COME È ARRIVATO, OBAMA, ALLA DECISIONE DI TORNARE AD USARE LE ARMI (SIA PURE SOLO DAL CIELO) IN IRAQ TRE ANNI DOPO IL RITIRO AMERICANO? L’INCUBO BENGASI

M. Gaggi per Corriere della Sera

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Nel settembre scorso un Obama che, sia pure controvoglia, stava per ordinare l’attacco in Siria, cambiò repentinamente idea dopo una lunga passeggiata col suo capo di gabinetto, Denis McDonough, intorno ai giardini della Casa Bianca. Come è arrivato, ora, alla decisione di tornare ad usare le armi (sia pure solo dal cielo) in Iraq tre anni dopo il ritiro americano?

 

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Anche stavolta il processo è stato complesso, ma quando è stato evidente che si rischiava il genocidio della minoranza degli Yazidi e che la capitale curda, Erbil, stava per finire sotto assedio, Obama ha deciso in poche ore, dopo una serie di colloqui coi suoi più stretti collaboratori. Compreso un concitato scambio di battute con lo stesso McDonough, secondo un paio di fotografi che hanno assistito da lontano alla scena. Molte le ricostruzioni della stampa Usa.

 

La più dettagliata è quella affidata dal New York Times a quattro esperti corrispondenti presidenziali. Tutto comincia mercoledì mattina: il Pentagono avverte che si è creata una situazione d’emergenza mentre Obama è ancora impegnato nel vertice con 50 capi di Stato e di governo africani.

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Obama alterna i colloqui coi leader con le riunioni nella «Situation room», dove il generale Dempsey lo aggiorna sull’incapacità dell’esercito iracheno e dei curdi di rifornire gli yazidi, rifugiatisi in cima al monte Sinjar. Tornare a impegnarsi militarmente in Iraq è l’ultima cosa che Obama vorrebbe fare, soprattutto dopo aver presentato il disimpegno del 2011 come uno dei principali successi della sua presidenza.

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consolato di bengasi attaccato dagli islamiciconsolato di bengasi attaccato dagli islamicigli islamici celebrano l attacco al consolato di bengasigli islamici celebrano l attacco al consolato di bengasi

Ma le notizie della rapida avanzata delle truppe del «Califfato», coi combattenti curdi costretti alla ritirata, modificano, ora dopo ora, lo scenario: alla Casa Bianca l’immagine di Erbil, dove ci sono molti americani, compresi quelli del consolato, assediata dall’Isis, evoca il fantasma di Bengasi dove l’ambasciatore Stevens e altri tre americani vennero uccisi in un attacco terroristico. Mercoledì sera, dopo il vertice africano, Obama ostenta normalità: a cena con famiglia da Fiola Mare, cucina italiana. Ma è pensoso, e giovedì mattina decide, ufficializzando la sua scelta solo quando i velivoli cargo lanciano i primi aiuti.