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Da Italia Oggi
1 - SI' ANGELILLI, SI' PARTY...
Nonostante la crisi, i parlamentari europei del Ppe non hanno rinunciato alla voglia di festeggiare l'arrivo del Natale, con un party romano allestito in un locale di via Salaria, organizzato da Manuela Conte, responsabile del gruppo Ppe in Italia. Protagonisti della serata sono stati l'eurodeputata vicepresidente del parlamento europeo Roberta Angelilli e uno degli storici fondatori (nel 1976) del Ppe, Dario Antoniozzi.
Numerosi i rappresentanti della diplomazia internazionale: il medio oriente con il console dell'Iraq, il centro e il sud America con Santo Domingo e Ecuador, l'Europa con Grecia e Spagna. Da Montecitorio e da palazzo Madama erano arrivati i rappresentanti, portavoce e addetti stampa, di politici del centrodestra: tra i più visibili, Silvia Grassi (che lavora per Domenico Nania), Lucrezia Pagano (l'ex ministro degli esteri Franco Frattini), Fiorella Corrado (Catia Polidori) e Piero Tatafiore (Mario Valducci). (Mario Nuzzi)
2 - EMANUELE A VENEZIA...
Il ministro per i beni culturali Lorenzo Ornaghi ha scelto il "suo" consigliere per la Biennale di Venezia: il presidente della Fondazione Roma Emmanuele Francesco Maria Emanuele. Ieri pomeriggio si è concluso, in seguito al parere positivo espresso dalle commissioni Cultura di Camera e Senato, l'iter che ha permesso di confermare Paolo Baratta alla presidenza della Fondazione la Biennale di Venezia, indicando Emanuele come consigliere di nomina ministeriale.
L'altro nuovo componente del cda della Biennale è il presidente della provincia di Venezia Francesca Zaccariotto. Emanuele, che nella capitale ha ringraziato Ornaghi dicendosi "onorato della fiducia che viene riposta, con questo incarico, nella mia persona, per avermi voluto nominare in una così importante e prestigiosa istituzione culturale". Entusiasta della nomina, il governatore del Veneto Luca Zaia. (Donato de' Bardi)
3 - COL MILLEPROROGHE SI SALVERA' IL BINGO...
à partita ufficialmente la «bagarre» del milleproroghe dell'era Monti ma questa volta con l'aria di crisi e la necessità di far ripartire il mercato del lavoro sembra trovino spazio solo provvedimenti estremamente concreti. Così tra i vari inserimenti sia i monopoli di Stato che il ministero dell'Economia pare abbiano dato ascolto alle pressanti richieste di Confindustria e della Federbingo rappresentata dal presidente Italo Marcotti e inserito la proroga del regime di aliquote sperimentali anche per il 2012 per il gioco del Bingo.
Un provvedimento che salva 5mila posti di lavoro, per un comparto che garantisce all'erario 200 milioni annui di entrate. La messa a punto del decreto di fine anno che il governo presenterà , fa salve le misure sperimentali introdotte nel 2009 e prorogate fino al prossimo 31 dicembre 2011 per sostenere il settore del Bingo, prevede la possibilità di mantenere il Preu ad un'aliquota del 12% (dal precedente 23%) destinando il 70% delle somme giocate ai montepremi.
Entrare nel milleproproghe rinviando la scadenza di fine anno vale, secondo Federbingo, il conseguimento di una soluzione condivisa tra associazioni di categoria, sindacati e Monopoli di Stato, in grado di assicurare anche una stabilizzazione delle misure sperimentali di riduzione del prelievo fiscale sul «tombolone» da sala.
Gli effetti del bonus sperimentale sul pay out del Bingo, dichiara Marcotti, consente al settore di chiudere il 2011 con incassi prossimi ai 2 miliardi di euro. E per un gioco fondato sui numeri, sono proprio questi quelli che contano: senza il rinnovo del regime di prelievo sperimentale il settore che con presenze delle sale è molto radicato segnerà la riduzione di oltre il 30% del numero dei concessionari, e dei 5mila posti di lavoro pari al 30% del numero degli addetti complessivo del comparto che oggi occupa oltre 15mila persone in 220 sale.
Un prezzo ancora una volta molto salato lo pagherà la regione Lazio e la capitale dove le forze occupate ammontano a oltre 1.500 occupati tra personale di sala, amministrazione, ristorazione e sicurezza su circa 20 sale che da un ventennio ormai rappresentano un punto fermo dell'economia locale fondata sul gioco. (Pierre de Nolac)
4 - MICHEL MARTONE RESTA NELL'ANGOLO...
Un'idea per la trasmissione della Sciarelli, «chi ha visto il viceministro del Lavoro Michel Martone?». Il tweet di ieri sera dell'editorialista del Corriere della Sera, Dario Di Vico, descrive con una domanda lo stallo che impera al ministero del Lavoro retto dall'economista Elsa Fornero. L'esperta mondiale di previdenza, la torinese Fornero, non ha ancora assegnato al giuslavorista Michel Martone, già consigliere dell'ex ministro Renato Brunetta, le deleghe previste. Perché? Scarsa sintonia personale? Poca stima professionale? Inghippi burocratici? O dissidi parapolitici? Difficile dirlo. I fatti, e qualche indiscrezione, aiutano comunque a comprendere.
Di certo Fornero non ha bramato per avere Martone al suo fianco. Non è neppure un mistero che il viceministro gode la stima di molti ministri dell'ex governo Berlusconi e di ambienti riformatori del Pdl, ma non solo del Pdl. D'altronde, oltre ad essere stato fra i collaboratori del berlusconiano Brunetta al dicastero della Pubblica amministrazione, nei suoi interventi pubblici Martone ha spesso sostenuto alcune iniziative dell'esecutivo di centrodestra. Anche quelle più osteggiate dal centrosinistra.
Basti un esempio: il 20 agosto sul Sole 24 Ore il giuslavorista figlio del giurista Antonio Martone, già presidente della Commissione di garanzia sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali, ha difeso in maniera accorata l'articolo 8 della manovra agostana con cui la contrattazione decentrata e periferica dei sindacati più rappresentativi poteva superare l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Un articolo fortemente auspicato dalla Fiat, e sostenuto da Confindustria, ma sul quale si è abbattuta la contrarietà delle opposizioni e di giornali come Repubblica e Stampa; e sul quale ci sono state pure le perplessità del Corriere della Sera. Di certo Martone non cambia opinione ora che è diventato viceministro in un governo sostenuto pure da forze politiche che stimmatizzarono l'articolo 8 scritto dall'ex ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi: infatti sta per uscire un saggio tecnico per addetti ai lavori sulla rivista «Colloqui giuridici sul lavoro» in cui Martone riafferma, con argomentazioni legali, la bontà dell'articolo 8 («evitare che la tutela reale accordata dal legislatore venga a costituire ex lege il fondamento di rendite di posizione da parte dell'attività lavorativa», si legge tra l'altro).
Beninteso: ripercorrendo i suoi scritti, Martone condivide l'impostazione generale del piano Fornero di dare, da un lato, maggiori tutele economiche a chi resta senza lavoro e di promuovere una maggiore flessibilità in uscita.
Eppure, tra gli addetti, ai lavori circola un interrogativo: siamo sicuri che il viceministro condivida l'idea di un contratto unico a tempo indeterminato per i nuovi assunti, come proposto da Tito Boeri e Pietro Ichino, precursori del progetto Fornero? C'è chi risponde di no, ricordando le posizioni critiche del centrodestra sull'eventualità di abbandonare la pluralità delle forme contrattuali prevista anche dalla legge Biagi. E chi risponde di sì.
Per il momento, Martone non ha voluto commentare le sortite, a volte spiazzanti, altre urticanti, ma sempre franche, della Fornero, sia sulle pensioni che sulla riforma del lavoro. Anche se in ambienti ministeriali circola la voce secondo cui persone vicine a Martone abbiano consigliato il viceministro a esternare, magari a Repubblica, alcuni rilievi sulle esternazioni del ministro per ingraziarsi magari la Cgil. Verà volontà o perfida malizia?
Eppure, finora è prevalso il silenzio. Smentendo così quella smania di protagonismo anche mediatico che gli è stata rinfacciata dal romanziere e giornalista, Aldo Cazzullo, sul settimanale Sette del Corriere della Sera. A differenza, ha scritto sobriamente Cazzullo, della «preparazione seria», della «esperienza» e del «lavoro» di «altri esponenti del governo». Esempio? «Paolo Peluffo». (Michele Arnese)
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