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1 - L'IRA DEL LEGHISTA E ORA IL GOVERNO È IN BILICO L'IRA LEGHISTA PER LO SCHIAFFO E ORA IL GOVERNO È IN BILICO
Roberto Scafuri per “il Giornale”
Si cela sempre l' eco di un paradosso, di un'iperbole, dello «spostamento in avanti» della comunicazione, nelle parole del ministro dell' Interno, Matteo Salvini. La ricerca di un «(dis)equilibrio più avanzato», si potrebbe dire; che poi significa anche far avanzare poco a poco il confine della percezione collettiva, del comune sentire. Era il meccanismo del primissimo Umberto Bossi, quello dei trecentomila bergamaschi con le pallottole in canna.
SALVINI MANGIA UN HAMBURGER A VILLA TAVERNA
Eppure il problema che si avverte negli ultimi giorni è come questo meccanismo possa reggere a lungo senza terremotare il governo, visto che chi parla (talora a vanvera) è pur sempre il titolare numero uno della Sicurezza nazionale, colui che dovrebbe farci dormire sonni quieti e invece viene ormai definito dagli oppositori «ministro della Paura» (per fortuna non del Terrore).
Il nervosismo sfociato nella bagarre in Aula ieri, nonché la vicenda della nave Diciotti - tra i contrasti con i colleghi Toninelli e Trenta, le fibrillazioni del Quirinale (a tarda sera Mattarella è intervenuto per chiedere lumi a Conte, sul perché la vicenda non si sbloccasse, facendo arrabbiare il leghista) - sono esempi lampanti di un meccanismo entrato in corto circuito. Solo che con il Quirinale non è il caso di alzare subito i toni.
casellati fico conte mattarella
Ci vuole pazienza e cautela. Il disappunto si limita così a un comunicato del Viminale dove si esprime «stupore» per la telefonata di Mattarella al premier. C'è insomma una parte del governo che sta cercando di «normalizzare» Salvini, contrastando nei fatti le sue azioni a tutto campo. Solo che il leader della Lega non sembra avere alcuna voglia di lasciarsi imbavagliare.
Lo si è visto ancora di più ieri, quando il ministro non ha autorizzato lo sbarco delle persone a bordo, chiedendo alla Procura di fare chiarezza sui fatti avvenuti sulla Vos Thalassa, la nave italiana che per prima ha soccorso i migranti, protagonisti poi di una specie di rivolta. Salvini, anche qui camminando sul filo della propaganda e di un diritto che non glielo consentirebbe, dichiarava la sua pazza voglia di veder «scendere in manette» i violenti.
sergio mattarella giuseppe conte
E, lesto di lingua come di cervello, preveniva le critiche: «Non faccio il giudice o il poliziotto, non ho interrogato nessuno, faccio il ministro e cerco di far rispettare l'ordine pubblico. Se ci sono violenti vanno in galera e non in albergo; se non ci sono, qualcuno ha mentito e pagherà le conseguenze». Linguaggio assai ruvido per le orecchie grilline, come le preoccupazioni della ministro della Difesa dimostrano.
Lo stesso si può dire del presidente della Camera, Roberto Fico, che cerca di riequilibrare la barca per quel che può, e conta, in virtù di un rinnovato rapporto con un Beppe Grillo sempre più agnostico sul futuro del governo.
Ma il superlavoro di mediazione che il premier-avvocato Conte ha dovuto svolgere tra gli «alleati» fa ben capire come la crisi di governo serpeggi ancora sottotraccia solo per la convergenza d'interessi che c'è tra lo stesso Salvini e Di Maio, impegnato a fare da pompiere verso le ali più indignate del Movimento. L'asse regge, a giudicare dal visibile contraccambio leghista sul dl Dignità e i vitalizi. Così che Salvini possa trastullarsi come gli pare sui suoi rapporti con la truppa grillina.
«Andiamo d'amore e d'accordo, non ho alcun problema con M5S... Con Toninelli siamo in continuo contatto, ci scambiamo messaggi, non vi dico quali: cose carine e riservate». Quadro talmente idilliaco da far venire in mente l'antico adagio parafrasato: amore batte dove il dente duole.
2 - SI APRE UNA FRATTURA ISTITUZIONALE E IL M5S SI SMARCA DALLA LEGA
Federico Capurso e Ugo Magri per “la Stampa”
«Facciamo almeno scendere a terra le donne e i bambini». È ormai sera quando il presidente del Consiglio Giuseppe Conte telefona al suo ministro dell' Interno, Matteo Salvini, per ottenere il via libera nei confronti delle tre donne e dei sei bambini presenti sulla Diciotti, la nave della guardia costiera bloccata dallo stesso Salvini al porto di Trapani da ieri mattina, con 67 migranti a bordo.
Il passo avanti è simbolico, ma decisivo per diverse ragioni. Prima fra tutte, per la difficile cura degli equilibri interni a Palazzo Chigi. Si è infatti alzata a livelli di guardia l' irritazione di alcuni ministri del M5S per l' atteggiamento con cui il leader della Lega, Matteo Salvini continua a trascinare l' intero governo (e l'attenzione mediatica) sul solco del suo aratro, «senza un coordinamento, né alcun rispetto per le competenze degli altri dicasteri».
Tanto da far sbottare, in mattinata, il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, che avrebbe dato ordine alla Diciotti di attraccare, comunicando solo a operazione conclusa a Salvini che le responsabilità sarebbero passate interamente al ministero dell'Interno. Ma una volta nel porto, la nave non ha avuto il consenso allo sbarco dei migranti da parte del Viminale.
L'INTERVENTO DEL QUIRINALE
Da qui lo stallo che ha spinto il Presidente della Repubblica a intervenire personalmente. E Mattarella lo ha fatto nella maniera più diretta, con una telefonata al presidente del Consiglio di cui il Colle, per carità di patria, non ha reso noto i contenuti; ma se ne possono intuire i presupposti: una nave militare italiana bloccata in un porto nazionale, le tensioni paralizzanti tra poteri dello stato, la totale contraddittorietà di direttive. Per farla breve, una confusione tale da mettere in allarme la massima carica della Repubblica che ne ha chiesto spiegazioni al presidente del Consiglio e, soprattutto, gli ha sollecitato uno sblocco immediato della situazione.
LA REAZIONE DI SALVINI
Salvini, messo alle strette dalle richieste del Colle e del premier, cede e annuncia: «Spero che in nottata ci sia lo sbarco» degli altri 58 migranti. Ai suoi confida, «non ho sentito addosso le pressioni», ma dal Viminale trapela «lo stupore per l' intervento del Quirinale e il rammarico per la decisione della Procura di Trapani di non arrestare nessuno».
Al centro delle rimostranze di Salvini c' è infatti il mancato arresto dei due migranti, il sudanese Ibrahim Bushara e del ghanese Hamid Ibrahim, indagati per concorso in violenza privata aggravata nei confronti del personale della nave Vos Thalassa, che li aveva salvati al largo delle coste libiche. È a causa di quelle minacce che si è reso necessario l' intervento della guardia costiera italiana e la conseguente presa in carico dei migranti sulla nave militare fino all' attracco nel porto di Trapani. Nel pensiero di Salvini resta lo scontento per il mancato arresto dei due «pur essendoci prove schiaccianti contro di loro». Per questo, di fronte alla prospettiva di una sconfitta politica, il leader della Lega è deluso: «L'unica cosa che provo in questo momento è amarezza e stupore».
IL SOLLIEVO DEI CINQUE STELLE
Il passo indietro di Salvini, più dell' imminente sblocco della situazione per i 67 migranti, fa tirare un sospiro di sollievo a Conte e agli uomini del Movimento. L' agitazione interna al gruppo parlamentare iniziava ad essere qualcosa di più di un fremito sottopelle. Quando proprio nel giorno dei loro festeggiamenti organizzati in piazza per l' approvazione del ricalcolo dei vitalizi, l' attenzione continuava ad essere catalizzata dall' alleato leghista e da quella che viene considerata, da una nutrita truppa di parlamentari, niente di più di una «politica migratoria rozza».
Proprio in questo caso, infatti, il blocco dello sbarco dei migranti nel porto di Trapani sarebbe arrivato, come ammesso dallo stesso Salvini, senza che venisse firmato alcun provvedimento. «Ma fino a prova contraria siamo in uno stato di diritto e un comportamento del genere non è immaginabile», sottolinea Gregorio De Falco, senatore del M5S ed ex comandante della guardia costiera. E poi, ragiona il deputato Davide Tripiedi, c'è una questione politica: «Tra la copia e l'originale, l' elettore sceglie sempre l' originale. E noi, anche se per una buona causa, stiamo correndo dietro alla Lega».
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