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        Tommaso Montesano per “Libero Quotidiano”
Un conteggio ufficiale delle vittime del mare, laddove per ufficiale si intende munito di timbro istituzionale, non esiste. Esiste, invece, il lavoro che ogni giorno arricchisce le statistiche di Migrants files, un consorzio indipendente di giornalisti provenienti da oltre quindici Paesi europei. Secondo questo studio, negli ultimi dieci anni le persone morte tra le onde sono state oltre 24mila, con un incremento sensibile delle medie nell' ultimo triennio.
 NAUFRAGIO DI UN BARCONE IN LIBIA
NAUFRAGIO DI UN BARCONE IN LIBIA 
Che il trend sia in aumento lo dimostra anche il dato complessivo dal 2000, anno in cui sono iniziati i conteggi, ad oggi: aggiungendo sei anni alla statistica, infatti, il numero dei decessi in mare aumenta solo di circa 6mila unità, pari a meno della somma di quanto accaduto nel 2015 e in metà 2016. In sedici anni, secondo Migrants files, sono dunque oltre 30mila i migranti scomparsi (deceduti o dispersi), nei viaggi della speranza per raggiungere l' Europa.
 NAUFRAGIO DI UN BARCONE IN LIBIA
NAUFRAGIO DI UN BARCONE IN LIBIA
Migrants files raccoglie i dati provenienti dal blog Fortress Europe, dalla ong United for intercultural action, che coordina più di 500 sigle europee che si occupano di rifugiati e migranti, e dal progetto Plus dell' università di Helsinki. I numeri forniti dalle organizzazioni ufficiali, denunciano i curatori del rapporto, sono sottostimati.
Basti pensare, ad esempio, alle cifre diffuse dall' Organizzazione marittima internazionale - Imo, l' agenzia delle Nazioni unite per la sicurezza della navigazione - secondo cui a fronte di 87.114 migranti salvati in mare dal 2001 al 2011, ci sarebbero stati appena 20 morti e 8 dispersi, come ricordato da un dossier pubblicato dall' Espresso. Il resto delle rilevazioni è limitato a zone specifiche o ristretto a determinati periodi.
 NAUFRAGIO DI UN BARCONE IN LIBIA
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Come ha fatto, giusto ieri, l'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati (Unhcr), che ha aggiornato la contabilità, ma solo quella più recente. E dunque: 880 morti nell' ultima settimana; 2.510 dall' inizio del 2016. Tutti inghiottiti dal mare. Mediterraneo o Egeo che sia. Negli abissi del primo ci sono i migranti che cercano di raggiungere l' Europa salpando dal Nord Africa; nei fondali del secondo giacciono le vittime della traversata dalla Turchia alla Grecia. Una tratta che, dopo l' accordo tra Unione europea e Ankara stipulato a marzo, è diventata meno battuta.
Così il traffico dei migranti, come testimoniano le tragedie degli ultimi giorni, si è concentrato sulla direttrice Libia-Italia. Delle 2.510 morti censite nel 2016 causa immigrazione (contro le 1.855 dello stesso periodo dello scorso anno), 2.119 sono avvenute nel Mediterraneo. Numeri che per l' Unhcr sono dovuti al fatto che dalla Libia partono barconi sovraccarichi, in grado di ospitare fino a 600 persone a bordo. Una circostanza non riscontrabile sulla rotta Turchia-Grecia.
E qui entrano in ballo i rimedi per arginare il flusso. La strada maestra passa per la definizione degli accordi bilaterali tra i Paesi di approdo - Italia, ma anche Spagna, Grecia - e le zone dove prospera il traffico di esseri umani. Al momento l' Unhcr ritiene che la maggior parte delle imbarcazioni provenienti dalla Libia parta da Sabratah, a ovest di Tripoli.
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E dire che le vittime provenienti dalla Libia, in presenza di un accordo con il regime di Gheddafi, nell' ultimo anno di vita del Colonnello (nel 2010) erano scese a poche centinaia, a fronte di una media di circa 2mila l' anno. Mentre nel 2011, in conseguenza del caos post guerra, furono oltre 4mila.
Di fronte a questi numeri, il problema più urgente è dissuadere le persone dal mettersi in viaggio. Un punto, tuttavia, su cui l' Europa non ha mai risposto «presente». Nessuna azione in loco, né per aiutare le autorità locali, né per comunicare alla popolazione i rischi della traversata.
È sul punto della prevenzione che l' Ue deve battere un colpo. Il 28 e 29 giugno, a Bruxelles, sul tavolo dei capi di Stato e di governo Ue ci sarà la proposta del governo italiano di investire sulle economie dei Paesi di origine e di transito dei migranti (il migration compact). Nella riunione del 23 maggio, il consiglio dei ministri degli Esteri Ue ha definito la mossa di Palazzo Chigi «innovativa».
 NAUFRAGIO NEL CANALE DI SICILIA
NAUFRAGIO NEL CANALE DI SICILIA 
Il piano prevede lo stanziamento di circa 60 miliardi di euro, da reperire nel bilancio della Commissione e con investimenti dei governi nazionali o dei privati. La speranza è che, in cambio di investimenti, i Paesi africani cooperino nella gestione delle frontiere, nell' accoglienza e nella riammissione dei migranti irregolari. Nel frattempo, l' Italia si attrezza per smistare gli stranieri in arrivo. Al collasso i quattro hotspot in funzione - Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto - l' Italia pensa a un presidio navale nel Mediterraneo.
 
						
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