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DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
Walter Siti per "La Stampa"
Strana situazione dei talk tv, costretti a invitare gli ex ministri perché quelli in carica non vanno in tv; e strana situazione dei programmi di satira politica, in un momento di sospensione del potere. A infierire su Berlusconi sembra di sparare sulla Croce Rossa, ma pare brutto anche prendere di mira questa specie di Protezione Civile convocata per salvarci dall'alluvione dello spread. Maurizio Crozza, responsabile con Italialand (il venerdì su La7) dell'unica trasmissione generalista interamente satirica, sembra aver risolto l'impasse accentuando la dimensione favolistica, allegorica ed emblematica più che immediatamente aggressiva.
Tra i suoi personaggi fissi il più riuscito e poetico è il Bossi-Forrest Gump, questa settimana alle prese con una contraddizione di fondo: come solidarizzare coi ragazzi di Occupy Wall Street essendo la Lega nel consiglio d'amministrazione di molte banche. E' finita con un duetto lirico alla Porgy and Bess, con la soprano che cantava «Bollito sei» e Bossi che rispondeva «Vorrei tanto in pensione andar».
Montezemolo, ora che le elezioni si sono allontanate e l'Italia dei Carini morde meno, si rifugia nel grottesco alla Jarry di Giulia Sofia, straricca dalla vitalità indistruttibile. Perfino i politici intervistati da Marzullo (Vendola e Crosetto) acquistano sfumature fumettistiche («Shreck e il ciuchino»), con l'eloquio vero di Vendola che certamente aiuta («vivere in maniera calcolistica»). Le ancora sconosciute misure economiche sboccano in un numero da Lido, con un testo tipo Elio e le Storie Tese e 18 gambe 18 che cantano «Voulez-vous pagher avec moi l'Iva».
Se Fiorello ammicca agli anni d'oro del varietà televisivo, qui siamo agli sketch della gloriosa rivista, dove i doppi sensi sessuali garantiscono il piccante: Berlusconi pensionato che «si fa la schedina», Rutelli «morto» secondo un tormentone di Vauro e la Merkel che dopo aver visto le misure di Monti le definisce «impressionanti».
Qualche sketch fatica a chiudersi e Crozza si rifugia nel mestiere: le iperboli di Bersani («siamo mica qui a insegnare la macarena alle anguille») mostrano la corda, il Montirobot (che a Ballarò era stata una felice intuizione) è ancora incerto come personaggio e ha sfumature da Giovanni XXIII; il Marchionne in maglione si ripete, il Kazzenger di Giacobbo è ormai ai nonsense stralunati («se Garibaldi avesse incontrato Tutankamon gli avrebbe detto "Obelisco?"»).
Crozza punta sull'affabilità e non nasconde niente allo spettatore: si cambia a vista, si prende in giro come cantante, si lascia andare a ricordi personali. Con un commovente intervento da Mentana, il giorno dell'alluvione nella sua Genova non era andato in onda; questo venerdì ha reso omaggio alle vittime del messinese ma soltanto alla fine per non alterare i colori della comicità . Però il finale era comunque in discesa, si sentiva la stanchezza: se avesse potuto avrebbe detto «ragazzi, ma come faccio a far ridere in queste condizioni?»
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