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Fiorenza Sarzanini per "Corriere della Sera"
La linea di difesa è quella dell'attacco frontale contro i colleghi di partito. Così Franco Fiorito cerca di tirarsi fuori dall'inchiesta sulle ruberie da milioni di euro alla Regione Lazio. E di fronte ai magistrati che gli contestano il reato di peculato per aver usato a fini personali i fondi destinati al Pdl, afferma: «Se ho sbagliato pagherò per gli errori, ma io non ho rubato. I ladri sono altri».
Poi consegna due scatoloni di documenti su otto consiglieri del suo stesso partito e un memoriale che serve a rilanciare su di loro accuse pesantissime sulla destinazione del denaro. Ma punta anche ai vertici e quando parla del «sistema» che aveva fissato le regole per la spartizione dei fondi si concentra sul presidente del consiglio regionale Mario Abbruzzese, sul segretario Nazzareno Cecinelli e sulla stessa governatrice Renata Polverini.
Nel dossier che rischia di provocare conseguenze devastanti sulla Regione, sulla giunta e sull'intero consiglio regionale, Fiorito ha inserito lettere e mail ricevute dai consiglieri, richieste di soldi e raccomandazioni. E poi decine e decine di fatture che ha saldato quando era tesoriere e, dice adesso, «erano per la maggior parte false».
Con sé ha portato casse di documenti per giustificare le elargizioni a pioggia che secondo il suo legale Carlo Taormina «servivano a soddisfare gli appetiti di chi viveva in quel porcile». Spese folli con cene da migliaia di euro, viaggi e vacanze, compensi altissimi per assistenti personali, consulenti, portaborse.
Dunque, la strategia è chiara: tutti dentro per spartirsi le responsabilità . O più probabilmente per consumare l'ultimo atto di una faida interna che va avanti da mesi. Non a caso prima di sedersi davanti ai magistrati l'ex capogruppo alla Pisana rilascia dichiarazioni pubbliche che suonano come un avvertimento a tutti i componenti del Consiglio regionale. E si concentra sui «nemici» interni al Pdl - il suo successore Francesco Battistoni; il presidente della Commissione sviluppo economico, innovazione, ricerca e turismo Giancarlo Miele; il vicepresidente della commissione Bilancio Andrea Bernaudo; il consigliere Carlo De Romanis - indicandoli come coloro che «davvero rubavano». Nomi che conferma, insieme ad altri, di fronte ai pm.
Quando alle 16 di ieri risponde all'interrogatorio del procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti, Fiorito però sa che deve difendersi. Spiegare perché ha dirottato oltre 800mila euro dai conti correnti del Pdl a quelli intestati a lui e ai suoi familiari. Ricostruire quei 109 bonifici a se stesso tutti per gli stessi importi: 4.180 euro oppure 8.360 euro. E soprattutto svelare che fine abbiano fatto gli altri soldi se è vero, come ha sostenuto Battistoni che dai depositi del gruppo consiliare sono spariti circa 6 milioni di euro.
Lo fa a suo modo, affermando che c'era «chi andava a donne e chi si faceva pagare le vacanze, chi organizzava festini e chi mangiava a sbafo, mentre io ho trasferito alcuni soldi sui miei conti perché pensavo fosse regolare e se ho sbagliato pagherò». Ma poi gli chiedono come ha vinto l'asta per l'assegnazione di una casa in affitto da 200 metri quadri a 4.000 euro al mese dell'Ipab in via Margutta - una delle strade più belle di Roma - e anche come ha acquistato gli altri immobili.
Lui ribadisce che tutto è stato regolare. Le sue parole certamente non serviranno a scagionarlo. Ma aprono scenari nuovi che rischiano di travolgere l'intero governo della Regione.
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