
DAGOREPORT: ALLARME VANNACCI! SE L’AMBIZIONE DETERMINATISSIMA PORTASSE IL GENERALISSIMO A FAR SUO…
Goffredo De Marchis per "la Repubblica"
Muoversi come se dovesse andare da solo alle elezioni. Proporre 5 punti di un programma per quella che Pier Luigi Bersani chiama «la riscossa». E nella sede di Largo del Nazareno non si esclude l´ipotesi di "primarie" sul programma, cioè di un referendum su alcuni punti specifici. Una risposta all´antipolitica, una mossa fuori dalle logiche di apparato.
Poi verranno anche le alleanze e le primarie che il segretario considera necessarie, non per rincorrere chi le invoca ma per sé, per dare forza alla sua candidatura: «Sono il primo a sapere che la mia elezione del 2009 non basta per la corsa a Palazzo Chigi. Occorre una nuova legittimazione». Ma stavolta toccherà a lui rispolverare la "vocazione maggioritaria", lo slogan che fu di Walter Veltroni e che diventò un modello negativo per tutta l´area bersaniana. Alleati, premiership, ipotesi di liste civiche da affiancare al simbolo democratico: verranno tutti dopo.
Walter Veltroni, Enrico Letta, Paolo Gentiloni, Dario Franceschini chiedono al segretario di mettere in secondo piano la candidatura. Tanto si è capito benissimo che Bersani sarà in campo e il grosso del Pd è disposto ad appoggiarlo. Ma il punto è su quali basi, su quale progetto? «Proposta politica aperta alla società civile, alle associazioni, ai moderati, ai riformisti». L´idea del rassemblement libero, eterogeneo piace ai veltroniani.
E al segretario va benissimo l´idea di non avviare subito la discussione per la candidatura. Servirà anche a rendere «una piccineria» l´insistenza di Matteo Renzi per risolvere il rebus del leader. «Non dobbiamo discutere né di primarie né di alleanze. Per un motivo semplice: ci sono ormai pochi giorni per vedere se sarà cambiata la legge elettorale. Anticipare le mosse può mandare all´aria tutto», dice Gentiloni. Bisogna invece indicare una rotta del Partito democratico per il futuro. «Da troppo tempo non parliamo al Paese», dicono i veltroniani.
Su questo il partito rischia di dividersi, ma è un passaggio che non si può eludere. Enrico Letta, dopo l´invito del gruppo Bilderberg il club in cui si incontrano informalmente i potenti del mondo, considera Mario Monti l´unica carta italiana da spendere nella crisi. Oggi e forse anche domani. «Tutti chiedevano dell´Italia. Solo grazie all´autorevolezza del premier», racconta. Dall´altra parte Stefano Fassina, Matteo Orfini considerano fallimentare l´azione del governo tecnico e non avendo sponde per le elezioni anticipate chiedono al Pd di smontare il programma di Monti.
Ma a questo punto Bersani vuole proiettare il Pd verso la primavera del 2013, al dopo-Monti. Non a caso, dopo tanto tempo, i democratici pensano di aprire le porte della direzione di venerdì. Dibattito pubblico, primo segnale di un´apertura all´esterno. Ci sarà anche Matteo Renzi alla riunione, ma lo scontro verrà rimandato. Primarie e alleanze infatti rimarranno sullo sfondo. «Quello che conta oggi è il progetto - diceva Bersani parlando ieri alla Camera con i suoi collaboratori -. Se il progetto è credibile, convinceremo altri a seguirci». Ma arriverà il momento della sfida per la leadership. E i sondaggi che arrivano a Largo del Nazareno danno Bersani vincente.
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