NE VEDREMO DELLE BELLE: VOLANO GIÀ GLI STRACCI TRA I TECNO-PAPERONI CONVERTITI AL TRUMPISMO – ELON…
Giovanna Casadio per âLa Repubblica'
«O sosteniamo un'altra fase del governo fino in fondo, e lo facciamo tutti, oppure si dice basta e si va a votare». Gianni Cuperlo è appena tornato dall'ospedale di Parma, dove è ricoverato Bersani. Per il presidente del partito, e sfidante di Renzi alle primarie, è tempo di chiarezza nel Pd e va aperta la "fase 2" nel governo: «Se il patto di governo non è solo propaganda, allora si cambi marcia davvero».
Cuperlo, le condizioni di salute di Bersani fanno momentaneamente deporre al Pd le armi?
«Lasciamo perdere le armi. Adesso la cosa importante è la salute di Pierluigi e la sua ripresa. Attorno a lui c'è una cintura di affetto e stima che riempie il cuore, rivolta a un leader che della politica ha sempre mostrato il volto buono».
Torniamo allo scontro nel partito e con il governo. Il vice ministro Fassina ha fatto bene a dimettersi solo per una battuta di Renzi?
«La battuta era sgraziata. Il rispetto per gli altri riflette l'idea di partito e del rapporto tra le persone: una cosa è discutere, altra smarrire la distanza tra comandare e dirigere. Spero Renzi capisca che questa differenza passa anche da stile e linguaggio della leadership. Se il modello è il sindaco di New York, De Blasio, quale senso ha riprodurre l'ironia muscolare della stagione che vorremmo chiudere?».
Le dimissioni del vice ministro pongono un problema?
«Un problema che non c'entra nulla con le correnti del Pd, ma c'entra con il patto di governo annunciato da Letta e da Renzi e che deve fondarsi sulla chiarezza per due buone ragioni».
Quali sono le ragioni?
«La prima sta nel sentimento di pancia che ci cresce attorno e dice semplicemente "io soffro, voi non fate nulla, andate tutti al diavolo". A chi ha questo stato d'animo non interessano le schermaglie tra Palazzo Vecchio e Palazzo Chigi. La sola cosa che gli interessa è capire se il governo e la politica sono in grado di arrivare anche alle loro vite impoverite.
La seconda ragione riguarda le cose da fare. Renzi dice che finora si è perso tempo e adesso l'Italia cambia verso. Bene. Ma lui è il leader del Pd e Letta il capo del governo. Allora si mettano le cose nero su bianco, ciascuno si assuma le sue responsabilità per quelle scelte e si agisca».
Quindi Fassina ha avuto ragione o torto a lasciare?
«à una scelta da rispettare anche se spero possa ripensarci dopo un confronto franco. Perché su un punto ha ragione: una divisione delle parti dove chi sta fuori dal governo parla di marchette, chi è al governo piglia gli sputi e poi ci sono anche i furbi che, stando al governo, applaudono agli insulti, non può funzionare. Non si salva così il paese. La parola rimpasto sotterriamola pure, ma io insisto nel dire che sarebbe saggio chiedere a personalità del civismo e della sinistra, della lotta per la legalità e per il solidarismo, di fare un passo avanti per scavare assieme le fondamenta della ricostruzione».
Per coinvolgere Renzi, sarebbe il caso di proporgli di entrare nel governo come ministro o vicepremier?
«Io sono convinto che si debba fare un mestiere per volta: se uno è il segretario del più grande partito del paese, non ha tempo e modo di fare altro».
Le priorità sono riforma elettorale,diritti civili, piano per il lavoro. Quale modello elettorale lei vorrebbe?
«Sulla legge elettorale si parta dalla maggioranza, poi è doveroso sulle regole trovare un consenso ampio. Se non vuoi morire di larghe intese, la via da seguire è il doppio turno. L'altra urgenza è passare a un monocameralismo, evitando due ballottaggi tra Camera e Senato.
Per quanto riguarda il lavoro questa crisi non si aggredisce con le ricette di prima scongelate dal freezer. Né basta agire solo sulle regole. Il tema quanto difficile è redistribuire una quota di risorse e ricchezza, parlare di salario minimo e dell'universalità degli ammortizzatori, di tutela previdenziale per i lavoratori discontinui. Ma soprattutto per rilanciare la crescita devi creare lavoro, su questo fronte l'azione pubblica è decisiva ».
Alfano non vuole norme sulle unioni civili. La maggioranza di governo rischia di saltare su questo?
«La cronistoria di una legge sulle unioni civili che tutta Europa considera scontata è la fotografia del ritardo delle classi dirigenti e mostra che la società è più avanti delle sue istituzioni. La destra resiste su posizioni ostili al riconoscimento della dignità per milioni di persone?
Se ne assumano il peso. Io dico calendarizziamo la materia alla Camera da subito. Mentre chi insiste a dire che viene prima il lavoro e dopo i diritti, in realtà boicotta entrambi, perché ampliare i secondi mai come oggi equivale a creare nuova ricchezza morale e materiale».
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