CHE FIGLIO DI PUTIN! BANDITO DALLA RUSSIA COME ‘INDESIDERABILE’ IL DECANO DEI GIORNALISTI USA: SCOPPIA UN NUOVO CASO DIPLOMATICO CON GLI STATI UNITI

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Anna Zafesova per "La Stampa"

Il clima sereno che sembrava essersi instaurato intorno alla Russia alla vigilia delle Olimpiadi, dopo che Vladimir Putin aveva ridato la libertà a diversi dissidenti, è stato rovinato da una ventata di gelo: David Satter, decano dei giornalisti americani a Mosca, è stato bandito dal Paese come «indesiderabile».

Il rinnovo del visto per il 66enne ex corrispondente del «Financial Times» e del «Wall Street Journal», oggi consulente di «Radio Free Europe», la storica emittente «anti-comunista» finanziata dal Congresso Usa, è stato annullato. Con tutte le conseguenze di uno scandalo diplomatico: l'ambasciatore americano Michael McFaul che protesta, il giornalista che rilascia interviste infuriate, le ong che esprimono preoccupazione per la libertà di stampa.

Un caso strano, anche perché privo di un casus belli apparente. Il veterano della sovietologia non era certo un amico di Putin, sul quale aveva scritto libri di fuoco tra cui uno che lo accusava di complicità nelle stragi attribuite al terrorismo ceceno. Ma nel corpo giornalistico occidentale a Mosca è difficile trovare simpatizzanti del regime. Inoltre, a quanto pare, le autorità russe avevano già promesso il rinnovo del visto a Satter, che era in possesso di un documento che lo dimostrava, ma è stato messo alla porta da un funzionario del consolato russo di Kiev che ha fatto riferimento alla volontà di «organi competenti».

A Mosca, mentre il ministero degli Esteri manteneva il silenzio, le autorità dell'immigrazione facevano sapere che in realtà l'americano era già stato condannato a novembre per non aver rispettato le scadenze del soggiorno in Russia. Satter smentisce tutto come «trucchi della burocrazia».

Per un giornalista espulso da Mosca, con l'eccezione di Luke Harding del «Guardian», bandito nel 2011, bisogna risalire alla guerra fredda. Resta da capire se un caso così clamoroso sia veramente il risultato di un disguido della tentacolare burocrazia russa. Già in altre occasioni i sottoposti di Putin avevano mostrano un certo grado di autonomia rispetto allo «zar buono».

Gioco delle parti, o eccesso di zelo, che i sistemi repressivi hanno nel Dna. O forse a qualcuno non è piaciuto il Putin conciliante e in vena di grazie olimpiche, e a tre settimane dalla partenza per Sochi, appuntamento di immagine internazionale al quale tiene tantissimo, il presidente russo si è trovato sul tavolo un nuovo dossier spinoso nelle sue relazioni con il mondo.

 

 

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