RIUSCIRÀ SALVINI A RITROVARE LA FORTUNA POLITICA MISTERIOSAMENTE SCOMPARSA? PER NON PERDERE LA…
Estratto dell’articolo di Alessandro Barbera per “La Stampa”
[…] Se governare non è mai facile, cercare capri espiatori fra i tecnici è semplicissimo. Ne sa qualcosa il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Ruffini, finito nella tenaglia fra il già citato Giorgetti e il collega Raffaele Fitto.
Oggetto del contendere la Zes, acronimo di “Zone economiche speciali”, un’idea sulla carta intelligente per portare investimenti al Sud: se le imprese scelgono un’area depressa, possono usufruire di condizioni fiscali di favore, addirittura fino al 60 per cento.
Peccato siano arrivate sedicimila domande e i soldi a disposizione pochi, appena 1,8 miliardi. Quando Ruffini ha adottato la norma che concede agevolazioni pari al (solo)
17 per cento, il ministro del Sud lo ha accusato di eccesso di zelo. A differenza di Mazzotta, Ruffini può contare ancora sulla fiducia di Giorgetti.
E ha motivo di averne: due giorni fa in audizione Ruffini ha ricordato che l’Agenzia non è in grado di incassare più del venti per cento delle somme accertate da evasione. Se venisse applicata la norma che permette i pignoramenti bancari degli evasori, le entrate volerebbero. Chi l’ha congelata ed ha la responsabilità ultima della decisione? La politica ovviamente.
Una delle norme che dovrebbe garantire un pezzo delle risorse per la Finanziaria del 2025 è il nuovo concordato preventivo per i lavoratori autonomi che funziona più o meno così: si dichiara un reddito presunto nei prossimi due anni, e in cambio lo Stato promette di non mandare gli ispettori fiscali.
Il problema in questo caso sono gli italiani: siccome per aderire occorre dichiarare un adeguamento del reddito piuttosto alto - in alcuni casi fino al 40 per cento - ad oggi hanno aderito poche centinaia di contribuenti su una platea potenziale di due milioni.
Se governare non è mai facile, trovare capri espiatori fra i tecnici è semplicissimo. Ne sa qualcosa Giuseppe Busia, nominato capo dell’Autorità anticorruzione dall’esecutivo giallorosso. Da tempo Busia mette in guardia per l’eccesso di deroghe con cui il governo ha fatto partire le procedure per la costruzione del Ponte sullo Stretto e i rischi derivanti dall’abolizione dell’abuso d’ufficio.
Busia, come Mazzotta, non può essere rimosso fino alla scadenza del mandato, che in questo caso è a settembre 2026. Dall’anno scorso è nel mirino di Fabio Rampelli, che oltre ad essere storico dirigente di Fratelli d’Italia è vicepresidente della Camera. L’ultima richiesta di dimissioni, sostenuta dal forzista Maurizio Gasparri, è di tre giorni fa. «L’Autorità Anticorruzione crolla sui suoi stessi principi conferendo incarichi e nomine».
FABIO RAMPELLI IN VERSIONE NATALIZIA
Oggetto del contendere la nomina di due segretari generali, due dirigenti amministrativi, la mancata pubblicazione dei verbali del Consiglio dell’Anac. Secondo quanto riferiva Libero martedì scorso, il sottosegretario di Palazzo Chigi Alfredo Mantovano nella risposta a Rampelli (consegnata a Rampelli stesso ma non ancora resa pubblica dagli uffici della Camera) ha di fatto confermato la tesi dell’accusa per «mancanza di chiarimenti specifici ed esaustivi».
La tesi difensiva di Anac è che non esiste nessun obbligo di adottare procedure competitive per i posti vacanti, a meno che non vengano adottate norme che glielo impongano.
maurizio gasparri alla partita del cuore
Note a margine: uno dei due segretari generali oggetto della polemica di Rampelli - Renato Catalano - nel frattempo è stato trasferito ai vertici di Palazzo Chigi. A sostenere la guerra di Rampelli contro Busia c’è uno dei sindacati interni dell’Anac, che chiede di portare il livello delle retribuzioni a quello - più generoso - di Antitrust e Privacy. Il sindacato è quello di destra, l’Ugl, Busia ha detto no alla richiesta.
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