DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
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Dai banchi dell’Italia, sono arrivati soltanto tre voti favorevoli alla riforma del Patto di stabilità e crescita: Herbert Dorfmann e Lara Comi del Ppe e Marco Zullo di Renew (al quale si può aggiungere Sandro Gozi che però è stato eletto in Francia).
A unirli c’è un “dettaglio” rilevante: nessuno di loro tornerà nell’aula di Strasburgo. Il loro voto, quindi, è slegato dalle dinamiche del consenso, e si sono potuti permettere di scegliere secondo coscienza. Così non è stato per gli altri.
paolo gentiloni valdis dombrovskis
Ciascun partito si è mosso assecondando logiche elettorali interne, in vista delle elezioni europee: nessun leader voleva concedere il fianco alla concorrenza e difendere la propria fetta di consenso.
Le norme restrittive su deficit e debito previste dal Patto non portano voti, anzi, ed essere accusati di averle avallate non piace a nessuno, men che mai a un mese e mezzo dal voto.
Elly Schlein, con i suoi tre passaporti, era intenzionata a far votare no, come hanno fatto i 5 Stelle.
La segretaria multigender non era intenzionata a lasciare a Conte quell’elettorato sinistrello euro-scettico e anti-rigorista. Sono state le pressioni di Dario Franceschini a convincerla a cambiare rotta, per non sconfessare il lavoro di mediazione del Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, pur sempre membro autorevole del Partito democratico.
Elly ha virato su una più morbida astensione dopo che “Su-Dario” le ha fatto una lezioncina di sfumature politiche: in Europa l’astensione viene considerata “cugina” del sì, visto che di fatto consegna le decisioni alla maggioranza.
ursula von der leyen giorgia meloni
La delegazione di Fratelli d’Italia, invece, si è astenuta per altre ragioni. Giorgia Meloni spera ancora in una forte affermazione di Ecr e dei movimenti di destra alle elezioni europee, e punta a una maggioranza diversa da quella attuale, così da poter impugnare il Patto e modificare i passaggi più sgraditi.
A Palazzo Chigi temono che le nuove clausole imbriglino il governo Ducioni in maniera irreversibile, bloccando ogni scelta. I conti pubblici, esplosi a causa del Superbonus, sono in affanno, al punto da obbligare l’esecutivo a rimandare la mancetta elettorale degli 80 euro nella tredicesima. Come scrive oggi Federico Fubini sul “Corriere della Sera”, “tutti i partiti di maggioranza e opposizione che negli anni hanno sostenuto bonus immobiliari costati 219 miliardi a Roma, una volta a Bruxelles evitano di sottoscriverne la disciplina di bilancio.
VALDIS DOMBROVSKIS - PAOLO GENTILONI
E chi osserva, dal resto d’Europa, non può che percepire una fuga preventiva dalle responsabilità, mentre si avvicina il momento in cui le nuove regole morderanno. Tutti del resto, da destra e da sinistra, giustificano l’astensione lamentando che il nuovo Patto sia inadatto a rilanciare gli investimenti.
Eppure il governo italiano è l’unico in Europa, fra coloro che dispongono dei fondi fin dall’inizio, a chiedere già un rinvio delle scadenze 2026 sul Piano di ripresa e resilienza. Anche sui fondi che ha, l’Italia si sta astenendo: dallo spenderli nei tempi”.
Ovviamente, nella scelta della Meloni, ha pesato la necessità di proteggersi a destra da eventuali attacchi di Salvini, che avrebbe avuto buon gioco a rinfacciarle il “tradimento”. La Lega non ha tentennato e ha votato contro, facendo fare al suo Giorgetti la solita figura di palta, visto che il ministro dell’Economia ha trattato e firmato il testo della riforma.
Le decisioni politiche delle delegazioni italiane hanno sollevato molte perplessità tra gli euro-poteri: il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, si è lagnato con Gentiloni della inaffidabilità e contraddittorietà del Partito Democratico, la cui posizione a Strasburgo ha lasciato tutti interdetti.
Un certo malcontento è serpeggiato anche nel gruppo dei Conservatori europei, dove sta montando una frondina contro la Presidente, Giorgia Meloni. Non solo perché i polacchi del Pis hanno votato convintamente a favore del Patto da buoni falchi del rigorismo economico nell’Unione, ma anche perché, a differenza degli altri euro-gruppi, Ecr non ha presentato uno spitzenkandidaten, per esplicita volontà della Reginetta della Garbatella. Un eventuale frontrunner dei Conservatori vincolerebbe la Ducetta a quel nome, e invece vuole avere le mani libere per accordi e accordicchi post-voto.
Un camaleontismo che ha spiazzato i duri polacchi del Pis, che si chiedono a che gioco giochi la premier italiana, al punto da iniziare a temere qualche “brutto scherzo” dopo le europee (tipo un traghettamento di Fratelli d’Italia verso il Ppe, o all’interno di una maggioranza Ursula-bis tenendo fuori il resto dei conservatori).
Per la ratifica del Patto, inoltre, dopo il voto dell’Europarlamento servirà un altro passaggio al Consiglio europeo, dove è necessaria l’unanimità. La seduta si terrà dopo le elezioni europee, quando Giorgia Meloni, una volta chiari i rapporti di forza a Bruxelles, sarà “libera” di votare a favore del Patto. Passata la festa, gabbato lo santo.
giorgia meloni ursula von der leyen a lampedusa 3URSULA VON DER LEYEN - GIORGIA MELONI - OLAF SCHOLZ
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