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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
1- DAGOREPORT
Da prendere con le molle ma la voce gira da un pezzo: a spingere e convincere Berlusconi a rassegnare le dimissioni non hanno primeggiato solo i consigli dell'"inner circle" formato da Piersivio, Confalonieri e per ultimo Ennio Doris che gli hanno prospettato non solo il crollo dell'euro ma lo sfascio dell'impero del Biscione.
A dare il definitivo colpo all'orgoglio del Cainano sarebbe intervenuto il compagno di ammucchiate moscovite Vladimir Putin. E non con lo scenario economico bensì con l'avvertimento che correva il concreto rischio che veniva "fatto fuori". In senso fisico? Ah saperlo...
2- PUTIN IN CAMPO: "POTENZE STRANIERE CONTRO DI ME"
Nicola Lombardozzi per "la Repubblica"
à il momento delle "potenze straniere". Forze subdole e minacciose che tramano contro la Russia e contro il suo amatissimo leader. Vladimir Putin ha tirato fuori tutta la sua grinta da combattimento per giocarsi una carta che funziona sempre bene da queste parti quando cominciano a serpeggiare il malcontento, la delusione, le prime clamorose contestazioni.
Rinfrancato dall´ovazione di undicimila tesserati del suo Partito dopo i giorni dei fischi e dei sondaggi disastrosi, l´uomo più potente di Russia ha così denunciato ieri mattina il grande complotto americano e occidentale che dovrebbe risvegliare l´orgoglio patriottico degli elettori: «Alle grandi potenze straniere che cercano di condizionare il voto dei russi, dico che stanno sprecando il loro denaro».
Per spingere il popolo a unirsi sotto le bandiere del Partito, il premier ha scelto una platea a prova di fischi: il mega impianto sportivo dello stadio Luzhniki, ex Lenin, teatro di un congresso straordinario di Russia Unita. Un´idea maturata in un paio di giorni dopo i pesanti scricchiolii della sua popolarità personale e le previsioni degli istituti demoscopici per il voto politico del prossimo 4 dicembre, dove la compagine di Putin e Medvedev è accreditata di una vittoria sicura ma incredibilmente risicata per le loro abitudini: addirittura al di sotto del 50% dei seggi in Parlamento.
Un modo geniale per uscire dall´angolo, ma niente di veramente necessario. Motivazione del Congresso straordinario era infatti il lancio della candidatura di Putin alle elezioni presidenziali del 4 marzo quando si riprenderà per altri sei anni la poltrona al Cremlino lasciata in prestito a Medvedev. Non ci sono infatti all´orizzonte rivali attendibili: il leader comunista Zhiuganov, il populista Zhirinovskij, il bolscevico Limonov.
In realtà l´annuncio era già stato dato solennemente in settembre ma tutto va bene per prendersi per un giorno intero tutta la scena televisiva. In fretta e furia tutti i delegati del Paese sono stati convocati d´urgenza a Mosca per applaudire a una notizia che avevano già applaudito due mesi fa. Tutti tranne i governatori locali. La campagna elettorale in periferia è troppo importante per interromperla anche solo per poche ore.
Tirato, serissimo, senza nessuna concessione all´ironia, Putin ha dunque accusato le grandi potenze di «finanziare gli oppositori e alcune ong per cambiare l´esito del voto». Riferimento vago e non del tutto comprensibile. Ma che bastava per scatenare il boato rabbioso dei convocati contro tutte le organizzazioni internazionali per i diritti umani che denunciano corruzione, abusi di potere, discriminazioni. Rincuorato dal coro il premier che tornerà presidente ha poi spiegato perché le oscure forze nemiche non vinceranno: «Perché Giuda non è il personaggio biblico più rispettato dal nostro popolo».
Poi la botta finale carica di disprezzo: «Questi paesi potrebbero usare meglio i loro soldi per pagare il loro debito o per migliorare una politica estera inefficace e costosa». Chiaro riferimento agli Usa, al loro debito pubblico e al loro scudo spaziale sul quale pochi giorni fa aveva tuonato il Presidente Medvedev.
Giornalisti entusiasti, delegati rincuorati dopo settimane di paura. Un continuo ripetersi: «Vedrai che impennata nei sondaggi di domani». Basterà ? All´esterno le cose non sono del tutto rassicuranti. Mentre Putin si prendeva i suoi applausi blindati, a San Pietroburgo il suo vice Dmitri Kozak, spedito al suo posto a un manifestazione contro la droga, è stato sommerso da un concerto di fischietti distribuiti all´ingresso da centinaia di giovani. Ironici, o forse no, un paio di delegati chiedevano ai cronisti di Mosca: «Erano fischietti americani?».
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