1. IL BANANA ORA CI SPERA DAVVERO: LA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO HA CONDANNATO L'ITALIA PER AVER PROCESSATO DUE VOLTE GRANDE STEVENS E GABETTI SUL CASO FIAT: BASTAVA LA SANZIONE AMMINISTRATIVA, NON SI DOVEVA FARE IL GIUDIZIO PENALE 2. SECONDO L’AVVOCATO BRIAMONTE, CHE HA DIFESO I DUE MANAGER MULTATI DA CONSOB PER LO SWAP IFIL-EXOR, QUESTO CASO POTRÀ ESSERE USATO ANCHE DA BERLUSCONI 3. DEL COLLEGIO DIFENSIVO DEI TORINESI FACEVA PARTE ANCHE FRANCO COPPI CHE ORA SFRUTTERÀ' LA SENTENZA PER EQUIPARARE IL CASO DEI MANAGER CON QUELLO DEL BANANA 4. OCCHIO PERÒ: SUL PIANO GIURIDICO, UNA SANZIONE CONSOB (CON INTERDIZIONE) È DIVERSA DALLA CONDANNA PER FRODE FISCALE NEL CASO DEI DIRITTI MEDIASET. E GLI AVVOCATI FATICHERANNO A DIMOSTRARE CHE BERLUSCONI È STATO CONDANNATO DUE VOLTE

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1. LE DIFFERENZE TRA I CASI GRANDE STEVENS/GABETTI E BERLUSCONI
DAGONOTA

Berlusconi comincia a credere davvero nella riabilitazione di Strasburgo. Ieri la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sanzionato l'Italia per aver processato due volte per lo swap Ifil-Exor Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti: bastava la pesante sanzione della Consob, il processo penale non doveva farsi. La Corte europea ha quindi accolto la tesi dei professori Aldo Bozzi, Franco Coppi, Michele Briamonte e Natalino Irti.

Tra i due casi, però, ci sono molte differenze. La multa (con interdizione) di un'autorità indipendente come la Consob non si può equiparare ai soldi che Mediaset doveva al fisco. Solo se una sanzione inflitta dall'Agenzia delle Entrate fosse molto severa, si potrebbe avvicinare a una condanna penale. Non solo: la sanzione Consob è stata inflitta direttamente a due persone fisiche (Gabetti e Grande Stevens), e quindi si può assimilare alla responsabilità penale (che è personale).

Nel caso dei diritti comprati da Frank Agrama, era Mediaset che doveva pagare tasse, interessi ed eventuali sanzioni per il mancato versamento. Il procedimento che può scaturire nei casi più gravi di evasione, come quello per frode fiscale, è ben distinto, visto che riguarda le condotte personali di singoli amministratori.

L'agenzia delle Entrate si è costituita parte nel processo contro Berlusconi, Agrama e gli altri, e gli stessi giudici penali hanno condannato gli imputati a pagare all'agenzia 10 milioni di euro. Quindi non sembrerebbe nemmeno esserci lo sdoppiamento dei procedimenti che è stato censurato dai giudici della Corte Europea.


2. BERLUSCONI - AVV. BRIAMONTE A MIX 24 SU RADIO 24: "SENTENZA MEDIASET A STRASBURGO ANCORA APERTISSIMA. DOPO RICORSO ACCOLTO A FAVORE DI GRANDE STEVENS E GABETTI AVVOCATI DEL CAVALIERE HANNO UN BUON ARGOMENTO"
Da www.radio24.it


"La partita alla Corte dei diritti dell'uomo per il caso Mediaset direi, dopo la nostra sentenza, aperta. Non sono nel collegio dei difensori del cavalier Berlusconi però sicuramente c'è un'analogia con il ricorso fatto dal prof. Coppi a Strasburgo per la sentenza Mediaset (analogia con ricorso, di Coppi e lo stesso Briamonte, accolto a Strasburgo - Corte diritti uomo - a favore di avvocato Grande Stevens e Gabetti sulla questione dello swap sulle azioni Fiat del 2002, ndr.)

Penso che il principio sanzionato sia il medesimo e devo dire che sono sicuro che i difensori del cavaliere quando leggeranno il paragrafo 29 della sentenza avranno secondo me un buon argomento dove si dice che l'Italia, come qualsiasi paese dell'Unione Europea, qui chi parla è la Corte Europea dei diritti dell'uomo, quindi una Corte che abbraccia tutte le epifanie territoriali, non può sanzionare fiscalmente un illecito e poi pretendere di sanzionarlo anche penalmente, perché se la sanzione fiscale è aldilà di essere qualificata come solo amministrativa e non penale nell'ordinamento e una sanzione afflittiva questa elimina, consuma il potere di sanzione. "

Lo dice l'avvocato Michele Briamonte, partner dello studio Grande Stevens (l'avvocato della famiglia Agnelli) a Mix24 di Giovanni Minoli su Radio 24.


3. IFIL: CORTE STRASBURGO,ITALIA VIOLÃ’ CONVENZIONE DIRITTI UOMO
(ANSA) - Istruendo il processo penale a Franzo Grande Stevens e Gianluigi Gabetti per l'equity swap di Ifil-Exor, l'Italia viola l'articolo 4 del protocollo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che sancisce che non si può essere giudicati e puniti due volte per lo stesso reato. Questo il senso di una sentenza, emessa a Strasburgo, dalla Corte europea dei diritti umani.

I giudici rilevano che l'addebito mosso contro Grande Stevens e Gabetti è, in sostanza, il medesimo per il quale i due furono condannati in via amministrativa dopo una procedura promossa dalla Consob nel 2005. La giustizia italiana, dunque, dovrebbe mettere fine al processo penale «nel più breve tempo possibile»: processo penale che, comunque, si è concluso lo scorso novembre quando la Cassazione ha dichiarato la prescrizione del reato.

I giudici di Strasburgo hanno invece stabilito che le sanzioni imposte a Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens - oltre che a Virgilio Marrone, alla Exor Spa e alla Giovanni Agnelli & C. Sapa - nella procedura avviata dalla Consob e poi finita davanti alla Corte d'appello di Torino e davanti alla Cassazione, sono state «legali» e che quindi non c'è stata alcuna violazione dei diritti dei ricorrenti per quanto concerne la protezione dei loro beni.

È stata quindi rigettata la richiesta di 16 milioni di risarcimento presentata dalle società e dai tre ricorrenti, mentre è stato stabilito che agli stessi dovranno essere versati 10 mila euro per danni morali per la violazione dell'articolo del protocollo 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e perché durante il processo davanti alla Corte d'appello di Torino non c'è stata un'udienza pubblica.


4. NO AL CUMULO DI PROCESSI PER LO STESSO REATO
Marina Castellaneta per Il Sole 24 Ore

Se la sanzione qualificata come amministrativa sul piano interno è di una severità tale da essere equiparabile a una penale non è possibile avviare un nuovo procedimento giurisdizionale penale dopo quello di natura amministrativa.

Di conseguenza, se la Consob decide una sanzione pecuniaria elevata a cui si aggiunge una misura interdittiva, per manipolazione del mercato, è precluso lo svolgimento di un processo penale per gli stessi fatti nei confronti delle stesse persone. Lo ha deciso la Corte europea dei diritti dell'uomo in una sentenza fiume depositata ieri con la quale ha condannato l'Italia per violazione del diritto a non essere giudicati due volte per lo stesso reato stabilito dall'articolo 4 del Protocollo n. 7 (ricorso Grande Stevens e altri contro Italia), riconoscendo un indennizzo ai ricorreneti. Non solo. La Corte di Strasurgo ha anche imposto, per la prima volta, l'immediata chiusura del procedimento penale in corso, senza pregiudizio per i ricorrenti.

L'intricata vicenda arrivata sul tavolo dei giudici di Strasburgo ha preso il via da un comunicato stampa emesso dai vertici delle società Exor e "Giovanni Agnelli" nel quale non era stato menzionato un progetto di rinegoziazione di un contratto di equity swap.

L'Ufficio insider trading della Consob aveva contestato la commissione di atti di manipolazione del mercato: erano state decise sanzioni pecuniarie e l'interdizione. La Corte di appello (pronuncia confermata dalla Corte di Cassazione), pur con una diminuzione dell'entità delle misure, aveva confermato il verdetto della Consob.

Intanto, in base a quanto previsto dal Dlgs n. 58/1998, si era aperto anche il procedimento penale. I ricorrenti, che già dinanzi ai giudici nazionali, avevano invocato la violazione del principio del ne bis in idem, si sono rivolti a Strasburgo che, almeno sotto questo profilo, ha dato ragione ai ricorrenti. La norma della Convenzione europea dei diritti dell'Uomo - ha precisato la Corte - preclude l'esercizio di un nuovo procedimento dal momento in cui è stata resa la decisione della Consob.

Poco importa che il procedimento e la sanzione sul piano interno siano qualificati come amministrativi, se la loro natura ha carattere penale proprio in ragione della severità.

Sul punto la Corte, che ha dichiarato invalida la riserva italiana, non si è limitata a constatare la violazione ma ha chiesto l'immediata applicazione di una misura individuale, ossia la chiusura del procedimento interno (intanto il procedimento si è chiuso comunque per prescrizione).

Nessuna violazione invece del diritto di difesa e del diritto di proprietà per le misure decise dalla Consob. Le sanzioni - precisa la Corte - sono state pesanti, ma l'integrità dei mercati finanziari e la necessità di assicurare la fiducia della collettività nella sicurezza delle transazioni finanziarie costituiscono un obiettivo di interesse generale da tutelare.

Per quanto riguarda il diritto a un processo equo, Strasburgo ha evidenziato alcune lacune del procedimento che non ha assicurato un confronto tra accusa e difesa e non ha garantito il principio dell'equità delle parti in mancanza della fase orale. Dubbi anche sull'imparzialità dell'organo competente interno alla Consob per l'applicazione delle infrazioni, perché l'organo inquirente e quello giudicante si trovano sotto la supervisione dello stesso presidente. Lacune che, tuttavia, sono "sanate" dalla possibilità di ricorrere a un organo giurisdizionale di appello che, però, non doveva svolgere il procedimento in camera di consiglio.


I CASI DI ILLECITI AMMINISTRATIVI INTERESSATI CHE BLOCCHEREBBERO IL SECONDO PROCESSO:
ABUSO DI INFORMAZIONI PRIVILEGIATE

(articolo 187 bis del Tuif) Prevede una sanzione da euro 20mila a tre milioni per chi fa operazioni su strumenti finanziari abusando delle informazioni conosciute grazie al suo ruolo professionale

MANIPOLAZIONE DEL MERCATO

(articolo 187-ter del Tuif)

La sanzione prevista varia da euro 20 mila a 5 milioni per chi attraverso la stampa, internet o in qualunque modo diffonde notizie false o fuorvianti su strumenti finanziari

SANZIONI AMMINISTRATIVE ACCESSORIE

(articolo 187-quater del Tuif) Insieme alla sanzioni di cui sopra è prevista

l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate. La durata della sanzione va da un minimo di due mesi al massimodi tre anni

RESPONSABILITÀ DELL'ENTE

(articolo 187-quinquies del Tuif)

L'ente è responsabile per una somma pari all'importo irrogato per gli illeciti commessi nel suo interesse o per suo vantaggio

CONFISCA

(articolo 187-sexies del Tuif)

L'applicazione delle sanzioni amminsitrative pecuniarie comporta sempre la confisca del prodotto o del profitto dell'illecito e dei beni utilizzati per commetterlo


5. IL SISTEMA ITALIANO DIFETTA DI GARANTISMO
Marcello Clarich per Il Sole 24 Ore

Il sistema delle sanzioni amministrative e penali in materia finanziaria è tutto da rivedere perché viola i principi della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. È questa la conseguenza principale della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in un caso di irrogazione di sanzioni amministrative plurimilionarie inflitte dalla Consob (sentenza 4 marzo 2014 nel caso Grande Stevens e altri contro Repubblica italiana).

La questione riguarda in primo luogo le garanzie del contraddittorio nei procedimenti sanzionatori gestiti dalla Consob e dalle altre Authority di settore. Infatti, quanto più ampi e incisivi sono i poteri da esse esercitati nei confronti delle imprese regolate e dei loro amministratori, tanto più deve essere garantita la possibilità di difendersi per iscritto e oralmente nell'ambito del procedimento.

Di questa esigenza si era peraltro già fatta carico in anni recenti sia la giurisprudenza amministrativa sia la legge sul risparmio (n. 262/2005).

Il Consiglio di Stato, infatti, ha stabilito il principio secondo il quale le garanzie procedimentali devono essere tanto più elevate, quanto più la legge attribuisce poteri quasi "in bianco" alle autorità indipendenti. La perdita della legalità sostanziale, dovuta al fatto che in molti casi le Autorità di settore dettano le regole di comportamento degli operatori, le applicano e irrogano le sanzioni, va conpensata con un rafforzamento della legalità procedurale.

Sulla stessa lunghezza d'onda, la legge sul risparmio ha introdotto garanzie del contraddittorio superiori a quelle stabilite in via generale dalla legge sul procedimento amministrativo (legge 7 agosto 1990, n. 241) che, per esempio, non rende obbligatorio il contraddittorio orale. La legge sul risparmio ha previsto una regola inedita in Italia, ripresa da modelli anglosassoni, e cioè una separazione netta tra uffici istruttori e organo decisionale, in modo tale da garantire una maggior terzietà di quest'ultimo. Dopo questa riforma le authority finanziarie hanno adeguato i loro regolamenti.

Tutto questo però non è sembrato sufficiente ai giudici di Strasburgo. Infatti, per quanto la Consob possa essere considerata un'autorità imparziale e sottoposta a controlli giurisdizionali efficaci, il procedimento sanzionatorio non è garantista. E ciò sia perché non prevede un'udienza pubblica orale, sia perché l'istruttoria e la decisione finale avvengono comunque all'interno dello stesso apparato.

Ma ancor più iniqua è la possibilità prevista dal Testo unico della finanza di comminare sanzioni amministrative e sanzioni penali in relazione allo stesso fatto illecito. Nella visione dei giudici di Strasburgo il primo tipo di sanzioni (specie quelle milionarie) ha carattere afflittivo analogo a quello delle sanzioni penali.

Se così è al legislatore italiano non resta altro che rimboccarsi le maniche rimettendo mano a una riforma che superi le censure dei giudici di Strasburgo. Un altro punto si aggiunge così all'agenda del nuovo governo.

 

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