MA COME CANTA BENE ’O CASALESE (AI MATRIMONI) - 12 ARRESTI NEL CASERTANO: NON SOLO ARMI E DROGA, LA CAMORRA SI ARRICCHISCE SUI “NEOMELODICI” IMPOSTI A TV E FESTE - IL GUADAGNO FINISCE IN BUONA PARTE NELLE CASSE DEL CLAN - SE “NU LATITANTE” DI TOMMY RICCIO (1993), A MODO SUO ORMAI E’ UN CULT, LA MUSICA NEOMELODICA DI OGGI E’ “UN IMPASTO DI BANALITA’ DELINQUENZIALE…”

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Goffredo Buccini per il Corriere della Sera

In fondo non si sono inventati nulla, i guaglioni Casalesi. Già don Vito Corleone ci aveva pensato a imporre il suo neomelodico di fiducia al riottoso impresario hollywoodiano del Padrino: per vanità, convenienza, miraggio di promozione sociale, vai a sapere. Nella variante alle vongole fotografata dalla procura antimafia napoletana, l'offerta che «non si può rifiutare» è venuta dagli eredi un po' sgarrupati di «Sandokan» Schiavone e anche da altri gruppi alleati ai Casalesi, come i Del Gaudio di Santa Maria Capua Vetere.

Sicché l'inchiesta dei carabinieri, conclusa ieri con dodici arresti, accanto alle consuete ipotesi d'accusa - armi, droga, associazione mafiosa - svela questa specie di pizzo sui generis. I fedelissimi di Nicola Schiavone, figlio di «Sandokan», avrebbero costretto insomma ristoratori, organizzatori di feste di piazza e titolari di tv locali a ingaggiare i loro cantanti di fiducia: gente della famiglia o fidanzate, come nel caso della biondissima Ida D'Amore, in arte Rita Ferrara (da non perdere Ti amo ti odio: «So' disposta/ a fa a 'uerra/ pe' tte»). Alle ugole d'oro andava solo il trenta per cento del cachet, i boss s'intascavano il resto, una tangente sulla tangente.

Difficile dire di no, si capisce, a questa variante criminale della nobile «posteggia», la canzone partenopea cantata nei locali tavolo per tavolo. Così, accanto all'incendiaria Ida, venivano catapultati sul palco suo cugino Franco, Nico Desideri, Ciro Riggione, Nico D'Ambrosio, Tony Calice (nessuno dei cantanti è indagato). Nomi sconosciuti ai più, ma non ai ragazzi dei quartieri che hanno assorbito il mito stucchevole del neomelodico.
Si trova ormai con una certa frequenza questa appendice canora allegata alle inchieste sui camorristi. A Nello Liberti, autore del raccapricciante 'O capoclan («Nun è 'o vero/ che è cattivo») spetta il discutibile onore di essere diventato, lo scorso febbraio, il primo neomelodico indagato per «istigazione a reati di camorra».

A Tommy Riccio, l'aedo di 'O latitante («Nun tene/ cchiù niente»), il posto più caldo nella hit parade con duecentomila visioni su YouTube. Ma l'intuizione, per così dire, «gramsciana», di costruire tra gli adepti la mitologia del camorrista con annessa egemonia culturale, viene dal boss più intelligente e storico dei quartieri napoletani, Luigi Giuliano, autore di Chillo va pazzo pe' tte, cantata proprio da Ciro Riggione, ingaggiato in case discografiche e querelle su diritti d'autore: dalle foto con Maradona nella vasca da bagno alle nottate nei night fino al mecenatismo con gli artisti di rione, tutto si teneva, nella testa di don «Loigino». Il vuoto pneumatico delle vite di troppi ragazzi napoletani è stato così riempito negli ultimi vent'anni da questo fenomeno che qualche osservatore, prendendo una cantonata stellare, ha provato a paragonare al rap dei ghetti.

Nulla di più lontano dall'impasto di banalità delinquenziale di cui è farcito il neomelodico campano, in cui il cattivo gusto sopravanza persino la cattiva coscienza. Giuliano Amato, sulla scorta delle analisi di Isaia Sales e Marcello Ravveduto, capì da ministro dell'Interno che la camorra «si fa propaganda». Ne seguì una polemica stucchevole, con intellettuali anche in buona fede protesi a difendere la presunta «cultura popolare» sottesa al neomelodico.

Questi vent'anni di vuoto hanno in realtà radicato in certe periferie e in certi vicoli del ventre di Napoli una sorta di opinione pubblica parallela contro la quale, ahinoi, non bastano bravi giudici e bravi carabinieri. «La mafia verrà sconfitta da un esercito di maestri elementari», diceva Gesualdo Bufalino. 'O latitante e 'O Capoclan tocca batterli sui banchi di scuola.

 

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