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1. IMMUNITÀ AI SENATORI ECCO LA PROVA CHE IL GOVERNO SAPEVA
Carlo Tecce per "il Fatto Quotidiano"
maria elena boschi e marianna madia
Stringe la sigaretta accesa con la mano destra, con la sinistra ne tira una seconda dal pacchetto: “Calma, non manca il tempo”, dice Roberto Calderoli. Tra un’ora e mezza la Commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama verrà inondata da emendamenti di qualsiasi estrazione e tipologia: 581, scalpitano i Cinque Stelle e i democratici di maggioranza e di Chiti&Mineo.
Il relatore Calderoli, che fa coppia e sponda con Anna Finocchiaro, deve sbrogliare esigenze politiche e pressioni governative e deve, soprattutto, osservare il destino di un’immunità - Costituzione, articolo 68 - applicata ai futuri senatori non eletti, delegazione di consiglieri regionali, sindaci e nominati: niente arresti, niente intercettazioni, niente perquisizioni. Come i colleghi di Montecitorio, i deputati. Il paravento per i prossimi senatori resiste, ma ancora non s’è capito chi l’ha messo, chi l’ha voluto e chi, sornione, non lo vuole rimuovere: “Per me, chi deve finire in galera non deve aspettare”.
maria elena boschi e napolitano
Il leghista Calderoli, politico tattico e autore di “porcate” per sua stessa ammissione (la legge elettorale), non vuole passare per il vigile distratto o per il protettore di una nuova casta: “Io posso giurare, e adesso le prendo le prove, che giovedì 19 giugno – l’orologio segnava le 19:30 – dal ministero di Maria Elena Boschi, per la seconda e definitiva volta, ci arriva un documento con l’approvazione di quel contestato, e giustamente, articolo 68”.
Ma non l’avete chiesto voi, Calderoli&Finocchiaro? “Noi ci siamo posti il problema. All’inizio, non ce n’era bisogno perché Palazzo Madama diventava un guscio vuoto, adesso abbiamo ripristinato dei poteri legislativi, di controllo e di garanzia e abbiamo riformulato la domanda”.
Quale e come? “Caro governo, cara ministro, l’immunità va estesa ai senatori? Noi pensavamo di coinvolgere la Consulta, un arbitro imparziale e competente”. E invece? “Non ci hanno seguito, non ci hanno risposto, anzi posso dire che lo stesso Pd ha compulsato la commissione per introdurre e confermare l’immunità”.
Il primo commento di Maria Elena Boschi bandiva le libere interpretazioni: “La proposta del governo non prevedeva l’immunità per i senatori, non per una facile risposta al giustizialismo, ma per una valutazione di merito: non ci sembrava giusto dare una tutela ad alcuni consiglieri regionali nominati senatori e non agli altri”.
Calderoli, come risponde? Il leghista scatta in piedi e va verso la scrivania ricoperta di faldoni e adornata da vignette che lo ritraggono ora a Pontida con la spada e ora con Berlusconi al guinzaglio: “Guardi qui, questo è il testo – che trovate in pagina, ndr – che ci è stato spedito dal ministero della Boschi. In rosso ci sono le ultime nostre modifiche. E come vede, le correzioni, che il dicastero fa in verde, non ci sono. Ecco, prendiamo un altro articolo a caso, il 55, e troviamo le puntualizzazioni in verde”. Cosa vuol dire? “La Boschi sapeva, poteva correggere subito, se riteneva. Di più: ha avuto due occasioni per farlo. E forse doveva anche coordinarsi meglio con la segreteria del Nazareno”.
E se la Boschi la smentisce, fa una brutta figura: ne è consapevole, Calderoli? “Questo che le faccio vedere è il contenuto di una doppia email arrivata in commissione. Ci sono le tracce, e non si possono cancellare”.
Il governo sostiene che l’immunità non è un capitolo dirimente, ma sarà eliminata? “Vediamo, io non ci capisco più nulla, da Forza Italia a Nuovo Centro Destra, passando per il governo, tutti cambiano versione. Soltanto io e Anna stiamo seguendo le indicazioni iniziali”. Ma voi leghisti non siete al governo. “Appunto, vede come sono ridotti”.
2. I CINQUESTELLE APRONO SULL’IMMUNITÀ: "AUSPICABILE"
Alessandro Trocino per il "Corriere della Sera"
La smentita arriva solenne e indignata, richiesta dallo staff, e firmata da tutti i 17 eurodeputati a 5 Stelle: mai chieste le dimissioni di Claudio Messora. Smentita a una nota dell’agenzia Ansa che raccontava i malumori di diversi europarlamentari nei confronti del nuovo capo della Comunicazione. Ennesima grana di un Movimento che ha spostato il suo baricentro di insoddisfazione a Strasburgo. Qui il gruppo ha trovato casa in un’abitazione che non piace a tutti, il gruppo euroscettico Efdd di Nigel Farage.
Da ieri alla dizione Europa della Libertà e della Democrazia si è aggiunta, su pressione dei 5 Stelle, la parola «diretta». Per cercare di non dare un’immagine troppo estremista, gli eurodeputati italiani vorrebbero inoltre «spostarsi un po’ più a sinistra», per non finire all’estrema destra dell’Aula, dove stanno tradizionalmente i gruppi di questo orientamento.
L’Ansa aveva citato alcuni parlamentari europei che avevano chiesto «l’anonimato per timore di ritorsioni»: «Alcuni di noi sono già a rischio espulsione». Motivo del contendere, la gestione politica e amministrativa del gruppo: «Una parte degli eurostellati avrebbe chiesto a Milano la rimozione di Claudio Messora». Veemente la reazione dello staff. Sul blog appare una nota firmata da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che parla di «notizie inventate di sana pianta» e chiede di rivelare le fonti. Segue un’analoga nota firmata dai 17 parlamentari.
CASALEGGIO E GRILLO f afd a a f f d a ea
Che ci sia un’insoddisfazione a Strasburgo è vero. Personale nei confronti di Messora, accusato di essersi portato al seguito amici e fedelissimi. E politica, perché l’adesione al gruppo di Farage non è andata giù a tutti. Tanto che due deputati italiani, Christian Iannuzzi e Stefano Vignaroli, hanno incontrato in un ristorante vegano di Roma la co-presidente dei Verdi europei Rebecca Harms. Chiedendole lumi sul fallimento della trattativa. La Harms, spiega Iannuzzi, ha spiegato che è prassi per i nuovi partiti fare la prima mossa con i partiti già esistenti.
E ha spiegato che il no a Grillo è arrivato a un’offerta fatta quando era già chiara la preferenza per «il gruppo dei nazionalisti-xenofobi-omofobi». Il capogruppo grillino in Europa, Ignazio Corrao, sostiene con il sito Eunews che «nessuno di noi vuole passare con i Verdi». Poi aggiunge: «Per il momento questa è la nostra collocazione ma niente è per sempre: o ci muoviamo tutti e 17 insieme o non ci muoviamo».
Se in Europa c’è tensione, a Bologna, il consigliere dell’Emilia-Romagna, Andrea Defranceschi viene riabilitato: la Corte dei Conti ha annullato le delibere con le contestazioni alle spese del gruppo. Grillo riaccoglie l’ex reprobo: «Finalmente c’è questa bella notizia».
In Parlamento, intanto, arrivano gli emendamenti a 5 Stelle al ddl sulle riforme: Senato eletto dai cittadini, diminuzione di deputati (a 315) e senatori (a 158) e riduzione delle indennità (sotto i 4 mila euro). E dopo il faccia a faccia con Renzi, spunta sul blog un post firmato dal professor Aldo Giannuli che apre a sorpresa sull’immunità.
Dopo una premessa doverosa sull’«uso ignobile fatto dello strumento, per coprire i latrocini», arriva l’ammissione («è auspicabile») della necessità di conservare l’immunità per arresto e carcerazione preventiva, affidandolo a un organo terzo, magari la Consulta. Niente di molto diverso da quanto proposto da Vannino Chiti e altri esponenti pd. È la posizione dei 5 Stelle quella di Giannuli? «Giannuli chi?», scherza Massimo Artini. Ma Riccardo Fraccaro apre: «Dipende, bisogna vedere se i senatori saranno elettivi o no. Comunque in Commissione ne stiamo discutendo, vedremo, può essere un’idea».
Fraccaro, poi, definisce «un bluff» il tetto agli stipendi chiesto per i funzionari del Parlamento. E fa arrabbiare Marina Sereni. Che lo ferma in Transatlantico: «Bluff? Ma che dici, mi sembra di parlare contro un muro. Ti darei una capocciata». Scherza, naturalmente, e i due si chiariscono. Ma resta il muro di diffidenza, nonostante le recenti aperture del Movimento.
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