DALL’EDONISMO AL PACIFISMO REAGANIANO - ALTRO CHE “COWBOY DAL GRILLETTO FACILE”, REAGAN FU UOMO DEL DIALOGO E SPIANÒ LA STRADA A GORBACIOV - MA È POLEMICA: I CRITICI RICORDANO CHE RONNIE AVEVA BOLLATO L’URSS COME “L’IMPERO DEL MALE”

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Ennio Caretto per il “Corriere della Sera

 

gorbaciov e reagan al summit di ginevra, 1985 mario donderogorbaciov e reagan al summit di ginevra, 1985 mario dondero

Trent’anni fa, l’11 marzo del 1985, appare sulla scena internazionale «l’uomo nuovo» sovietico, l’uomo del cambiamento, vanamente atteso dalla morte di Stalin nel 1953: Mikhail Gorbaciov.

 

Il segretario del Pcus e ultimo presidente dell’Urss è destinato a rimanere nella storia per la fine della Guerra Fredda e la liquidazione dell’impero comunista.Così analizzato e approfondito è stato il ruolo di Gorbaciov nella conclusione della pace tra Usa e Urss, tra Nato e Patto di Varsavia, che al riguardo difficilmente potranno emergere delle novità.

Michail Gorbaciov fotografato da Marco DeloguMichail Gorbaciov fotografato da Marco Delogu

 

Novità che stanno invece emergendo sul ruolo del suo interlocutore principe, il presidente americano Ronald Reagan, l’icona dei conservatori che con Gorby al vertice di Reykjavik nell’ottobre 1986 sfiorò l’eliminazione di tutti gli arsenali atomici. 
 

Secondo una massiccia serie di dossier desecretati di recente da Casa Bianca, Dipartimento di Stato e Cia, anche Reagan fu un «uomo nuovo», l’uomo dell’imprevisto cambiamento americano. Senza di lui le aperture di Gorbaciov non avrebbero avuto probabilmente buon esito. 
 

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Il leader del Cremlino, suggeriscono i documenti, ebbe la fortuna di trovare nel Reagan del 1985 non il falco del primo triennio al potere. Una metamorfosi compiuta nel 1984 e maturata nel 1983, quando il mondo aveva rischiato di nuovo l’olocausto nucleare come già accaduto nella crisi di Cuba del 1962. Un cambio di passo che a sua volta sarebbe servito a poco se l’Urss fosse rimasta nelle mani della generazione di leader pre-Gorbaciov: Breznev, Andropov o Chernenko. 
 

A trasformare Reagan, «il cow boy dal grilletto facile» secondo i media liberal americani, fu la graduale presa di coscienza che l’olocausto nucleare era «un pericolo reale e imminente», e che un first strike, un attacco sovietico a sorpresa, sarebbe costato la vita a 125 milioni di americani, quasi metà della popolazione. 
 

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Appena eletto, Reagan era stato informato che nel novembre 1979 gli Usa si erano trovati sull’orlo di una guerra nucleare per un errore dei computer che avevano denunciato un lancio di 2.200 missili dall’Urss. 
 

Nel 1983 al presidente capitò qualcosa di analogo: l’Urss dichiarò due volte l’allarme nucleare, dapprima a settembre, dopo avere abbattuto nei propri cieli un aereo di linea sudcoreano, e poi a novembre, in reazione a manovre militari Nato. Reagan si disse inorridito e determinato a ridurre o eliminare gli arsenali atomici. 
 

LEONID BREZNEV E ALEXEIS KOSSIGHIN LEONID BREZNEV E ALEXEIS KOSSIGHIN

Stando ai dossier, fu dovuto al cambiamento di Reagan anche il progetto di Scudo Spaziale varato nel marzo 1983, un progetto mai realizzato (per i sovietici era un piano di guerra) che a Reykjavik il presidente offrì di spartire con Gorbaciov. Reagan prese sempre più le distanze dai falchi, il direttore della Cia William Casey e il consigliere della Casa Bianca Edwin Meese, e fece perno sulla colomba «number one», il segretario di Stato George Shultz. 
 

In quello stesso 1983 invitò a un vertice Andropov, succeduto a Breznev, e nel 1984 rinnovò l’offerta a Chernenko. La sua delusione per un mancato riscontro è rispecchiata in un suo appunto del maggio di quell’anno: «Smettiamo di implorarli!». Ma all’elezione di Gorbaciov, pochi mesi dopo, Reagan non esitò a tornare alla carica con una lettera personale. Il vertice ebbe luogo nel novembre 1985 e inaugurò la stagione del disgelo. 
 

Il presidente sapeva che Gorbaciov era un leader diverso. Glielo aveva detto Margaret Thatcher, premier britannico, che lo aveva ricevuto nel dicembre 1984: «Con lui si possono fare affari». Glielo avevano confermato Shultz e il vicepresidente George Bush Sr. dopo averlo incontrato alle esequie di Chernenko a Mosca. 
 

Yuri Andropov article F BD x Yuri Andropov article F BD x

Un rapporto della Cia lo dipingeva come un riformista: Gorbaciov «avrebbe seguito le orme di Kruscev e non di Stalin». Casey fu costretto ad allinearsi. In un memorandum al presidente del giugno 1985 intitolato «La scopa nuova Gorbaciov», lo definì «il leader sovietico più attivo della storia», ne elogiò i programmi economici e sociali e le iniziative in politica estera: «Ha ammorbidito le richieste del Cremlino per un vostro vertice». Il primo e i tre che seguirono. 
 

Su questo ritratto di Reagan pacifista è polemica. Gli storici più critici ricordano che il presidente aveva bollato l’Urss come «l’Impero del Male», accusa che non ritrattò se non nel 1988. 
 

Konstantin ChernenkoKonstantin Chernenko

Sottolineano il tentativo di distruggere l’avversario economicamente e politicamente, perseguendo la superiorità atomica al punto che il Cremlino non escludeva la terza guerra mondiale. 
 

Ma i documenti desecretati dimostrano che dal primo incontro con Gorbaciov Reagan si lasciò tutto questo alle spalle e che si adoperò con il partner sovietico per edificare un solido sistema di reciproca sicurezza innanzitutto in Europa. Non ci riuscì, il suo mandato scadde nel gennaio 1989, e il suo erede Bush Sr. tergiversò per un anno prima di riprendere la collaborazione. Troppo poco e troppo tardi. Gorbaciov cadde il natale del 1991 e l’incubo nucleare continuò a perseguitare Reagan: «Un conflitto atomico sarebbe la fine della nostra civiltà».