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        DAGOREPORT – ITALIA, BYE BYE! JOHN ELKANN NON NE PUÒ PIÙ DI QUESTO DIGRAZIATO PAESE CHE LO UMILIA SBATTENDOLO PER 10 MESI AI "SERVIZI SOCIALI", COME UN BERLUSCA QUALSIASI, E STUDIA LA FUGA NEGLI STATI UNITI - PRIMA DI SPICCARE IL VOLO TRA LE BRACCIA DEL SUO NUOVO IDOLO, DONALD TRUMP, YAKI DEVE LIBERARSI DELLA “ZAVORRA” TRICOLORE: CANCELLATA LA FIAT, TRASFORMATA IN UN GRUPPO FRANCESE CON SEDE IN OLANDA, GLI RESTANO DUE GIORNALI, LA FERRARI E LA JUVENTUS – PER “LA STAMPA”, ENRICO MARCHI È PRONTO A SUBENTRARE (MA PRIMA VUOLE SPULCIARE I CONTI); PER “REPUBBLICA”, IL GRECO KYRIAKOU È INTERESSATO SOLO ALLE REDDITIZIE RADIO, E NON AL GIORNALE MANGIASOLDI E POLITICAMENTE IMPOSSIBILE DA GOVERNARE) - DOPO IL NO DI CARLO FELTRINELLI, SAREBBERO AL LAVORO PER DAR VITA A UNA CORDATA DI INVESTITORI MARIO ORFEO E MAURIZIO MOLINARI – SE IL CAVALLINO RAMPANTE NON SI TOCCA (MA LA SUA INETTA PRESIDENZA HA SGONFIATO LE RUOTE), PER LA JUVENTUS, ALTRA VITTIMA DELLA SUA INCOMPETENZA, CI SONO DUE OPZIONI IN BALLO…
DAGOREPORT
 gianni infantino donald trump john elkann
gianni infantino donald trump john elkann 
Non ne può più, John Elkann, di questo disgraziato Paese a forma di stivale. Non si è mai sentito amato, rispettato, né considerato un “capitano d’industria”. Al più, è stato relegato al ruolo di “nipote dell’Avvocato”, il rampollo che ha la fortuna di ereditare la cuccagna dell'impero di famiglia.
La goccia (si fa per dire) che ha fatto traboccare il vaso e destabilizzare il suo sistema nervoso, è stata l’inchiesta della procura di Torino per l’eredità di nonna Marella, contestata col coltello tra i denti dalla reietta madre, Margherita.
Un disastroso drammone familiare che, dopo il versamento al fisco 183 milioni di euro, si è infine concretizzato con l'umiliante condanna a dieci mesi di "servizi sociali", come un Berlusconi qualsiasi, e costretto a fare il "tutor" per ''giovani fragili'', in una struttura salesiana, a Torino. Impegno che non sarà così difficile per chi ha avuto a che fare con le tante diavolerie del fratellino Lapo.
 JOHN TRAVOLTO - VIGNETTA DI FRITZ VICARI - REPORT
JOHN TRAVOLTO - VIGNETTA DI FRITZ VICARI - REPORT 
Malgrado il possesso di tre icone dell'italianità (Ferrari, Juve e "Repubblica"-"La Stampa"), privo com'è dell'empatia cinica e del fascino da sciupafemmine dell'Avvocato, il gelido Yaki non è mai riuscito a entrare nel cuore degli italiani, complice anche il fatto che ogni gioiello della Dinastia che ha toccato, l'ha azzoppato o venduto. E ora sogna solo di abbandonare lo Stivale e trasferirsi armi e bagagli a fare il finanziere di Exor negli Stati Uniti.
Se il suo rapporto col regime dell'Armata Branca-Meloni non è stato per niente idilliaco, quello con Donald Trump è stato così travolgente, al limite dell'amour fou, che lo spinge a stabilirsi al di là dell’Atlantico, dove nonno Gianni aveva molti amici e molte amanti.
La corrispondenza d’amorosi sensi iniziata con lo stanziamento di un milione di dollari per l’inaugurazione del secondo mandato del due volte bancarottiere della Casa Bianca è proseguita con una visita della Juventus nello Studio Ovale, condite con private testimonianze di stima e fedeltà.
Subito dopo l’omicidio di Charlie Kirk ha espresso a Trump il suo pari sdegno per un tweet dello celeberrimo scrittore Stephen King che minimizzava la morte dell’attivista attribuendogli falsamente un’opinione favorevole alla lapidazione dei gay.
Due settimane fa, nella speranza di incontrare di nuovo il suo idolo, Donald Trump, John s’è scapicollato anche al galà del Niaf, la fondazione italo-americana nelle manine esperte di Paolo Messa, e si è ritrovato a ritirare il premio dalle mani del lombrosiano "inviato speciale" del Cazzaro della Casa Bianca, Paolo Zampolli.
E pensare che il il principale erede di casa Agnelli aveva pure trasformato il giardino di Villa Firenze, sede dell’ambasciata italiana a Washington, in un autosalone Stellantis (tra una Maserati gialla quattro porte e la nuovissima Ferrari 849 Testarossa, troneggiava un minaccioso trattore CNH).
Stellantis, il gruppo ormai più francese che italiano che John presiede, ha inoltre reagito ai dazi del Caligola di Mar-a-Lago mettendo sul piatto la sommetta di 13 miliardi di dollari per sostenere la produzione nel mercato statunitense, che è il più importante per il gruppo (che controlla i marchi Jeep, Chrysler, Dodge e Ram).
Anche la scelta di nominare Antonio Filosa come successore di Carlos Tavares, anziché un Ceo francese come era previsto, sarebbe stata fatta per assecondare il desiderio di Donald Trump di non avere un manager concittadino del detestato Macron a capo delle fabbriche automobilistiche in terra americana.
Prima di volare definitivamente negli States, John deve chiudere subito i conti con gli asset che ha in Italia: il primo pezzo dell’impero a finire sul mercato è stato il Gruppo editoriale Gedi. Ma non mancano gli ostacoli.
“La Stampa”, il gioiellino sabaudo di famiglia a cui tanto teneva nonno Gianni, è nel mirino del veneto Enrico Marchi e della società editoriale Nem, che ha già rilevato i quotidiani del Nord-est del fu gruppo Espresso (Corriere delle Alpi, Mattino di Padova, Messaggero Veneto, Nuova di Venezia e Mestre, Piccolo di Trieste e Tribuna di Treviso più Nordest Economia).
La trattativa va avanti con Marchi che sta spulciando i conti dello storico giornale di Torino, per capire quale sia lo stato di salute effettivo di una azienda che conta 120 giornalisti assunti a tempo indeterminato.
Ma perché l'ambizioso fondatore di Banca Finint, che dice di sentirsi “politicamente orfano” e si ispira nientemeno che a Warren Buffett, dovrebbe lanciarsi all’assalto della “Stampa”, una realtà editoriale lontana dal suo Nord-Est, alle prese, come tutti i giornali, con vendite all'edicola declinanti ma che brilla, grazie al lavoro del suo ottimo direttore Andrea Malaguti, di un'identità e di un peso politico che ha scavalcato a sinistra anche "La Repubblica" diretta "con mani di fata" da Mario Orfeo.
Marchi è sì molto ambizioso, ma a motivarlo ci sono ragioni industriali. Con il controllo della “Stampa”, potrebbe “spalmare” contenuti nazionali e internazionali sui suoi sei quotidiani locali (cinque in Veneto e uno in Friuli Venezia-Giulia, tutti territorialmente filo-governativi, cioè pro-Zaia e pro-Fedriga), diventando, dopo il “Corriere della Sera”, il più importante editore nelle regioni ricche del Nord, dal Piemonte al Veneto.
 maurizio molinari con la moglie
maurizio molinari con la moglie
Una figura cruciale del gruppo NEM è Paolo Possamai, giornalista economico, già direttore del “Piccolo”, a suo tempo anche dei quotidiani veneti di GEDI e poi di “Nordest economia”, nonché padre di Giacomo, sindaco di Vicenza del Partito democratico (attualmente Possamai padre è nel consiglio d’amministrazione di NEM).
Così influente che le recenti dimissioni di Luca Ubaldeschi, direttore delle sei testate veneto-friulane del Gruppo Nem, già Vicedirettore de ''La Stamp'' ed ex Direttore del ''Secolo XIX'' (entrambi Gedi, della famiglia Elkann-Agnelli), ha origine dalla sua entrata in collisione con Possamai.
Insomma, Marchi ha coperture non solo a destra, tramite i governatori leghisti, ma anche a sinistra.
Per quanto riguarda “La Repubblica”, invece, le trattative con il gruppo dell'armatore greco Theodore Kyriakou sarebbero tramontate, soprattutto perché il gruppo ellenico “Antenna” vorrebbe rilevare in particolare le redditizie radio (Deejay e M2o) e avrebbe uno scarso interesse per il fu giornale mangiasoldi fondato e venduto da Scalfari, dotato di una redazione di 250 giornalisti che politicamente non sono facili da domare. Comunque, sullo scorporo Elkann è contrario: o si vende tutto, o non si vende niente.
Dopo il solito no di Carlo Feltrinelli, ad agevolare lo sblocco dell’affare potrebbero pensarci due direttori di “Repubblica”: l’attuale, Mario Orfeo e il suo predecessore, Maurizio Molinari (avvelenatissimo con Elkann per il suo siluramento, “ordinato” all’editore dal comitato di redazione). Si vocifera che i due giornalisti stiano cercando investitori per creare una cordata che rilevi “Rep”.
Resterebbero Ferrari e Juventus. Per quanto riguarda il “Cavallino”, è un brand di tale prestigio globale e alta redditività che John non è intenzionato a cedere. Sulla “Vecchia signora”, invece, si muovono famelici due possibili acquirenti.
Il primo è la Tether del duo Paolo Ardoino – Gianluca Devasini, già soci all’11,5% e potenzialmente molto liquidi: la stablecoin che emettono, USDT, gli garantisce un flusso continuo di decine di miliardi.
L’altro è una vecchia conoscenza della Continassa: l’ex presidente Andrea Agnelli, cugino controverso ma vincente che molti tifosi rimpiangono. Finito in disgrazia per la vicenda delle plusvalenze gonfiate, che l’ha costretto a lasciare il timone della società bianconera (squalificato a dieci mesi, il 20 novembre potrebbe tornare in pista).
Il figlio di Umberto, già munifico di suo, sta cercando soci per rilevare la Juventus dal mai amato cugino Yaki, che di calcio ha sempre masticato poco, come di motori.
I risultati sportivi dei bianconeri e della Ferrari negli ultimi anni, sotto la gestione Elkann, sono stati a dir poco disastrosi. Due ciliegine della sua incompetenza, l’ingaggio di Lewis Hamilton in Formula1, rivelatosi uno dei più roboanti flop della storia del Circus e quello di Tudor alla Juve, scelti e rivendicati personalmente dall’Ingegnere.
 giancarlo devasini Tether
giancarlo devasini Tether juventus
juventus
 john elkann margherita agnelli
john elkann margherita agnelli MARGHERITA AGNELLI - JOHN ELKANN - EDOARDO AGNELLI - MARELLA CARACCIOLO - GIANNI AGNELLI
MARGHERITA AGNELLI - JOHN ELKANN - EDOARDO AGNELLI - MARELLA CARACCIOLO - GIANNI AGNELLI  john elkann margherita agnelli
john elkann margherita agnelli
 john elkann a riad con donald trump e mohammed bin salman
john elkann a riad con donald trump e mohammed bin salman 
 ANTONIO FILOSA CON JOHN ELKANN A MIRAFIORI
ANTONIO FILOSA CON JOHN ELKANN A MIRAFIORI 
 lavinia borromeo john elkann alla camera ardente di giorgio armani
lavinia borromeo john elkann alla camera ardente di giorgio armani  trump infantino elkann casa bianca
trump infantino elkann casa bianca JOHN ELKANN ALLA CENA DI GALA PER L INAUGURAZIONE DI DONALD TRUMP
JOHN ELKANN ALLA CENA DI GALA PER L INAUGURAZIONE DI DONALD TRUMP  John Elkann con Jeff Bezos alla Italian Tech Week - Foto Lapresse
John Elkann con Jeff Bezos alla Italian Tech Week - Foto Lapresse 
 
						
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