveva sposato la tesi dei giudici del riesame di Napoli, sostenendo che non ci fossero gravi indizi a carico dell´ex direttore, e chiedendo di conseguenza al gip la revoca della misura cautelare emessa dai colleghi partenopei. Di parere contrario, invece, il gip Sergio Di Paola che aveva condiviso in pieno l´iniziale punto di vista, e cioè la trasformazione dell´accusa di estorsione contestata a Lavitola in induzione a rendere dichiarazioni mendaci ai pm baresi che indagavano sulle 30 escort.
Per il giudice, che aveva poi di fatto costretto Drago a richiedere l´arresto di Lavitola, non era vero quanto dichiarato da Tarantini, e cioè che il premier non sapesse che si trattava di prostitute. Tanto che in più intercettazioni si faceva riferimento alle buste che il premier consegnava alle ragazze. In sostanza, il reato si era consumato nel momento in cui Tarantini aveva mentito, proprio sulla base della promessa del denaro. A "convincerlo" sarebbe stata la coppia "Lavitola - Berlusconi".
Solo a quel punto, il procuratore aggiunto aveva presentato richiesta di misura cautelare, ottenuta l´indomani, poco prima che scadesse il termine ultimo per evitare che diventasse nullo il precedente provvedimento napoletano, e Lavitola, latitante a Panama, tornasse uomo libero. Su quella misura, un mese dopo, si erano trovati a discutere i giudici del riesame di Bari, che l´avevano ritenuta necessaria, sulla base di esigenze cautelari e di gravi indizi di colpevolezza.
Le motivazioni, contenute nell´ordinanza appena depositata, rappresentano ora il nuovo punto dal quale potrebbe ripartire il legale di Lavitola, l´avvocato Gaetano Balice, presentando ricorso in Cassazione. Nel frattempo, sarebbe ormai prossimo l´arrivo in territorio italiano dell´ex direttore de L´Avanti, che un mese fa aveva annunciato la sua intenzione di costituirsi e per il quale non è mai stata presentata richiesta di estradizione.
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