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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
Marco Marozzi per Repubblica
Cinquemila persone nel salone, un migliaio fuori. Dieci applausi. Davanti a un pubblico entusiasta Roberto Formigoni ha raccontato al Meeting di Cl la sua «purificazione». Parlando di terreno «terrorismo giudiziario». Citando a paladini il Padreterno, il Santo Padre, il padre di Cl.
Il Celeste fa cominciare la sua vicenda giudiziaria e politica sulle pagine di Repubblica
il 20 novembre 2011: «Abbattiamo il governo lombardo è stato il disegno». La fa finire nelle mani di Dio: «Hanno scritto che la sorte di Formigoni è appesa a un filo. Ma lor signori non sanno che il filo non dipende da loro. Dipende dal Padreterno».
«In questa esperienza forte e straordinaria», il Papa fa da intercessore: «Tre mesi fa Benedetto XVI a Milano mi guardò e mi disse: âPrego tutti i giorni per lei'. Sono uscito sconvolto e ho anche pianto». Al Pontefice si unisce il popolo. «Ho sempre sentito fisicamente le vostre preghiere» dice il memor domini alla sua platea. Le orazioni terrene si affiancano a quelle celestiali di don Luigi Giussani, il fondatore di Cl. «Ho percepito un vecchissimo amico che mi ha voluto bene in vita e ora in Paradiso si è dato da fare per me».
Alla domanda iniziale, «perché è accaduto a me?», Formigoni risponde, in conclusione:
«Forse mi capita perché il Signore vuole richiamarmi e devo vivere questa vicenda come spunto di purificazione». «Repubblica, Il Fatto Quotidiano, Grillo e Idv fanno terrorismo giudiziario» attacca. «Sono un braccio armato per destabilizzare il sistema politico italiano». Poi davanti alle telecamere del Fatto Quotidiano conferma: «Siete il braccio armato della dissoluzione dell'Italia. Le vostre parole sono peggio delle armi». Per fortuna che poco prima di entrare nell'auditorium si era scusato per i «miei toni, i limiti e le intemperanze».
La gente nel salone lo ha accolto con due minuti di applausi. «Viva», «Bravo Roberto». Lui sul palco si è alzato in piedi alzando le braccia all'ovazione. «La vacanza ai Caraibi l'ho pagata di tasca mia. Ma non è stata opportuna. Non lo rifarei». Subito aggiunge: «Ma non ho fatto nulla di contrario alla legge. Se dimostreranno che vi è stato un vantaggio illecito, misurabile, concreto, allora me ne assumerò ogni responsabilità . Ma non è stato sprecato un centesimo di euro pubblico».
Alza la voce: «Ho senz'altro sbagliato. Ma non posso permettere che contro la mia squadra, l'esperienza della Lombardia che potrebbe essere modello per un nuovo centrodestra siano scaricate tonnellate di fango. Hanno tentato di dividermi dal Pdl, dalla Lega e da Cl che però hanno capito e sono riuscito a tenerli compatti attorno a me».
E' metabolizzata anche la lettera con cui su Repubblica il successore di don Giussani avvisava: «Se Comunione e Liberazione è continuamente identificata con l'attrattiva del potere, dei soldi, di stili di vita che nulla hanno a che vedere con quello che abbiamo incontrato qualche pretesto dobbiamo aver dato».
«L'ho sentita rivolta a me come ciascuno di noi l'avrà sentita rivolta a se stesso. Qualche pretesto vuol anche dire che alcuni pretesti sono pretestuosi» la interpreta Formigoni. In prima fila ad ascoltarlo il braccio destro di don Giussani, Giancarlo Cesana, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, la presidente del Meeting Emilia Smurro. Non c'era Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà , fondatore della potente Compagnia delle Opere.
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