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Ottimi rapporti Grillo-Di Maio, retroscena privo di fondamento
Riceviamo e pubblichiamo:
Quanto riportato nel retroscena in questione è del tutto privo di fondamento. I rapporti tra Beppe Grillo e Luigi Di Maio sono ottimi, confermati dall’ultimo incontro a Roma. Non c’è stato alcun contatto telefonico in questi giorni e quanto riportato è evidentemente frutto di una campagna denigratoria volta ad attaccare e screditare il capo politico M5S, che gode della massima stima e fiducia di Beppe Grillo. A dimostrazione di ciò, l’ultimo video in cui il garante ha nettamente ribadito il proprio sostegno all’azione del capo politico Luigi Di Maio.
Staff Di Maio
DAGONEWS
maurizio crozza alias beppe grillo con il cartonato di luigi di maio
Grillo ha parlato con Di Maio e lo ha minacciato: occhio che ti scomunico da capo politico del Movimento 5 Stelle. Non solo per il pasticcio sul Mes e il tira e molla sulla prescrizione, ma anche per l'atteggiamento che stai adottando con il Pd (e Conte) dopo le elezioni in Umbria. La chiusura a ogni alleanza futura, il conflitto quotidiano e il logoramento del premier stanno irritando parecchio il Fondatore.
L'Elevato sul governo ha un'idea chiara: visto che ormai lo abbiamo fatto (e io ci ho messo la faccia), cerchiamo di portarlo avanti come si deve, con meno figuracce possibile e non rimettendo tutto in discussione ogni giorno.
LUIGI DI MAIO INCONTRA BEPPE GRILLO A ROMA 6
Ma a Di Maio la minaccia non ha fatto granché effetto, anzi non gli dispiace di ''stanare'' Grillo e costringerlo a un anatema pubblico delle sue strategie governative. La maggior parte dei parlamentari lo supplica di lasciare il ruolo di capo politico a qualcun altro, ma sa che mollare una posizione è grande sinonimo di debolezza. Beppe che torna in campo e lo costringe al passo indietro potrebbe allungare la vita politica del governo giallo-rosso, perché gli permetterebbe di smarcarsi dalle sicure disfatte in Emilia-Romagna e Calabria.
davide casaleggio luigi di maio
Se fosse Grillo a riprendere in mano il movimento, sarebbe anche lui a prendersi la responsabilità della sconfitta (ricordate il Maalox dopo le Europee 2014?). D'altronde Giggino è in fredda con i suoi storici collaboratori: Fraccaro, Bonafede, Spadafora. Tre che essendo molto attivi nel governo, e vivono nei palazzi romani tra tecnici e politici, non amano vederlo ogni giorno messo in discussione. Sono della linea Grillo: siamo in ballo col Pd, tanto vale ballare.
ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO
Invece Giggino, bruciato da sondaggi e voto umbro, spera ancora di galvanizzare quello zoccolo duro di pasionari anti-casta che costituivano il nucleo originario. Per questo negli scorsi giorni si è riavvicinato a Dibba e Paragone, due che cannoneggiano contro l'imborghesimento a 5 Stelle. E per questo Beppe gli ha ricordato che il simbolo è ancora suo e che può strappargli il giocattolo in qualunque momento.
Chi più trema davanti a questi bisticci è Davide Casaleggio, che da quando sta al governo (ufficiosamente) ha costruito un lucroso business con la sua srl, che invece stava traballando nei conti.
Grillo non vuole tornare al voto in primavera: se si va alle urne, il M5s prende il 10% e poi che fa? Che senso ha far saltare un governo nato (anche) per la sua personale antipatia verso Salvini per garantirsi un futuro non di centrodestra, ma di destra-destra, con il Truce e Giorgia a fare i leoni e un vecchio Silvio stanco e commissariato? Conte, fosse anche solo per la sua sopravvivenza, non può che essere d'accordo con l'Elevato, e anche per questo nel suo discorso alle camere non ha menato sui grillini, e non ha menzionato Laura Castelli, viceministra all'Economia che avrebbe dovuto vigilare sul testo del Mes (pensa te…).
L'altra spina nel fianco di Giggino è la Farnesina, dove pensavano di aver toccato il fondo con il povero Moavero-Milanesi, e invece hanno scoperto che c'era ancora da scavare. Ma da quell'orecchio ''il politico con il curriculum migliore d'Europa'' (copyright De Masi) non ci sente: i suoi, durante le trattative per il Conte-bis, gli avevano consigliato di tenere solo il Ministero dello Sviluppo Economico, ma quando ha capito che avrebbe perso il ruolo di vicepremier, ha puntato i piedi per avere gli Esteri, un dicastero che da cerimoniale è secondo solo alla presidenza del Consiglio.
Così ha portato armi e bagagli nel palazzone bianco ai piedi di Monte Mario: ecco Sequi, Rubei e per i temi economici Carmine America, giovane e ambizioso conterraneo (anche lui viene da Pomigliano d'Arco).
Geraci, Di Maio, Sequi - Presentazione della Via della Seta
Il problema è che nessun ministro degli Esteri dei paesi con cui l'Italia intrattiene i rapporti più stretti ha il suo curriculum (ehm…) e in più è anche capo del partito di maggioranza, un dettagliuccio che gli fa disertare summit internazionali e preferire tour a scattarsi selfie in Sicilia al G20 in Giappone. Dove ha mandato la sventurata Emanuela Del Re, non esattamente un'erede di Kissinger.
I nodi tra Grillo e Di Maio verranno al pettine a breve. Il rinvio del Mes (o meglio della sua firma) smorza il conflitto ai vertici del governo, ma non elimina i problemi principali del M5S: il controllo di Di Maio è sempre più debole, ma Grillo non ha nessuno con cui sostituirlo. E il suo ruolo non può essere quello del mediatore: o comanda, o sparisce. Ma chi avrebbe le spalle abbastanza larghe per prendere in mano la sua creatura?
Ecco, allora perché non torna lui a fare il capo politico? Perché è stanco, ha 71 anni e non gli va più di girare l'Italia come un tempo, togliendo le castagne dal fuocherello dei suoi ragazzi, cui ha dato in mano una Ferrari e che ora è una Panda piena di ammaccature.
Ma soprattutto teme una cosa: il rinvio a giudizio del figlio, accusato di violenza sessuale per quel festino notturno nella sua casa di Cala di Volpe. Quello sarebbe un duro colpo, e per questo deve restare ''manzo'' finché non si chiarisce la situazione familiar-processuale.
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