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1. CIAONE RENZI
Alessandro Sallusti per “il Giornale”
SALLUSTI SALA DAMILANO
ERNESTO CARBONE
Quello di ieri è un «ciaone» che l' elettorato ha dato a Matteo Renzi e al suo Pd, umiliati a Roma e clamorosamente rimontati a Torino dal Movimento Cinquestelle. A Milano Sala ce la fa su Parisi per una manciata di voti, che per un centrodestra partito da meno dieci su mister Expo è comunque un buon risultato.
«Ciaone» è lo sberleffo con cui, solo poche settimane fa, Ernesto Carbone, deputato e braccio destro del premier, prese per i fondelli gli sconfitti al referendum sulle trivelle. A furia di fare lo sbruffone, Matteo Renzi è stato ripagato con la stessa moneta da elettori che preferiscono «giocare» con Beppe Grillo piuttosto che seguirlo su una strada ambigua e spesso oscura. Il premier ha compiuto un miracolo: in soli due anni è riuscito a trasformare un bizzarro movimento di protesta, i Cinque Stelle appunto, in una formidabile macchina elettorale e forza di governo.
RENZI TESTIMONIAL DELLA COCA COLA
E pensare che sarebbe bastato occuparsi di cose serie anziché di stucchevoli alchimie istituzionali, per di più pro domo sua. Pensare che sarebbe stato sufficiente non rompere con furba arroganza quel Patto del Nazareno con il centrodestra che poteva essere l'antidoto vero all'anti politica dilagante.
Ma come poteva pensare Matteo Renzi che i suoi elettori avrebbero capito le spregiudicate acrobazie parlamentari con Denis Verdini e Sandro Bondi? Non è offrendo 80 euro a qualcuno ad anni alterni (quelli elettorali) che si può governare un Paese o convincere la gente a tornare alle urne (anche ieri l' affluenza è stata molto bassa, poco sopra il 50 per cento). I voti, quelli delle mafie a parte, non sono in vendita.
E l'entità della sconfitta romana - con il Pd doppiato dalla Raggi - dimostra che il renzismo non attira neppure un voto di moderati di centro, quando orfani del proprio candidato al ballottaggio. Ora Renzi per stare a galla dovrà per forza consegnarsi alla sua minoranza. Ci risiamo con i Bersani, le Rosy Bindi e i Massimo D' Alema a dettare condizioni. Un bel risultato per uno che doveva traghettare la sinistra definitivamente fuori dalle secche del postcomunismo.
2 - BRUNETTA: AVVISO DI SFRATTO AL PREMIER COME D' ALEMA ALLE REGIONALI 2000
Paola Di Caro per il “Corriere della Sera”
Renato Brunetta, presidente dei deputati di FI, che succede dopo queste amministrative?
«Che per Renzi avranno lo stesso peso che ebbero le Regionali del 2000 per D' Alema. È vero che lui non ha esplicitato l' azzardo del suo collega, ma personalizzando il referendum, ha di fatto personalizzato anche il voto delle Amministrative. Che per lui sono state una dura sconfitta. E in vista dell' appuntamento di ottobre, questo è un avviso di sfratto».
A Milano anche voi avete perso.
«Il solo fatto che la città sia stata contendibile per noi quando nessuno se lo aspettava è grave per Renzi: a Milano il loro doveva essere un trionfo. La verità è che la parabola discendente di Renzi è visibilissima e rapida».
Ma ne approfittano i grillini.
«La vittoria dei grillini può essere vista come un pericolo in vista del referendum perché Renzi può chiamare alla "difesa contro i barbari". Ma la loro forza aiuterà a far prevalere il no al referendum , e per me è quello che più conta».
Il vostro bilancio non è esaltante.
«Noi abbiamo dimostrato una volta di più che dove siamo uniti, da Alfano alla Lega, siamo competitivi come a Milano o vincenti come a Trieste, in Friuli, a Grosseto o l'anno scorso in Liguria. È chiaro, ad oggi l' unità non è ancora una realtà, ma è l' unica strada che abbiamo davanti».
L'assenza di Berlusconi oggi quanto può incidere su questo percorso?
«Berlusconi dà il meglio di sé quando è in campo e in difficoltà e viceversa. Proprio oggi mi aspetto il momento più alto della sua potenzialità di leader che, pannellianamente, anche con il suo corpo dà il senso della vita e può diventare ancor più il catalizzatore del centrodestra».
Da padre nobile?
«Sono categorie che a lui non si applicano. Fanno bene i parenti a dire la loro, ma lui ascolta tutti e decide di testa sua, così farà anche stavolta».
Come Berlusconi potrebbe unire il centrodestra?
«C'è un quadro che si sta lentamente modificando: si è fermata la spinta propulsiva della Lega e si assiste a una rimonta di FI. Nulla è definito, ma è il segnale che si potrebbe tornare ad equilibri del passato, magari con meno distanza fra i due maggiori partiti della coalizione».
FI però dovrà pur ristrutturarsi per competere.
«Il processo di modifica può solo avvenire sul campo: con l'arrivo sulla scena di nuovi protagonisti sui territori, sia dove vinciamo sia quando siamo competitivi, da Parisi a Toti, da Marchini a Brugnaro; con una classe dirigente che è da tempo in campo e combatte, si pensi solo alla Gelmini, alla Carfagna e infine con i tanti che si spenderanno per il referendum: faremo migliaia di comitati del no del centrodestra, io sono già partito».
No quindi a nuovi organi?
«Abbiamo un presidente che tornerà presto al suo posto e organismi funzionanti: non abbiamo bisogno di altro».
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