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Andrea Malaguti per "La Stampa"
Transatlantico, divanetto rosso, Pippo Civati è circondato da un po' di colleghi. Discutono della pancia agitata dello strano condominio di centrosinistra in cui si trovano. Lui, Civati, è appena tornato da un incontro con Stefano Rodotà . Si sentono spesso col Professore. Idee comuni. Immaginano un partito che stia più vicino agli elettori. Soprattutto che stia più a sinistra.
«Rispetto a questo è facile no?». Gioca. Ma neanche troppo. E diventa immediatamente serio quando il discorso scivola su Matteo Renzi, che una volta era suo amico - parlavano lo stesso linguaggio rottamatorio e che oggi è diventato concorrenza diretta. Chi lo guida il partito domani? Il rivale è strafavorito. Eppure.
Civati, Renzi vuole fare il segretario.
«Due settimane fa era pieno di dubbi. Non sapeva come muoversi. Adesso dice che la carica non sarebbe incompatibile con quella di sindaco di Firenze. Sostiene spesso cose molto diverse tra loro. Un tempo, ad esempio, era molto preoccupato dall'idea dei doppi incarichi».
Perché oggi non lo è più?
«Pensa alla premiership. E ha paura che Letta allunghi il passo. In questo caso la sua corsa diventerebbe più complicata. Era la grande speranza, adesso ha paura di rimanere in mezzo al guado».
Come sarebbe il partito di Renzi?
«Boh. A me interessa immaginare come sarebbe il partito di Civati».
Dica.
«Alternativo al centrodestra. Ma in modo netto. E' uno dei motivi per cui oggi io ho qualche problema nel Pd. Un partito di cui Renzi non sembrava volersi occupare. E' anche per questo che ci allontanammo».
Il presidente della Regione Lazio, Zingaretti, sostiene che Epifani non avrebbe potuto scegliere diversamente il nuovo gruppo dirigente, ma che è arrivato il momento di finirla con le conventicole.
«Benvenuto tra di noi. E' bello che se ne accorga adesso. Le scelte che fa Epifani sono esattamente in linea con quelle che ha fatto il partito negli ultimi due mesi. Il problema politico è sul tappeto da un pezzo».
Vero. Ma il problema politico riguarda anche lei. Perché sulla proposta Giachetti di riforma elettorale prima ha detto sì e poi si è adeguato alle direttive del gruppo?
«Per mostrare anche plasticamente le contraddizioni quasi irrisolvibili che ci sono al nostro interno. Una situazione che si è cristallizzata dopo l'intervento del Capo dello Stato alla Camera».
Anche lei è convinto che Napolitano faccia il capo del governo oltre che il Presidente della Repubblica?
«Mi pare che nessuno possa negare l'influenza fortissima che il Presidente esercita sul governo e sul Parlamento».
Le riesce la fusione a freddo con un pezzo di M5S?
«Non ho mai fatto scouting. Non comincerò ora. La parte dialogante del Movimento è piena di ingenuità . E la parte più aggressiva del gruppo, a cominciare da Grillo, attaccando tutti finisce poi per non attaccare nessuno. Hanno avuto un'occasione storica. E l'hanno sprecata».
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