
SI ANNUNCIANO TEMPI SEMPRE PIU' DURI PER LA GIORGIA DEI DUE MONDI - AL SUMMIT DI LONDRA, STARMER E…
Lionel Barber e George Parker per “The Financial Times” pubblicato da “www.ilsole24ore.com”
David Cameron, secondo i suoi amici più intimi, non è «uno che pratica l'arte del ripensamento». E meno male, visto che ha messo in gioco il futuro del suo Paese nell'Unione Europea, l'unità del suo partito e la sua stessa carriera in un referendum dall'esito, ammette lui stesso, «molto incerto». «Nessuno sa che cosa succederà», dice sorseggiando caffè da una tazza con su scritto «In», nel suo studio di Downing Street. Ma ribadisce che l'esito del voto non lo tiene sveglio la notte.
«Confido di avere un'aria sveglia e dinamica», dice. «Mi sto dando tantissimo da fare». Cameron, senza la cravatta e con una leggera abbronzatura, ribadisce che non si pente di aver convocato il referendum sulla permanenza nell'Unione Europea nel 2013, anche se la verità è che a forzargli la mano furono i parlamentari tory, sempre più irrequieti per l'ascesa dello Ukip, il Partito per l'indipendenza del Regno Unito guidato da Nigel Farage.
OBAMA CAMERON HOLLANDE RENZI merkel12
«Alla fin fine, è una domanda che bisogna porsi, una domanda a cui bisogna dare una risposta», dice al Financial Times in un'intervista. «L'Europa è cambiata moltissimo dagli anni 70. Se non lo avessimo convocato adesso, avremmo comunque dovuto farlo in futuro».
Il primo ministro non si pente di non aver rimandato il momento del voto a una fase più avanzata del suo secondo mandato a Downing Street. «Volevo sbrigarmi a farlo perché ci sarebbero sempre state fibrillazioni per la Brexit», dice riferendosi all'incertezza economica sul risultato.
Cameron ribadisce che resterebbe al suo posto anche in caso di vittoria della Brexit, nonostante molti parlamentari conservatori condividano l'opinione di Ken Clarke, l'ex cancelliere dello scacchiere tory, che «non durerebbe 30 secondi» se il «Leave» dovesse prevalere nelle urne.
Il premier britannico dice che il risultato «è nelle mani del popolo», ma come prevedibile vuole concentrarsi su quello che succederà se dovesse vincere il «Remain», quando – spera - potrà riaffermare in tempi rapidi la sua autorità, sia a Westminster sia in Europa.
“L'Europa è cambiata moltissimo dagli anni 70. Se non avessimo convocato il referendum adesso, avremmo comunque dovuto farlo in futuro”
«Per quanto mi riguarda, questo referendum dovrebbe chiudere la questione», dice con un chiaro monito ai parlamentari conservatori euroscettici ad accettare il verdetto del popolo e non continuare a combattere la stessa guerra. «Sono convinto che sarà decisivo, in un modo o nell'altro.
La Gran Bretagna non vorrà ripetere un'esperienza simile. Per altro verso, se i favorevoli all'uscita dall'Unione dovessero prevalere, allora sì che sarebbe irreversibile». Se gli europeisti vinceranno, cercherà di rafforzare la sua posizione, scossa da mesi di guerre fratricide sull'Europa all'interno del Partito conservatore, con la promessa che si dimostrerà magnanimo nella vittoria.
«I partiti politici sono come una squadra, come una grande Chiesa», dice. «Devi mettere in campo i tuoi giocatori migliori, devi comporre le divisioni. È stata molto difficile e molto dura. Ma i referendum sono sempre difficili».
Ha una «strategia per le opportunità» – una serie di politiche per favorire la mobilità sociale – pronta da varare, e ha in cantiere un voto per rinnovare il programma di deterrenza nucleare Trident, che unirà il partito. Il suo messaggio ai parlamentari tory è: «Andiamo avanti».
Il prossimo martedì Cameron andrà anche a Bruxelles per un vertice Ue, per sviscerare il referendum. Sostiene che un voto pro-Europa lo farà uscire «rafforzato» sulla scena comunitaria, gli darà più influenza per promuovere le cose che interessano alla Gran Bretagna. Dice che si batterà per nuovi accordi commerciali e una nuova cooperazione nella lotta al terrorismo (il prossimo anno la Gran Bretagna ricoprirà la presidenza semestrale dell'Unione), oltre che per una riforma economica più ampia.
«Siamo noi i riformatori», dice. «Le riforme finiranno se ce ne andiamo, non solo per noi, ma anche per i nostri amici in Europa che vogliono che la nostra voce si faccia sentire». Se Cameron riuscirà a tenere la Gran Bretagna nell'Unione Europea, potrebbe comunque essere accolto con diffidenza a Bruxelles: qualcuno teme che altri Paesi possano chiedere a loro volta accordi speciali e organizzare a loro volta dei referendum. Se perderà, l'atmosfera sarà glaciale.
Il premier insiste che un voto per la Brexit non porterebbe a una dissoluzione dell'Unione Europea. «Non credo che se noi ce ne andassimo, improvvisamente la Danimarca o l'Olanda farebbero altrettanto», dice. Ma aggiunge: «Penso che una nostra uscita avrebbe un effetto enorme e negativo sul resto dell'Unione». Bruxelles risponderebbe spingendosi ancora più in là sulla strada dell'integrazione e diventando qualcosa di più simile a un «progetto politico». «Danneggerebbe non solo noi stessi, ma anche il tipo di Europa che vogliamo».
PANAMA PAPERS - PROTESTE A LONDRA CONTRO CAMERON
Ma un po' di colpa per il fatto che gli elettori britannici siano così poco convinti dei pregi di rimanere nell'Ue non è anche del primo ministro? Il suo recente entusiasmo per il progetto europeo non arriva un po' fuori tempo massimo?
A Bruxelles qualcuno avrebbe voluto che Cameron cominciasse a prendere di petto il problema prima. Martin Selmayr, capo di gabinetto del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, ha scherzato recentemente dicendo che con i suoi ultimi discorsi Cameron potrebbe «concorrere per il premio Carlo Magno».
Il suo euro-entusiasmo non arriva un po' tardi? «È una cosa che non accetto. La mia posizione direi che è sempre rimasta invariata, per tutta la mia vita politica. Ho sempre detto che il risultato migliore era che la Gran Bretagna continuasse a far parte di un'Unione Europea riformata.
Non c'è stata nessuna conversione in articulo mortis». Ma è disposto ad ammettere che la sua visione dell'Unione da quando è primo ministro sotto un aspetto è cambiata: ora si rende conto che l'idea che 28 Paesi lavorino insieme, per esempio imponendo sanzioni alla Russia, è un elemento importante della sicurezza della Gran Bretagna.
«La Nato è il pilastro della nostra sicurezza, ma l'Unione Europea gioca un ruolo sempre più importante e meritorio nello scambio di informazioni su terrorismo, criminali e frontiere», dice.
Detto questo, il primo ministro se ne va per un'ultima tornata di interviste e un estremo appello televisivo al popolo britannico, con dietro la porta del numero 10 di Downing Street, che è stata casa sua negli ultimi sei anni, ma potrebbe non rimanerlo a lungo. I collaboratori di Cameron ammettono di essere preoccupati, ma un suo alleato afferma che il primo ministro la spunterà: «La storia lo ricorderà come l'uomo che ha salvato l'economia dal baratro, ha tenuto la Scozia dentro il Regno Unito e il Regno Unito dentro l'Unione Europea. Aspettate e vedrete».
(Traduzione di Fabio Galimberti)
SI ANNUNCIANO TEMPI SEMPRE PIU' DURI PER LA GIORGIA DEI DUE MONDI - AL SUMMIT DI LONDRA, STARMER E…
IL CONVENTO DEGLI ANGELUCCI E’ RICCO MA PER I GIORNALISTI DEL “GIORNALE’’, "LIBERO” E “TEMPO” TIRA…
DAGOREPORT – IL "DIVIDE ET IMPERA" DEL TRUMPONE: TENTA DI SPACCARE IL RIAVVICINAMENTO TRA GRAN…
DAGOREPORT - ZELENSKY È CADUTO IN UN TRANELLO, STUDIATO A TAVOLINO: TRUMP E JD VANCE VOLEVANO…
DAGOREPORT – GENERALI DELLE MIE BRAME: L’AGO DELLA CONTESA POTREBBE ESSERE ANDREA ORCEL, BANCHIERE…
DAGOREPORT - ALLA VENERANDA ETÀ DI 81 ANNI, VITTORIO FELTRI ANCORA IGNORA CHE IL GALANTUOMO GODE E…