IL CULO DELL’ASSASSINO - CHI HA UCCISO YARA GAMBIRASIO (NON È DETTO SIA BOSSETTI) È COMUNQUE RIUSCITO PER TRE ANNI E MEZZO A SFUGGIRE ALLA CATTURA ANCHE GRAZIE A CINQUE CLAMOROSI COLPI DI FORTUNA: DAL FULMINE ALLA NEVE FINO ALLO SCAMBIO DI PROVETTE

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Alessandro Dell’Orto per "Libero Quotidiano"

 

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Tre anni e mezzo. Tre anni e mezzo per arrivare al presunto killer di Yara Gambirasio che l’accusa identifica in Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, bergamasco, muratore, padre, figlio illegittimo di Giuseppe Guerinoni. Tre anni e mezzo e una domanda che rimbalza nella testa di chiunque abbia pianto anche solo una volta per la piccola Yara, sparita il 26 novembre 2010 davanti alla palestra di Brembate Sopra e ritrovata morta tre mesi dopo in un campo di Chignolo: perché così tanto tempo?

 

Non era possibile arrivare prima al bastardo che ha ucciso la ragazzina e che - al di là del fatto che sia davvero Bossetti o no - non è certo un genio del crimine capace di un delitto perfetto ma, piuttosto, un killer improvvisato? Già, improvvisato e anche molto fortunato.

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Perché tra errori e indecisioni iniziali di chi ha condotto le indagini, eventi strani e coincidenze, il presunto assassino di Yara (ma gli inquirenti seguirebbero anche la pista di un complice: per loro Bossetti sarebbe troppo gracile per rapire da solo un’atleta di 13 anni) è riuscito a sfuggire per tre anni e mezzo approfittando di una serie di condizioni uniche e imprevedibili. Tutte a sue favore. Eccole, le cinque fortune del presunto killer.

 

IL FULMINE

Una delle prime mosse degli investigatori dopo la sparizione di Yara è quella di monitorare le vie percorse dalla ragazzina prima di svanire nel nulla: per farlo recuperano i filmati dei circuiti di videosorveglianza della zona. A sorpresa, però, si accorgono che le telecamere poste all’esterno della palestra, quelle che avrebbero sicuramente ripreso il killer in azione, sono rotte. Inutilizzabili. Un fulmine durante un temporale estivo, quattro mesi prima, le ha messe fuori uso e da allora non sono più state sistemate.

 

L’ABBAGLIO FIKRI

yara gambirasioyara gambirasio

Il 4 dicembre 2010, poco più di una settimana dopo la scomparsa di Yara, i carabinieri raggiungono Mohamed Fikri, piastrellista marocchino che lavora al cantiere di Mapello dove si sono diretti i cani molecolari, sul traghetto salpato da Genova per Tangeri. E lo arrestano (dopo due giorni verrà rilasciato) con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere: una telefonata intercettata e tradotta male («Che Allah mi perdoni, non l’ho uccisa io» che poi, dopo altre 15 traduzioni, diventerà: «Facilitami in una partenza per il Marocco, mio Dio, mio Dio») fa pensare che stia scappando.

 

giuseppe guerinoni e massimo giuseppe bossettigiuseppe guerinoni e massimo giuseppe bossetti

Il fermo del marocchino (il caso in quel momento sembra risolto), inevitabilmente rallenta il resto delle indagini proprio in giorni tanto delicati che potrebbero fornire dettagli fondamentali. L’annuncio dell’operazione, inoltre, fa capire che i telefoni di molte persone vicine al cantiere di Mapello - o comunque dell’ambiente edilizio della zona - possono essere sotto intercettazione. E chi potrebbe tradirsi al cellulare sta

più attento.

 

bossetti arrestato bossetti arrestato

NEVE E GELO

Lunedì 29 novembre - tre giorni dopo l’uccisione di Yara Gambirasio - a Brembate Sopra e nei paesi vicini inizia a nevicare. Fa freddo. Le strade e i campi, poco alla volta, si imbiancano sempre più e la temperatura scende sotto zero. La neve caduta e non calpestata diventa ghiaccio e il risultato è che il cadavere di Yara, abbandonato tra le sterpaglie nel campo di Chignolo d’Isola, viene ricoperto e nascosto per molto tempo.

 

Impedendo così ai volontari delle ricerche (che hanno battuto anche quella zona) di vederlo e ai passanti (amanti del jogging o padroni che portano cani a passeggio) di sentire gli odori della decomposizione del corpo, conservato più a lungo e meglio sotto il ghiaccio.

 

LE PROVETTE

Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassino, è a un passo dall’essere identificato già due anni fa, quando Ester Arzuffi, la sua madre naturale, viene sottoposta all’esame del Dna con altre 531 donne della valle Seriana che potrebbero aver avuto rapporti con Giuseppe Guerinoni, l’autista di Gromo morto nel 1999.

la casa di massimo giuseppe bossettila casa di massimo giuseppe bossetti

 

Ma, probabilmente per uno scambio di provette, il campione della donna - così come gli altri - viene erroneamente controntato con il dna di Yara anziché con quello di “Ignoto 1” trovato sui leggins della ginnasta.

 

LA PATERNITÀ

Il presunto killer di Yara, sostengono gli inquirenti, quasi sicuramente non sapeva di essere figlio illegittimo di Ester Arzuffi e Giuseppe Guerinoni. Questa ipotesi può far pensare che fosse tranquillo. Anzi, ancora più tranquillo - negli ultimi mesi - dopo aver visto in quale direzioni stavano andando le indagini.

 

Se davvero colpevole, Bossetti si sarebbe convinto che la pista degli inquirenti era totalmente sbagliata e che dunque non sarebbero mai arrivati a lui. Condizione forte per continuare a fare una vita normale senza dare sospetti nè commettere passi falsi.