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Giacomo Leso per "l'Espresso"
Che gli amici di oggi siano tutti potenziali nemici domani, è un concetto già esplorato nel Conte di Montecristo di Alexandre Dumas padre ma ancora terribilmente attuale. Scritta nel 1845, la frase descrive la Francia di oggi e la delicata situazione in cui si trova, da due settimane, il suo presidente Nicolas Sarkozy. Uno dei suoi uomini più fidati rischia la metamorfosi nel più temibile dei suoi nemici e non perché lo voglia, ma perché potrebbe costringerlo una donna giudice incaricata di un'indagine che lambisce l'Eliseo e mette in discussione la credibilità del suo inquilino.
L'uomo in questione è l'alto funzionario più curioso di Francia: una memoria di ferro, spirito tattico, strategie raffinate. Di lavoro fa il capo dei "reinseignements", cioè della direzione centrale dell'intelligence francese. Si chiama Bernard Squarcini, ha 55 anni, una moglie simpatica e ottima cuoca, due figli che sono la sua gioia. è còrso, anche se nato a Rabat in Marocco. E come molti còrsi ha degli avi sulle parti opposte della barricata: secondini e piccoli delinquenti, nonno pastore, padre poliziotto.
Ancora oggi che è tra le persone più potenti di Francia non manca mai a un matrimonio sull'isola, invia messaggi in occasione dei funerali. Va in vacanza nel suo paesino, Cuttoli, nel sud della Corsica, invita i suoi colleghi europei a parlare di sicurezza ad Ajaccio o Porto Vecchio. Come Dylan Dog ama costruire barche in miniatura. I poliziotti lo chiamano "lo Squalo". Uno squalo colpito adesso da un arpione lanciato dal giudice istruttore Sylvia Zimmermann.
Sprezzante del pericolo e fiera del suo lavoro, il magistrato ha deciso di rinviare a giudizio quel capo dell'Fbi alla francese che mastica male l'inglese: lo accusa di aver spiato, nell'estate del 2010, contro ogni regola e logica democratica, due giornalisti del quotidiano "Le Monde" che si occupavano dello scandalo che fa tremare Nicolas Sarkozy e tutto l'entourage del presidente della République. Squarcini, secondo la sua giudice, avrebbe controllato le corrispondenze, raccolto illegalmente dati, violato il sacrosanto segreto delle fonti garantito dalla legge del 4 gennaio 2010.
L'affaire è quello della miliardaria Liliane Bettencourt, grande "patronne" dell'Oréal e generosa finanziatrice della politica che taglia le tasse ai ricchi e facilita gli affari alle imprese, cioè quella del presidente Sarkozy. Che avrebbe usato i soldi dell'ereditiera per finanziare la sua campagna presidenziale vincente del 2007 stando all indiscrezioni e qualche documento passato alla stampa. Già ma da chi? La superspia Squarcini si mette in caccia (tra l'altro lo sport venatorio è il suo preferito) contro il traditore. Trova il chiacchierone all'interno del gabinetto dell'ex ministro della Difesa Michelle Alliot-Marie.
à un tale che si chiama David Sénat, militanza nell'ultradestra cattolica e fotografia di Giovanni Paolo II sulla scrivania, autore anche di libri sulle mafie. Spiando il funzionario grazie ad alcuni indizi, sostiene Squarcini, è arrivato a scoprire che era davvero lui ad aver informato i cronisti di "Le Monde". E allora non sarebbe reato. Ma la giudice Zimmerman ha trovato le prove di un'altra versione dei fatti: al di fuori di ogni legalità , il capo dei servizi segreti, su un ordine generico del capo della polizia Frédéric Péchenard, ha chiesto e ottenuto dagli operatori telefonici quelle che in linguaggio da commissariato si chiamano le "fadettes", la distinta dettagliata delle chiamate effettuate e ricevute da alcuni giornalisti.
Dunque ecco il processo, il primo contro l'uomo che dall'estate del 2008 è a capo dei 2.922 agenti segreti francesi per volontà di Sarkozy.
E che però era già stato assai chiacchierato in passato senza che mai le voci di presunte malefatte si trasformassero in accuse formali. Erano noti i suoi legami con il clan dell'ex ministro dell'Interno Charles Pasqua, peraltro plurinquisito per vari reati (dal finanziamento illecito alla corruzione). Così come la terra d'origine lo ha costretto talvolta a venire a patti con quel sottobosco un po' malavitoso un po' politicizzato degli indipendentisti che ha tentato di inserire nel gioco istituzionale. Talvolta riuscendoci talvolta venendo tradito da "amici" che una volta sdoganati hanno di nuovo scelto malaffare e traffici illeciti.
L'aria un po' vintage, che la giornalista di "Le Monde" Ariane Chemin definisce "direttamente uscita da un film noir in bianco e nero", Bernard Squarcini costruisce la sua fama di esperto di antiterrorismo prima come commissario di polizia, poi nell'amata Corsica, e verso la fine degli anni Ottanta nei Paesi Baschi. Con la sua bonarietà , la sua perspicacia, il suo gusto non celato per la la manipolazione volontaria del suo interlocutore, riesce a ottenere eccellenti risultati.
Un tale personaggio, al tempo stesso spregiudicato e capace, non poteva sfuggire al periscopio di Nicolas Sarkozy diventato ministro dell'Interno, la poltrona che più gli servirà per spiccare il volo verso l'Eliseo. L'astro nascente Sarko lo apprezza soprattutto per una dote: riesce a sapere tutto quello che c'è da sapere prima di tutti grazie alla rete di informatori che si è costruito durante la sua carriera in giro per la Francia.
Nel 2003 il patto tra i due si consolida quando il ministro chiede al migliore dei suoi uomini di consegnargli su un piatto d'argento la testa dell'assassino del prefetto Claude Erignac, ammazzato ad Ajaccio cinque anni prima, un caso allora ancora irrisolto e che aveva profondamente toccato i francesi. E Squarcini lo accontenta arrestando il presunto responsabile, Yvan Colonna. Dirà : " Se non fossi stato còrso, se mio padre poliziotto non mi avesse spinto a conoscere l'indipendentismo e gli indipendentisti dell'isola, se mio nonno non mi avesse mostrato riti e manie dei pastori còrsi, non sarei arrivato all'arresto".
Sorridente e bon vivant, amante dei buoni vini, anche se costosi, ha dovuto rinunciare a parte dei piaceri della tavola in seguito a un infarto che lo ha costretto nel 2007 a una lunga riabilitazione a Marsiglia, città dove era nel frattempo diventato prefetto. à stata invece per lui l'ennesima occasione di trasformare un limite in un'opportunità . Suo vicino di cyclette nel centro di fisioterapia era infatti il presidente del consiglio generale marsigliese Bouches-du-Rhône, Jean-Noël Guerini, con cui diventerà grande amico.
Tanto amici, i due, da scambiarsi favori. Il politico ha assunto entrambi i figli del superpoliziotto. E Squarcini ha ricambiato avvertendo Guerini che era stata aperta nei suoi confronti un'inchiesta per favoreggiamento, in un affaire di riciclaggio di denaro sporco nelle aziende locali di trattamento dell'immondizia: episodio per il quale non ha avuto conseguenze giudiziarie.
Risale al periodo della malattia anche una famosa e profetica telefonata di Nicolas Sarkozy ormai lanciato all'Eliseo: "Rimettiti in fretta, caro Bernard, avremo bisogno di te". E infatti nel 2008 è arrivata la nomina a numero uno dei servizi segreti di Francia, alla guida di quella Dcri (Direction centrale du renseignement intérieur) sorta dalla fusione di due apparati e che dispone, oltre che di uomini dislocati in ogni Paese, anche di un budget di 41 milioni di euro l'anno.
Subito Squarcini ha voluto segnare la distanza conYves Bertrand, lo 007 principe dell'era Chirac: "A differenza del mio predecessore io non tratto coi giornalisti, non chiedo nulla in cambio, informo e basta". In realtà , preferisce, anche adesso che è al centro del sistema di potere, conversare con i giornalisti di cronaca nera con cui può usare il linguaggio crudo dei commissariati.
Mentre evita i giornalisti politici che reputa più insidiosi. "Da quando è diventato capo dei servizi non ci sono più stati attentati", analizza una fonte: "Fino all'esplosione della bottiglia incendiaria della scorsa settimana nella redazione del settimanale satirico "Charlie Hebdo", si aveva l'impressione che tutto venisse disinnescato in anticipo".
Nessuno dubita delle sue eccellenti qualità professionali. à certo tuttavia che si è messo totalmente al servizio del suo mentore Sarkozy. "Anche troppo e andando oltre i limiti previsti dalla legge e dal buonsenso di una, seppur malata, democrazia occidentale", commenta il giornalista di "Mediapart" Fabrice Arfi. "Il capo del controspionaggio si trova a dover gestire anche i capricci del presidente".
A lui ormai è legato oltre che per la carriera anche per questa vicenda giudiziaria che potrebbe rilevarsi imbarazzante, a vario titolo, per entrambi. E proprio nel momento in cui si avvia una campagna elettorale in cui si prevedono molti colpi bassi. Anche più che in passato. Una campagna, non va dimenticato, cominciata con l'affare Dominique Strauss-Kahn.
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