VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
Giovanni Cerruti per "la Stampa"
Si, no, forse. Ma se non c'è il Cavaliere è meglio. Non ci sarà , e allora va bene, Lega e Pdl assieme, Roberto Maroni e Angelino Alfano, a metà pomeriggio, davanti a Pierluigi Bersani. «L'intesa tra noi c'è», ripete Maroni. E l'ha confermato, via telefono, anche a Bersani. Nessuno strappo, nessun «aiutino», neppure una divisioni di compiti.
Piuttosto, a Bersani, più che l'abbattimento dell'Irap o le voglie di Macroregione del Nord già anticipate al telefono, anche da Maroni arriverà quella richiesta che al momento pare impossibile: se il tuo governo vuol nascere cominciamo a ragionare su quel che più interessa al Cavaliere, l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
La Lega che non può evitare l'abbraccio, stretto e forte, del Pdl. «Maroni si sta comportando molto bene e continuerà a comportarsi bene con noi», dice Berlusconi a fine mattina. Aggiunge che la Lega andrà con lui, come l'altra settimana da Giorgio Napolitano, ad incontrare Bersani. Si scoprirà in serata che non è proprio così: mancherà il Cavaliere, come ha chiesto la Lega. «A Maroni e i suoi conviene stare con noi», è un altra frase di Berlusconi che viene riferita in Transatlantico a due deputati leghisti. Frase che non piace, che subito ricorda la minaccia di far saltare le giunte di Piemonte, Lombardia e Veneto in caso di tradimenti, o mosse non concordate.
Ma nè Maroni nè altri leghisti le avrebbero messe nel conto delle previsioni. Al contrario, quell'incontro in coppia con Bersani sta appunto a dimostrare che problemi nella Coalizione non ne esistono. A metà pomeriggio, in Transatlantico, un veloce incontro tra due varesini, il pd Daniele Marantelli e il capogruppo leghista Giancarlo Giorgetti, aveva allarmato i radar di chi cerca retroscena. Un incontro separato avrebbe certo avviato supposizioni sulla Lega che si distingue, tratta per conto proprio, ha le mani libere. Invece no. Anche volesse, con l'incubo di elezioni anticipate, resta prigioniera della Coalizione.
Alle otto di ieri sera, quando decolla da Milano Linate, Maroni vorrebbe tanto sapere come sta andando la direzione Pd. Ai suoi, e nelle telefonate in partenza da Montecitorio, hanno raccontato di malumori in corso, di un segretario messo sotto pressione da «renziani» e altri ancora, insomma da chi non prevede una buona sorte per il suo tentativo.
Non avrà molte conferme, al suo arrivo a Fiumicino, ma resta la convinzione che qualcosa si stia muovendo nel Pd, che non sia compatto. E che nemmeno lo scenario che prevede nuove elezioni a tempi brevissimi o brevi sia più realistico. E per la Lega «Bersani sta finendo la sua corsa».
Così, quando oggi lo vedranno a Montecitorio, più che le vaghe dichiarazioni all'uscita conterà quel che gli diranno davvero. E su questo tra Maroni e Alfano non ci saranno differenze. Nessuna speranza di governo Bersani se non si parte dalla questione Quirinale.
Che è quanto sta ripetendo in tutti i modi il Cavaliere. Se si trova quell'accordo - ma Bersani l'ha già stroncato - qualche speranza rimane. E magari, giovedì, il segretario Pd potrebbe salire al Colle con la promessa di un consistente "aiutino" al momento del voto al Senato, con leghisti e pdl pronti ad uscire dall'aula per abbassare il quorum.
Alle 9 Maroni e Alfano si vedranno alla Camera, ultimi dettagli prima dell'incontro con Bersani. Ma sa già , Alfano, e lo sa pure Bersani, che la Lega non si smuove, resta lì, e nemmeno una promessa di presidenza della Conferenza Stato-Regioni potrebbe incrinare la Coalizione Berlusconi-Maroni.
A meno che ci sia un accordo sul futuro Presidente della Repubblica, che metterebbe tranquillo il Cavaliere. Dopo, soltanto dopo la Lega potrebbe uscire dal quest'abbraccio che ha portato alla conquista della Lombardia e l'ha ridotta al 4% dei voti. Ma siamo ancora all'adesso. «Prima di giovedì, se Bersani non ha i voti, chi gli vuol bene lo fermi...».
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