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Raffaello Masci per âLa Stampa'
E' possibile che ci siano spiragli di ripresa. Anzi, le previsioni dicono che si va in questa direzione, sia pur timidamente. Ma sta di fatto che l'Italia, così come viene fotografata dal Rapporto Istat 2014, è un Paese che ha alle spalle sei anni di crisi e li sente tutti. I numeri, in questo senso, sono impietosi.
La crisi
Il Pil dello scorso anno è stato come quello del 2000 e ha conosciuto un decremento dell'1,9% sull'anno precedente. I consumi interni - fonte di ogni ripresa possibile - sono scesi per il terzo anno di fila: l'ultimo dato parla di -2,6%. Le esportazioni sopravvivono con uno 0,1% in più, ma che sarà mai! Mentre il ristagno dell'inflazione, se tiene i prezzi bassi indica anche che non c'è il becco di un quattrino da spendere, e sono guai.
Deprivazione
L'Istat ha quantificato in 7,6 milioni gli italiani in «forte deprivazione», il che vuol dire con difficoltà serie a mettere insieme il pranzo con la cena. Se ci può essere di qualche consolazione si tratta di un dato in diminuzione rispetto al 2012, quando alla fame (o giù di lì) erano 8,7 milioni. Ma comunque il dramma resta, associato al fatto che il fenomeno segnala una delle maggiori disuguaglianze a livello europeo nella distribuzione del reddito.
Si può fare qualcosa? L'Istat dice di sì, e avanza anche delle ipotesi: investire nel riequilibrio del reddito un solo punto di Pil (15,5 miliardi) solleverebbe le famiglie più indigenti dalla loro condizione. Per contro il reddito minimo di cittadinanza (suggerito da alcune forze politiche) costerebbe non meno di 90 miliardi e andrebbe a finire, nel 61% dei casi, a famiglie che povere non sono.
Lavoro
La madre di tutti i disagi sociali è la mancanza di lavoro: l'Italia soffre perché troppa gente non ha né occupazione né reddito. In un anno abbiamo perso un altro mezzo milione di posti (468 mila) e sono 6 milioni e 300 mila gli italiani a spasso: la metà lo è in senso stretto, in quanto ha perso un lavoro e non ne ha trovato un altro. L'altra metà è costituita da persone che un'occupazione la vorrebbero se solo la trovassero. A questa cifra va aggiunto il numero degli scoraggiati - un milione e 400 mila - che si sono stancati di cercare inutilmente e si sono ritirati dalla pugna.
Resta poi la massa dei cosiddetti Neet, acronimo inglese per indicare chi non studia, non lavora e non è neppure in formazione: 2 milioni 435 mila persone, quasi 600 mila in più rispetto al 2008. Gli under 35 che non lavorano sono il 40% del totale e oltre 700 mila in più rispetto allo scorso anno. Ovviamente con forti divari - come prevedibile - di genere e di geografia: l'occupazione tra i giovani è del 34,7% per le donne e del 45,5% per gli uomini.
E poi è del 50,1% al Nord, del 43,7% al Centro e del 27,6% al Sud. Il lavoro atipico è la norma, anche se al posto della precarietà assoluta si fa strada il part-time (involontario nel 71% dei casi). Vale, dunque, quanto detto a Lisbona dal presidente della Bce Mario Draghi, tre giorni fa, e cioè che la tanto declamata flessibilità , è stata di fatto scaricata tutta sui giovani. Sarà per questo che continuano ad emigrare: 26 mila solo nel 2012.
L'occupazione delle donne
Le italiane lavorano sempre poco rispetto alle europee (tasso di occupazione del 46,5%, pari a 12,2 punti in meno sulla media Ue), ma negli ultimi anni la loro disoccupazione è stata meno severa che per i maschi. La cosa, tuttavia, non è così positiva come sembrerebbe. Anzi, evidenzia un ulteriore fattore di disagio: a lavorare sono soprattutto le donne straniere (più 359 mila) e ad aumentare sono le italiane che devono fare fronte alla disoccupazione del partner.
Prospettive
Qualcosa, tuttavia, sta cambiando: i consumi a inizio anno segnalano una lenta ripresa, così come l'accesso al credito e la tendenza al risparmio delle famiglie (9,8% a fronte dell'8,4% del 2012). Per l'anno in corso si stima un più 0,6% di Pil, che diventerà 1% del 2015 e 1,4 del 2016. Ma perché la crescita generi lavoro toccherà sfiorare aspettare almeno la soglia del 2%.
ITALIA CRAC BUCO consumi CONSUMIistat mario draghi
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