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Tomaso Montanari per il Saturno del "Fatto quotidiano"
Un imbarazzato e reticente comunicato stampa del Mibac (lo si può leggere integralmente sul sito di Saturno) fa alcune "precisazioni" sull'incresciosa vicenda del Castello Carandini. Avremmo preferito leggerne uno - che so - sulle chiese storiche che a Urbino cedono sotto la neve, sullo sfregio del parcheggio di Sant'Ambrogio, sul Vasari bucato a Palazzo Vecchio o sulle navi da crociera che minacciano il Bacino di San Marco. Ma le priorità del Mibac sono purtroppo altre: prima la struttura, poi (semmai) la missione. Entrando nel merito, poi, non si sa se ridere o piangere.
Innanzitutto si precisa che il conte Andrea Carandini ha chiesto il contributo prima di essere presidente del Consiglio superiore: e chi l'ha mai messo in dubbio? Quindi si precisa che «rispetto ai contributi ai privati per le spese di manutenzione e restauro degli immobili vincolati, il Consiglio Superiore non ha alcun potere di entrare nel merito dei singoli interventi né la responsabilità ' decisionale in ordine a queste spese, che sono stabilite dagli organi tecnici del Ministero in base a criteri oggettivi».
E ci mancava pure che il presidente del suddetto Consiglio potesse decidere se ritoccare la quota destinata a casa sua (excusatio non petita... verrebbe da pensare)! Ma il Consiglio decide se varare o meno l'intero provvedimento: e doveva bastare questo a suggerire al professor Carandini di lasciare temporaneamente la presidenza della riunione.
Poi si dice che l'elenco dei monumenti finanziabili è stilato dalle Soprintendenze: e chi ha mai messo in dubbio che Torre in Pietra sia più che meritevole di finanziamenti pubblici? Ma a patto che sia accessibile per i cittadini che pagano: come vuole, infatti, la legge. Ed è su questo punto cruciale che si chiude l'equilibristico comunicato stampa. Il professor Carandini, come tutti, ha fatto una convenzione col Mibac all'atto di chiedere i soldi: e anche di questo mai abbiamo dubitato, ci mancherebbe altro.
Il punto è che quella convenzione prevedeva - ora si apprende - l'apertura del castello all'«erogazione effettiva» dei quattrini. Ma ciò è in palese contrasto col Codice dei Beni culturali, che non parla di fondi erogati, ma «concessi» (articolo 38). E, alla data di oggi, il denaro è stato concesso, ma il sito è invisitabile. E questo è un fatto.
Cosa risponderà il ministro Ornaghi all'interrogazione parlamentare presentata in Senato dal PD martedì scorso? Certo non potrà rispondere che un castello capace di accogliere centinaia di invitati ad un matrimonio il cui testimone è il presidente del Consiglio in carica non sia attrezzato per ricevere le famiglie, gli anziani e gli studenti che volessero visitarlo per ragioni culturali.
Infine, il comunicato stampa ha lo spiacevole effetto di dipingere Andrea Carandini come uno che va in banca ogni mattina per sapere se è arrivato il bonifico disposto dall'organo che presiede. Ma come potrebbe, uno che è stato responsabile dei Beni Culturali del PCI, uno che scrive (e giustamente!) che bisogna smettere di frequentare i soliti monumenti-feticcio e scoprire invece i «tantissimi, bellissimi monumenti del nostro territorio» (proprio come Torre in Pietra), uno che presiede il Consiglio Superiore dei Beni Culturali - come potrebbe, uno così, rispondere che il suo straordinario castello lo apre solo dopo che i soldi pubblici gli sono piovuti in tasca, e tutti fino all'ultimo centesimo?
Quasi che, parafrasando le filastrocche papiste contro cui inveiva Lutero («Quando il soldo va giù nella cassetta / in Cielo sale su, l'anima benedetta»), l'ex Conte Rosso dicesse: «Quando il soldo è ben chiuso nel borsello / solo allora aprirò il mio bel Castello!». Lo scivolone comunicativo è così clamoroso che ci si può chiedere se sia davvero un incidente.
Il fatto che - proprio nelle stesse ore in cui incontrava il professor Carandini - il ministro Ornaghi abbia firmato un provvedimento che farà decadere, dal 21 febbraio, oltre a tutti i Comitati tecnici del Mibac, anche il Consiglio Superiore dei Beni culturali e il suo presidente Carandini, induce a leggere la storia in quest'altro modo.
Certo, si tratta di un adempimento formale legato ai rigori della Legge Bassanini, che impone di certificare con scadenza biennale la perdurante utilità degli organi consultivi ministeriali, e ne consente il rinnovo. Ma è impossibile non vedere come questa pura formalità abbia offerto la splendida occasione di liberarsi elegantemente di castelli e castellani. «La c'è la Provvidenza!», avrà pensato Ornaghi, da buon lombardo e da buon cattolico.
2- MA CHE BEL CASTELLO
Paolo Fantauzzi da "l'Espresso" del 2 febbraio 2012
La scorsa estate per il matrimonio dell'allora ministro Mara Carfagna col costruttore Marco Mezzaroma si mossero perfino gli apparati di sicurezza. Tale era il livello degli ospiti (mezzo governo, Berlusconi compreso) che il Castello di Torre in Pietra, location prescelta, fu passato al setaccio. Poco tempo dopo quelle nozze da favola, nei prossimi mesi sarà il ministero dei Beni culturali a versare un cospicuo importo a favore dell'antica residenza sulla via Aurelia: 288.973 euro quale contributo per i restauri effettuati ormai cinque anni fa (2006- 2007) su tetti e facciate del castello e dell'annessa chiesetta.
Il via libera è arrivato la settimana scorsa dal Consiglio superiore dei beni culturali, che ha dato il suo parere ai finanziamenti a favore dei possessori di immobili di pregio. A coordinare la seduta, in qualità di presidente, l'archeologo Andrea Carandini, che del complesso è proprietario insieme alle sorelle (lo acquistò nel 1926 il nonno Luigi Albertini dopo essere stato estromesso dal fascismo dalla direzione del "Corriere della Sera"). «Nessun trattamento di favore», puntualizza lo studioso, «ne ho diritto come qualsiasi altro cittadino».
Il Consiglio superiore ha solo funzioni consultive - precisa - senza alcun potere di entrare nel merito dei singoli interventi e, soprattutto, senza nessun potere decisionale in ordine a queste spese e alle percentuali di contributo, visto che ne è competente la soprintendenza. «Non me ne ero accorto che fosse inclusa questa volta Torre in Pietra», afferma Carandini: «Non ho voluto minimamente occuparmi della questione: in che misura partecipare è una decisione che spetta agli uffici del ministero». In effetti, come quasi tutti gli altri 600 beneficiari, i Carandini hanno dovuto attendere quattro anni per vedersi riconosciuto il cofinanziamento.
Il Collegio romano ha deciso di rimborsare loro la metà dei 577.946 euro spesi per i lavori, il massimo consentito dalla normativa. Nel Lazio, su 26 restauri sovvenzionati, nessuno avrà tanto in termini percentuali e in tutta Italia solo una ventina hanno importo maggiore (ma il contributo pubblico scende al 20-25 per cento). Nella lista c'è un altro big del ministero, il direttore generale per le Biblioteche Maurizio Fallace, che per il palazzo di famiglia a Tagliacozzo dovrà accontentarsi di 20.454 euro, il 30 per cento delle spese sostenute.
Complessivamente nel 2012 il Mibac ripartirà 50,7 milioni, oltre il doppio degli anni passati. Nelle 19 pagine di elenco è infatti tutto un fiorire di conti, marchesi ed ex ambasciatori. Oltre a società immobiliari, hotel e case vacanze che mettono a profitto gli immobili restaurati col contributo statale. Senza dimenticare, come con l'8 per mille, un occhio di riguardo alla Chiesa, che fra parrocchie, collegi e monasteri incasserà 18,4 milioni.
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